Panorama, I furbetti di San Marino, Gianluca Ferraris

Panorama, I furbetti di San Marino, Gianluca Ferraris

Panorama

I furbetti di San Marino

Gianluca Ferraris

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I furbetti di San Marino Paradisi assediati.
Indagati cinquanta imprenditori, ascoLtati i vertici delle tre principali banche italiane, 1 miliardo di euro sottratto al fisco… Le sorprese di un’inchiesta espLosiva.
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GIANLUCA FERRARIS

C’è l’imprenditore che fa la cresta sulle fatture, l’intermediario furbetto, un gioco di sponda tra finanziarie offshore, a partire da San Marino. Ma quello su cui la procura di Roma ha alzato il velo non è un caso isolato: è un sistema che, secondo l’accusa, è proseguito per quasi 10 anni consentendo a una quarantina di persone di nascondere al fisco italiano oltre i miliardo di euro. Troppo tempo, troppi soldi, troppe persone coinvolte, al punto che, per chiarirsi le idee, in febbraio il pubblico ministero capitolino Perla Lori e i finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria hanno deciso di ascoltare alcuni dei principali banchieri italiani.

Fra gli altri, secondo quanto risulta a Panorama, sarebbero stati sentiti alti dirigenti della Intesa Sanpaolo, del Montepaschi e dell’Unicredit. Nè gli istituti nè i loro manager sono peraltro coinvolti nell’inchiesta. E quelli tenuti al quartier generale romano delle fiamme gialle sono stati semplici colloqui informativi, lontano da occhi indiscreti. Utili, però , per comprendere le dinamiche di un caso molto delicato.

Il fascicolo in mano al pm Lori, aperto nel 2007 e sul quale non erano finora trapelati particolari (tranne quanto anticipato su Panorama 10), conta al momento una cinquantina di indagati, quasi tutti piccoli imprenditori: sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio, all’appropriazione indebita aggravata e al trasferimento fraudolento di valori. Per alcuni di loro si ipotizza anche l’attività abusiva d’intermediazione finanziaria. Quasi 8 milioni di euro, al momento, il valore dei beni sequestrati.

Il meccanismo ricostruito dalla Guardia di finanza è ingegnoso.
Per prima cosa, una parte di utili e crediti vantati dalle aziende veniva fatta sparire ricorrendo a fatture gonfiate e ad altri trucchi più o meno noti. I soldi venivano poi dirottati a San Marino e da qui, dopo altri passaggi societari e territoriali, tornavano in patria opportunamente schermati, per essere parcheggiati in una seconda fiduciaria, stavolta italiana ma sempre controllata dallo stesso imprenditore.
Terminale dei movimenti, per le indagini, erano varie società attive fra Roma, Malta, Madeira e la Rocca del Titano. Si chiamano Amphora, Ilha Das Pontas, InterSmi, Vittoriosa, Iti Leasing e Iti Finanziaria e sono riconducibili a Enrico Maria Pasquini, ex ambasciatore di San Marino in Spagna e proprietario, attraverso la San Marino Investimenti (Smi), anche della ex Banca del Titano, oggi Smi Bank. L’istituto, uno dei più antichi del paese, era quasi al fallimento nel 2006 e fu salvato nel 2009 dalla Smi dopo un improbabile tentativo di scalata guidata da Gianpiero Fiorani.
E’ novembre quando, indagando a ritroso su decine di movimenti sospetti, la procura e le fiamme gialle s’imbattono in questa galassia di sigle. Chiedono una rogatoria internazionale e gli indizi sembrano così solidi che, per la prima volta nella storia plurisecolare del Titano, i giudici sanmarinesi recepiscono il documento e ordinano alla gendarmeria di perquisire la Smi. Finora il tribunale sanmarinese di primo grado, e anche la corte di appellazione, hanno bocciato il ricorso dei legali di Pasquini. Entro i primi di aprile si concluderà il dibattito di terza istanza, il corrispettivo della nostra Cassazione: se la rogatoria partirà, l’indagine potrebbe disporre di nuove carte e farebbe un salto di qualità. Quello per il quale gli investigatori hanno appena chiesto aiuto alle banche italiane.
Ricostruendo il percorso del denaro sottratto, infatti, i finanzieri si sarebbero accorti che in molti casi questo non risultava avere mai lasciato fisicamente le filiali bancarie di partenza. Dove anzi, appena ripulito, veniva spesso investito in obbligazioni emesse dalla banca stessa o dalla sua società di gestione del risparmio. Altre volte l’azione di riciclaggio era ancora più audace: l’imprenditore, attraverso la fiduciaria schermo, prestava denaro alla sua stessa azienda. Era debitore e creditore insieme, senza che i soldi gli fossero mai usciti dalle tasche.
Ricapitolando: movimenti di denaro importanti, spesso nell’ordine di milioni di euro per ogni operazione, magari compiuti nello stesso giorno e appoggiati agli stessi sportelli. Informare della situazione i vertici delle banche era quasi un atto dovuto, per chi indaga.
Interpellate da Panorama, l’Intesa Sanpaolo e il Montepaschi hanno risposto con un «no comment». Dalla prima trapela solo che la richiesta di chiarimento avrebbe interessato anche la controllata Banca dell’Adriatico. L’Unicredit ha invece confermato la circostanza, precisando però che i colloqui non hanno coinvolto l’amministratore delegato Alessandro Profumo. Silenzio, infine, dalla banca centrale di San Marino, l’organo che si sarebbe dovuto occupare in prima battuta della vigilanza sulla Smi.
Quanto a Pasquini, il principale indagato, alla sede romana dell’Amphora, in piazza Winckelmann 12, nessuno oggi sembra conoscerlo. Eppure, lo stesso ufficio ospita altre due finanziarie di cui Pasquini è stato presidente fino al 2008 ed è anche il domicilio dell’ambasciatore di San Marino in Italia: un’altra carica ricoperta da Pasquini fino al 18 gennaio 2010, quando il Congresso di stato, sotto pressione per le inchieste che lo coinvolgono, ha deliberato la sua sospensione dagli incarichi diplomatici.
Della replica s’incarica il suo avvocato Marino Nicolini: «Di questi tempi, basta avere un ufficio a San Marino per essere perseguitati». E ribadisce che Pasquini «respinge tutte le accuse, per le quali è già stato assolto una volta». E le richieste di rogatoria italiane sulla Smi «infondate, sono sicuro che alla fine verranno respinte» dice Nicolini.
L’ultima parola spetta ai giudici del Titano. L’attesa della loro decisione è l’unico punto di contatto tra inquirenti e difesa. Con le banche italiane spettatrici. Interessate.

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Le altre partite aperte con il Titano

FINANZA E ARRESTI Oltre all’inchiesta Amphora, oggi fra ItaLia e San Marino sono aperte altre due grandi partite.

Sulla Rocca del Titano sono attivi 12 istituti di credito e 49 società finanziarie. Lo scudo fiscale italiano, avviato ufficialmente iL 15 ottobre, ha drenato 4,3 miliardi di euro, all’incirca un terzo del patrimonio custodito nella piccola repubblica, mettendo in difficoltà alcune delle sue banche e società. Si prospetta una stagione di fusioni.
Nel maggio 2009 la procura di ForLì ha ottenuto l’arresto dei vertici della Cassa di risparmio di San Marino e del gruppo finanziario Delta, con l’accusa che la prima, in quanto banca extra Ue, controllasse illecitamente il secondo. Oggi è in corso un difficiLe salvataggio: la banca da sola vale all’incirca il 40 per cento del sistema creditizio del ministato.

Avviata neI 2007, l’inchiesta romana battezzata Amphora ha ottenuto questi risultati.

1. miliardo la cifra sottratta al fisco italiano secondo la procura di Roma.

8 milioni di euro in contanti e di titoli sequestrati finora dalla Guardia di finanza.

50 gli attuali indagati, soprattutto piccoli imprenditori del Centro Italia.

32 le aziende italiane che sono state controllate per rinchiesta dal 2007 a oggi.

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