Per un progetto comune. Ivan Foschi, SU

Per un progetto comune. Ivan Foschi, SU

Parlando con diverse persone spesso mi sento rivolgere la medesima domanda: “Come siamo messi, ce la faremo?”. Una domanda che denota in sé preoccupazione per il futuro, ma anche un fondo di recondita speranza, poiché dietro l’incertezza c’è sempre una volontà positiva, un desiderio di volere rialzare la testa, in quanto c’è nei nostri concittadini la consapevolezza che il Paese ha grandi potenzialità, ma deve solo trovare la strada giusta per farle emergere e farle diventare dei progetti concreti su cui puntare.

È opinione consolidata ormai che la politica negli ultimi decenni abbia solo creato problemi facendo precipitare la Repubblica in una crisi senza precedenti. Di certo ha pesato non poco anche la situazione negativa internazionale, ma la colpa principale della nostra classe dirigente è quella di non avere saputo leggere per tempo i cambiamenti che stavano venendo avanti a livello mondiale, continuando a puntare su un modello economico che di lì a poco sarebbe stato superato, e arroccandosi in difesa dei privilegi di coloro che da quel modello hanno continuato a trarre vantaggio, e tutto questo senza programmare per tempo alternative valide basate sulla trasparenza, sulla fiducia, sulle regole internazionalmente condivise. Giocare d’anticipo, compiendo scelte in parte impopolari ma nel tempo inevitabili, avrebbe richiesto coraggio e lungimiranza, ma, a fronte di un piccolo sforzo iniziale, ci avrebbe consentito di guadagnare molto tempo, facendoci trovare preparati di fronte ai cambiamenti che sono successivamente stati richiesti e/o imposti e soprattutto ci avrebbe fatto risparmiare notevoli risorse. Oggi probabilmente ci troveremmo ad analizzare i primi anni della ripresa anziché stare ancora a domandarci se e quando ce la potremo fare.

Tuttavia non è mai troppo tardi per rimboccarsi le maniche e rimettersi a camminare sulla buona strada, poiché prima si riparte e minori saranno i costi ancora a nostro carico, purché ovviamente sia chiaro in quale direzione andare.

Quello che è certo è che non siamo in una situazione nemmeno paragonabile a quella greca, anzi, il nostro Paese dispone di un notevole patrimonio dato in primo luogo dai giovani e dalla loro alta qualificazione, dalle professionalità presenti in territorio, dalla presenza storica della piccola e media impresa e da tutti i vantaggi che potremmo – e dovremmo! – sfruttare, essendo un piccolo Stato, in termini di semplificazione e sburocratizzazione.

Si tratta quindi di trovare una buona idea, o meglio una serie di buone idee, sotto forma di un progetto di sviluppo per il Paese che deve raccogliere i migliori contributi possibili. Non si può pensare di puntare su un unico settore, magari attraverso un’iniziativa presentata come se fosse la bacchetta magica, senza che questa si inserisca in un preciso contesto di sviluppo che deve quindi essere differenziato e coinvolgere le diverse categorie del Paese. E nemmeno si può pensare di abbandonare anziché rilanciare settori che in passato hanno contribuito decisamente alla nostra economia.

Ampi interventi dovrebbero essere compiuti nel settore turistico e commerciale, nel settore bancario e finanziario, nella ricerca, nell’innovazione tecnologica ed informatica, nelle infrastrutture, nell’attrazione di nuove imprese grazie ad una maggiore integrazione europea, ad un differenziale fiscale vantaggioso, a regole certe e facilmente comprensibili, a una burocrazia ridotta al minimo, a controlli efficaci che garantiscano di eliminare immediatamente le mele marce, a servizi pubblici efficienti e ad una adeguata rete di tlc, ecc.

Abbiamo dunque tanti settori in cui intervenire con una politica di investimenti mirati, volti a trasformare San Marino in un luogo in cui venire a riporre la propria fiducia, in una opportunità e non più in una zona d’ombra. Troppo spesso si tende a ragionare per compartimenti stagni, pensando in termini di categoria anziché di società: pubblici contro privati, dipendenti contro autonomi, bianchi contro neri… finendo per tutelare solo il proprio interesse di bottega invece di pensare che ogni soluzione presenta aspetti molteplici e riguarda in fondo tutti. Anziché pensare a trovare la categoria o i singoli da colpire, sarebbe bene pensare a unire le forze e ragionare tutti insieme su come trovare nuove strade e a punire invece i singoli, a prescindere dalla categoria di appartenenza, che pensano di potere continuare a fare i furbi eludendo le regole.

Per troppo tempo è stata data una delega in bianco ad una politica che si è rivelata incapace poiché volta solo alla ricerca del consenso e non a progettare nuovi scenari in tempo utile. A tutt’oggi ancora ci sono parti della maggioranza che pensano unicamente ad autocelebrarsi, promettendo soluzioni miracolistiche ritenendo di sapere sempre tutto, chiusi nella loro trincea tanto da non avere bisogno dei contributi della minoranza, e parti dell’opposizione che ragionano solo in termini disfattisti, diffidenti sempre su tutto e votati ad un inguaribile quanto dannoso pessimismo. 

Occorre invece guardare avanti con più fiducia, poiché tutto dipende dalla nostra volontà di riprendere in mano i nostri destini, e di sapere lavorare insieme in un impegno comune ognuno nel proprio ruolo, ma tutti nella stessa direzione.

Ognuno di noi è chiamato a fare la propria parte, poiché per troppo tempo ci si è chiesti cosa potesse fare per noi lo Stato, ovvero la politica che risolveva ogni problema, mentre è ora di chiedersi cosa possiamo fare noi per il nostro Stato, pensandoci come tutti appartenenti alla stessa comunità e tutti coinvolti nelle diverse iniziative, il cui successo porterà benefici per ciascuno di noi.

Ivan Foschi

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy