Pasquale Valentini chiude la Festa dell’Amicizia a Serravalle

Pasquale Valentini chiude la Festa dell’Amicizia a Serravalle

Traccia dell’intervento di chiusura
del Segretario Politico Pasquale Valentini
nell’ambito della 35° Festa dell’Amicizia

Carissimi amici, graditissimi ospiti, la vostra presenza, la presenza di migliaia di persone alle serate di questa grande festa, le centinaia di persone che hanno affollato i dibattiti politici di queste serate, ma, ancor di più, il lavoro e la dedizione gratuita di tanti fra voi che hanno reso possibile un gesto come questo, sono la testimonianza che non ci è stata ancora tolta la speranza che la politica possa essere esercitata con l’intento di operare per il bene comune. Ma il bene comune non è la media degli interessi in gioco. È l’affermazione di un orizzonte ideale che tiene conto del desiderio del popolo, di tutto il popolo.

Possiamo dire che il vuoto di responsabilità che sembra dominare in questa stagione, per cui nessuno risponde più a nessuno, questo vuoto non ha vinto.


La gente nella larga maggioranza non è contraria alla politica. Alla gente non interessa una politica fine a se stessa, una politica fatta di ambizioni e interessi personali, una politica che non sia capace mai di tenere conto della realtà dei problemi che interessano la vita di tutti i giorni e le sue prospettive.

Grazie dunque a Franco Ugolini e Alessandro Scarano che hanno coordinato questa manifestazione, ma soprattutto grazie a tutti voi che con il vostro lavoro e con la vostra presenza la rendete possibile.

Basterebbe questo per sottolineare il contributo positivo che un momento come questo è in grado di portare.

Ma per la responsabilità che rivestiamo e per il momento particolare che stiamo vivendo dobbiamo approfondire ulteriormente il nostro discorso, tirando le somme della riflessione che è scaturita dal dibattito di questi giorni.


Mai come in questi tempi la politica è stata lontana dal Paese e dai suoi problemi. I fatti legati ai problemi dell’esterovestizione, del nostro sistema bancario dopo i clamorosi fatti dell’Asset con le gravi conseguenze che ne sono scaturite, fino alle recentissime dichiarazioni che ci vedono fuori dalla White Liste sono stati caratterizzati da un’assenza quasi totale di iniziativa politica e istituzionale a conferma che la nostra politica estera non ha più la credibilità sufficiente per essere presa in considerazione.

E non possono bastare le giustificazioni del Segretario alla Finanze sui ritardi della politica perché dimentica che sono almeno sei anni che è il PSD ad essere responsabile della politica estera. E, se è possibile, più grave ancora dei fatti che accadono appare il tentativo del Segretario degli Esteri di minimizzare, come se si potesse con questo compensare una totale e colpevole assenza di iniziativa.

Al contrario quello che è successo e quello che ancora sta succedendo è la conferma che la politica dei governi che il PSD ha tentato di tenere in vita in questi due anni non è riuscita a liberarsi dai lacci di interessi particolari e spesso di corto respiro che ne hanno condizionato l’operatività e non ha mai, nonostante le enunciazioni epocali, intrapreso la strada di una difesa reale dell’interesse generale e delle riforme che in tal senso il Paese chiede da tempo.

Tuttavia non ci basta fare l’analisi o la denuncia di quello che non ha funzionato e che è fin troppo evidente.

C’è bisogno di costruire!

Se c’è stato un tempo in cui rimboccandosi le maniche i nostri nonni hanno costruito un benessere che non c’era, oggi ci vogliono uomini e donne e soprattutto giovani che abbiano l’energia per costruire le condizioni perché quel benessere non svanisca, perché senza questo impeto di costruzione quel benessere rischia di svanire e il nostro paese rischia di rimanere senza prospettive e questo oggi rischia di essere la conseguenza non di un disastro naturale o strutturale, ma dell’assenza di uomini che abbiano la statura per affrontare con responsabilità questo tempo.

Cosa ha fatto il P.D.C.S. in questo anno? E soprattutto, cosa farà?

Il P.D.C.S., forte del sostegno che tutti i livelli del partito hanno manifestato, ha tessuto con pazienza e con costanza la sua tela fatta di due elementi fondamentali:

– il contatto costante con la realtà viva del Paese – le imprese – le organizzazioni sociali – i liberi professionisti – le Giunte – le associazioni -, nella convinzione che la riforma delle riforme è quella che può riportare la politica al servizio dell’interesse generale, così come emerge da un ascolto concreto delle realtà che nella società operano e da un forte coinvolgimento con tutte le componenti della società civile, valorizzando tutti i fatti di creatività e di responsabilità che nascono e crescono come risposta alle esigenze che continuamente si manifestano;

– la ricerca continua dell’aggregazione, di ritrovare una capacità di convergenza per la costruzione di percorsi condivisi di cui il Paese ha estremo bisogno per pensare con fiducia al proprio futuro.

Il punto a cui oggi ci troviamo ci dice che il lavoro è stato fruttuoso.


Il coinvolgimento con le altre forze è cresciuto, ma non è cresciuto a caso, è il frutto di una ricerca comune, e se era naturale che questo avvenisse con Noi Sammarinesi , i Popolari e AN, per la vicinanza delle basi ideali e per un percorso comune avviato già lo scorso anno, o che continuasse la collaborazione con il Nuovo Partito Socialista, sempre più critico sull’esperienza di governo condotte dal PSD, meno scontato e perciò da sottolineare il riconoscimento degli Europopolari a cui va dato atto della scelta di far parte di questa aggregazione e di un ruolo significativo nel determinarsi dell’attuale quadro politico. Così come non scontata, anche se spesso auspicata, è stata la scelta degli amici Ottaviani e Berardi che dando concretezza al dissenso e al malessere che dentro al PSD si erano da tempo manifestati, hanno impedito che prendesse corpo un’ipotesi di governo come quella che il PSD aveva cercato di mettere in piedi e che avrebbe prolungato ulteriormente questa situazione di negatività.
Ma ancor più imprevista, ma da tanto tempo richiamata e sollecitata, anche contro l’evidenza dei fatti, la scelta di campo di AP che ha consentito di aprire formalmente la crisi di governo e ha posto le premesse per poter parlare di coalizione. Il dialogo fra il PDCS e AP rappresenta oggi un elemento di grande novità ed è fonte di grandi aspettative.


Insieme a queste forze è stato possibile porre la parola fine al tentativo ostinato del PSD di mantenere il Paese in una situazione di crisi permanente pur di non abbandonare le leve del potere; insieme a queste forze è stata ricercata la possibilità di dare un governo al Paese che affrontasse le emergenze e preparasse un passaggio elettorale. Insieme, preso atto che non c’erano le condizioni per fare un governo, abbiamo individuato nelle elezioni la strada per porre fine a questo periodo di incertezza e di instabilità.

Ci rammarica che i Sammarinesi per la Libertà, dopo aver condiviso con noi tante battaglie per interrompere il sistema di potere instaurato dal PSD o da taluni uomini del PSD, si siano poi lasciati coinvolgere dall’ipotesi di perpetuare questo sistema. Allo stesso modo un discorso a parte lo meriterebbe SU che dopo aver avuto spesso un ruolo rilevante nell’evidenziare le contraddizioni delle politiche messe in atto dal PSD, si è poi ridotta a fargli da puntello.

Oggi il PDCS, insieme alle forze che hanno condiviso il percorso politico di cui ho parlato, è in grado di rivolgersi al Paese e di dire con chiarezza che l’auspicio che si potesse dare vita ad una aggregazione che avesse quella coesione di base necessaria per costruire una vera coalizione in grado di garantire governabilità al Paese si sta avverando. In essa si sta avverando quel dialogo fra le aree culturali e politiche più rappresentative della nostra realtà: quella cattolico-moderata, quella laica e riformista quella socialista democratica e liberale. Questo è la base ideale della coalizione che andiamo formando, questa è l’ipotesi positiva che offriamo oggi ai nostri concittadini per guardare con fiducia alla necessità di dare risposta alle non più rinviabili emergenze del Paese.

“Un governo che faccia quello che dice”: questo è quello che la gente chiede e questo è quello che dobbiamo avere la responsabilità di offrire .


Per questo il lavoro importantissimo dei prossimi giorni per dare consistenza alla coalizione dovrà essere quello della costruzione di un programma comune, di un programma che non sia un libro dei segni, ma l’indicazione concreta degli interventi che in un tempo preciso e ben individuato le forze della coalizione intendono mettere in atto perché tutto il Paese riprenda fiducioso un cammino di sviluppo e di prospettiva.

E sappiamo già tutti che questi interventi non potranno non partire dal completamento della riforma della PA – dalla ripresa della riforma previdenziale – da una politica del territorio che privilegi viabilità e infrastrutture – dall’affronto dei problemi di sicurezza e di controllo del nostro territorio – da interventi atti a ridare competitività alla nostra economia.

Ma sappiamo anche tutti e anche le vicende della white liste ce lo ricordano, sopra tutto è necessario recuperare un rapporto di fiducia e di collaborazione con l’Italia, un rapporto che consenta di affrontare le problematiche che riguardano il rapporto fra i due stati in un clima di parità e di rispetto.

Questo sarà il nostro modo di interloquire con i cittadini, dialogare e e ricercare insieme le condizioni per quel salto di qualità di cui il Paese ha indispensabile bisogno per recuperare i gravi ritardi accumulati in tutti i settori.

C’è un’ultima osservazione che vorrei fare che è la condizione affinché questo progetto non sia illusorio.

A sessant’anni dalla costituzione del nostro Partito possiamo dire che avvertiamo tutta la responsabilità di portare ancora in questa costruzione comune l’eredità di un impegno politico basato innanzitutto su persone dotate di una grande coscienza morale. Diceva Zaccaria Savoretti in un suo intervento del IV Congresso del Partito: “Noi siamo convinti che per governare i popoli non sia sufficiente la sola ideologia politica, che non bastino i programmi pur belli che siano; l’azione di colui che governa non potrà mai ottenere gli effetti migliori se non è soggetta ai dettami della coscienza e la coscienza esiste certamente dove c’è una fede religiosa, dove c’è cristianesimo”. Senza questo realismo e questa consapevolezza, senza questa umiltà non ci può essere buona politica. L’augurio che ci facciamo è che l’aggregazione con cui oggi iniziamo il percorso che ci porterà alla scadenza elettorale sia l’ambito giusto per l’emergere di personalità di questa statura.

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