‘Politicamente’: Pdcs determinante per le riforme. Intervista al capogruppo Luigi Mazza

‘Politicamente’: Pdcs determinante per le riforme. Intervista al capogruppo Luigi Mazza

 PDCS DETERMINANTE PER LE RIFORME. INTERVISTA AL CAPOGRUPPO LUIGI
MAZZA

“Non
ci spaventa il confronto tra polo moderato e ‘polo di sinistra’,
ma solo l’unione delle forze popolari può dare soluzioni straordinarie al Paese”



 Non basta avere i numeri, serve anche “coesione”
politica per fare le riforme che servono al Paese. Luigi Mazza, capogruppo del
Pdcs, lancia un monito a chi pensa di poter fare a meno del primo partito
sammarinese in una prossima legislatura. Si vedono infatti già all’orizzonte
sfide impegnative- quali la riforma del mercato del lavoro, quella
pensionistica, l’introduzione dell’Iva, l’accordo di associazione europea. Ma
la prerogativa di fare riforme non spetta a chi sta “a sinistra”: “Negli ultimi
decenni- sottolinea Mazza- molte delle grandi riforme di questo Paese sono
state realizzate da governi a partecipazione Dc”. Anche se un’alternanza
numerica al primo partito del Paese è realizzabile, di fronte alle criticità
attuali, l’esponente di maggioranza ritiene impossibile oggi “un’alternanza
politica che non tenga conto del ruolo, dell’apporto e della consistenza politica
che rappresenta la Dc”. Solo la “collaborazione tra le grandi forze popolari
del Paese” può infatti garantire “soluzioni straordinarie”.

La terza intervista settimanale
di “Politicamente” è dedicata a Luigi Mazza, capogruppo del Pdcs che ha
annunciato da tempo di non voler candidarsi per la prossima legislatura. Nelle
sue risposte, non solo una lucida analisi del panorama politico: gli esiti
della Conferenza programmatica, le tante idee messe in campo, il Polo della
moda, le Tlc, l’Iss, il futuro della Cassa di Risparmio di San Marino e le
prospettive del mondo bancario alla luce del negoziato con l’Ue. 

1) Lo scorso week end, la
Conferenza Programmatica è stato un momento importante di riflessione interna
del Suo partito. Avete avanzato proposte per il Paese per i prossimi mesi e
anni e analizzato quanto fatto fino a questo punto della legislatura.
Quali i punti su cui Bene comune non ha soddisfatto appieno le aspettative del
Pcds e come intervenire?

La conferenza programmatica si era posta due obiettivi,
individuare le priorità da realizzare nella parte finale di questa legislatura
e individuare le proposte e le linee di indirizzo del partito in previsione
della futura attività politica della prossima legislatura. Cosa non ha
soddisfatto in questa legislatura: sicuramente i tempi che richiede oggi la
politica per decidere quale iniziative adottare e poi dare esecuzioni alle
decisioni. Capisco l’esigenza del confronto continuo in un momento difficoltà
per ricercare la condivisione più ampia possibile. Ma a volte è meglio
decidere, e anche sbagliare, che non decidere. Quindi la prima cosa che
chiediamo: siano individuate le priorità – erano state individuate già dopo la
verifica dello scorso anno- e siano definiti 4-5 punti essenziali nei vari
settori che pensiamo si possano realizzare nei prossimi 12 mesi.

2) Quali invece le aree di
intervento prioritarie individuate?
Sul piano
del rilancio dell’economia, la prima priorità da affrontare con serietà e
concretezza è il prossimo appuntamento referendario per il Polo della moda.
L’iniziativa aveva come premessa non solo un importante investimento in
territorio e l’arrivo di marchi di rilevanza internazionale. Ma soprattutto si
caratterizza per il ritorno in termini occupazionali e di lavoro per le
imprese, considerata la grave crisi del settore edilizia. E allora affrontiamo
immediatamente con i promotori, come chiede il sindacato, un confronto per
definire i programmi di formazione professionale e quali figure sono necessarie
per assicurare che quando- e speriamo presto- potrà aprire, ci siano persone
sammarinesi e residenti pronte per rispondere alle richieste occupazionali.
Secondo: definiamo i  tempi- una volta
svolto il referendum e quando i lavori potranno partire- per gli accordi con le
imprese locali, affinché siano queste a lavorare, per tutto quello che è
possibile, con le competenze presenti in territorio. Se queste due iniziative
avvengono, ovvero gli accordi con le imprese e quelli per la formazione
professionale, riusciamo ad eliminare gli aloni di sospetto su cui punta chi ha
promosso il referendum  per mettere
nell’opinione pubblica dubbi che non ci devono essere. Poi sarà la gente a
valutare se questa iniziativa è un investimento da potersi realizzare a San
Marino. Ma se l’iniziativa non si realizzerà, non credo che in breve tempo
altri investitori importanti prenderanno in considerazione la possibilità di effettuare
investimenti di rilievo nel nostro Paese.

Certamente il Polo della moda non è l’unica
priorità, ma è la sfida che avremo fra pochi mesi. Siccome l’economia non è
solo ‘polo moda’, dobbiamo interrogarci e ci siamo interrogati sul perché con
una bassa fiscalità, l’inserimento nella white list e il riconoscimento
internazionale del sistema, ancora facciamo fatica ad attrarre investimenti.
Due elementi sono emersi dalla conferenza programmatica: l’eccessiva
burocratizzazione e le criticità nel settore delle infrastrutture tecnologiche,
quindi difficoltà ad avere la band larga per la trasmissione dei dati e le
criticità delle Tlc. Su questi aspetti non possiamo più avere ritardi. Pur
essendo nel programma da tempo, abbiamo chiesto di realizzare al più presto lo
Sportello unico per le imprese, snellendo la burocrazia e favorendo i controlli
dopo il rilascio delle autorizzazioni per scongiurare procedure lunghissime per
ottenerle. Seconda iniziativa, da realizzare secondo i tempi già previsti
dall’Aass, che ha già accantonato le risorse necessarie, il progetto di fibra
ottica su tutto il territorio che è in fase di realizzazione ed un sistema di
telefonia mobile di avanguardia. I ritardi probabilmente derivano da una
valutazione sbagliata sugli investimenti richiesti; ovvero, abbiamo pensato che
ci fossero le condizioni affinché gli operatori realizzassero una rete Tlc
competitiva. In realtà i nostri numeri non costituiscono una massa critica
sufficiente perché qualsiasi operatore realizzi una rete in grado di assicurare
la connettività richiesta. Le reti sono sempre state  realizzate in funzione di un business e dove
il privato pensa di avere dei ritorni. Quindi per questo oggi San Marino non ha
una rete adeguata, l’unica soluzione è che la faccia lo Stato, che questa sia
pubblica e messa a disposizione di tutti gli operatori che pagheranno a parità
di condizioni l’acceso alla rete. Si prevede un investimento 14 mln di euro per
realizzare il piano di fibra ottica con banda larga su tutto il territorio,
senza tener conto del ritorno economico immediato dell’investimento.

 Dovrà
essere lo Stato a fare il primo investimento, perché è un’infrastruttura che
serve come qualsiasi infrastruttura viaria per far sviluppare l’economia.

Alla conferenza si è parlato non solo di economia,
le proposte hanno spaziato in tutti i settori.

3) Tante idee quindi, ma come mai
ci sono state anche tante sedie vuote?

La Conferenza programmatica non è stata una serata
promossa per dire quello che il partito pensa, ma è stata soprattutto il lavoro
portato avanti in oltre due mesi e che ha coinvolto 12 gruppi e decine e  decine di persone. E’ il lavoro fatto con la
nostra base. Non nego che speravamo in una maggiore affluenza, ma oggi nessuna
forza politica riesce a convogliare un interesse tale da garantire la presenza
continua per quasi due giorni ai lavori. Erano sempre presenti oltre un
centinaio di persone per tutta la durata dei dibattiti.  

Certo, dobbiamo impegnarci adesso, dopo la
conferenza, per far conoscere ancora di più le nostre proposte e fare sì che
non sia stato un momento a sé,  ma un
confronto che proseguirà nei prossimi mesi.

4)L’ultima sessione consiliare è
stata anticipata da uno strappo avvenuto all’interno del Suo gruppo, con
l’uscita di tre consiglieri di Noi sammarinesi. Da più tempo invece, dopo la
verifica interna di maggioranza, il Psd ha avviato il progetto del Tavolo
riformista con partiti all’opposizione. E anche Ap ha aperto il dialogo con
Upr. Come vede il futuro di Bene Comune?

La
coalizione è nata nel 2012 sulla base della condivisione di 4 forze politiche
attorno ad un programma. Non è stata una legislatura facile, se non altro per i
risvolti giudiziari, le difficoltà da superare a livello internazionale, la
crisi economica.  Sia pur con fatica
questa coalizione sta portando avanti un programma che ha raggiunto anche molti
risultati positivi: l’uscita dalla black list, la stabilità di bilancio,
riforme importanti anche nella giustizia e gli effetti si vedono da come lavora
oggi il Tribunale, con autonomia e le risorse necessarie. Bene comune non è un
matrimonio, ma un pezzo di strada condivisa che abbiamo fatto insieme. Quindi
Bene comune termina con la fine di questa legislatura. Con la verifica abbiamo
confermato gli obiettivi e il comune sforzo di mantenere l’impegno verso gli
elettori che ci hanno affidato questa responsabilità.

Il futuro di Bene comune si vedrà a fine
legislatura, ma non sarà una sua conferma, eventualmente una nuova coalizione,
con un nuovo programma da condividere. Se nascono le condizioni, diciamo, ci
può essere una “seconda edizione” di Bene comune.

5) Di recente C10 ha aperto al
confronto per una prossima coalizione tutte le forze politiche, ad eccezione
del Pdcs.  Non vi sentite isolati?

La Democrazia Cristiana è un partito che non ha mai
governato da solo, ma sempre in coalizione con altre forze politiche, ha sempre
seguito una politica di alleanze nel corso della sua storia. Con Noi
sammarinesi non c’è una rottura politica, ma una diversa valutazione e
riflessione su come affrontare le prossime elezioni, del tutto legittima.
Personalmente non scarto l’idea che prima della prossima tornata elettorale sia
anche possibile trovare, se non altro, forme di collaborazione. Anche la lista
insieme era una forma di collaborazione, non un’unificazione.

Sullo scenario politico è evidente, è giusto che la
Sinistra- che storicamente ha avuto più scissioni che unioni- si ponga il
progetto politico di riunificare un polo riformista. Il Paese in questo
momento, per le riforme che deve ancora fare e le criticità che deve ancora
affrontare, richiede, a mio avviso, l’apporto delle forze popolari di questo
paese. Senza questa condivisione non sarebbe stata realizzata la riforma
tributaria dopo 30 anni e molte altre riforme indispensabili. Pensate se nei
prossimi anni le riforme del mercato del lavoro, quella pensionistica,
l’introduzione dell’Iva, l’accordo di associazione europea- 4 interventi
strutturali fondamentali per il Paese- possono essere effettuati da una
maggioranza di circa 50% del Paese e senza la Dc. Oggi come anche in passato, è
sempre stata possibile un’alternanza numerica alla Dc. Personalmente non credo
che in questo momento sia possibile un’alternanza politica che non tenga conto
del ruolo dell’apporto e della consistenza politica che rappresenta la Dc. Siamo
ancora in una fase di criticità che richiede soluzioni straordinarie che
possono essere assicurate solo dalla collaborazione tra le grandi forze
politiche popolari del Paese. E’ evidente, ed è normale, che nell’evoluzione
politica si torni a pensare come è stata concepita l’attuale legge elettorale
in schieramenti che si contrappongono e dove probabilmente- ma non ci spaventa-
potrà esserci anche un confronto tra un polo moderato e uno polo a sinistra,
probabilmente  molto connotato dai
movimenti.

6) Perché parla di polo “a
sinistra”  e non di polo riformista?

Perché la storia ci dice che molte delle grandi
riforme di questo Paese sono state realizzate da governi a partecipazione della
Dc. Nell’ambito di alcune forze che si richiamano ad un tavolo riformista ci
sono posizioni che sicuramente riescono a dialogare meglio con la Dc che non
con i movimenti. La politica è fatta anche di questo confronto ed in questo
senso la Dc non è isolata.

7) Si può parlare di crisi della
sanità sammarinese? Ed è vero che anche nella maggioranza c’è chi sta pensando
di mandare via il Direttore Generale dell’Iss? Come stanno le cose?

La sanità è uno dei pilastri del nostro Paese.
Quando nel 2009-2010 la crisi economica dava i segnali della sua gravità, alla
domanda ‘qual è la prima cosa da fare per un Paese in crisi?’ io risposi ‘fare
di tutto per salvaguardare lo stato sociale’. In primis quindi la sanità, la
scuola, la tutela degli anziani e dei più deboli. Questa è la prima risposta
che si può dare di fronte ad una crisi, affinché quella crisi non ricada sulla
parte più debole della società. In questi anni, nonostante le difficoltà
economiche che hanno imposto di risparmiare anche nella sanità per molti
milioni di euro, non è venuto meno il carattere universale, una sanità per
tutti e di alto livello. Tutto va bene? No, ci sono problemi sicuramente e in
questi giorni il governo sta definendo la questione della precarietà, che era
un problema per tutti i settori e, in particolare, per i medici. Sta
affrontando la riorganizzazione dei servizi per ampliare le prestazioni
specialistiche, vedi la riorganizzazione di Oculistica. E’ evidente che ci
possono essere criticità e in questo contesto un attacco al Direttore generale
e al Comitato esecutivo ci sta. Il confronto e l’audizione del 7 marzo in
Commissione consiliare e il dibattito che seguirà in Consiglio  a marzo ci consentiranno di togliere un po’
di quella nebbia che ad arte si cerca di alimentare attorno all’ospedale per
dire invece quello che funziona, ma anche i problemi, che pure ci sono e devono
essere affrontati. Non credo si possa continuare con ‘i mi sembra, si
percepisce, si dice’…perché poi quando uno sta male i ‘si dice’ non servono a
nessuno”. 

8) Ieri il Parlamento dell’Unione
europea ha ratificato l’accordo sullo scambio automatico delle informazioni
finanziarie siglato con San Marino, che sancisce la fine dell’era del segreto
bancario. Ora è in corso il negoziato con l’Ue per l’Accordo di associazione.
Quali richieste avanzerà San Marino per rilanciare quello che è stato il
settore più importante per l’economia sammarinese?

Ora il nostro sistema è allineato agli standard
internazionali, dobbiamo chiedere pari condizioni per l’operatività delle
nostre banche anche oltre i nostri confini. Fissando le condizioni, i controlli
, favorendo le trattative per chiudere il Memorandum tra le banche centrali dei
vari Stati, sostanzialmente farci riconoscere come parte possibile di un
sistema più ampio. Poi dobbiamo chiederci quanto dobbiamo fare al nostro
interno perché il nostro sistema bancario possa competere con quelle realtà,
come creare per le nostre banche quelle competenze che lo rendano un soggetto
concorrenziale con gli operatori di altri Paesi.

9) A marzo tornerà a San Marino
la delegazione del FMI per le valutazioni sull’economia del Paese. Cosa si
aspetta
?

Penso che l’ Fmi possa prendere atto di quello che
si è fatto in questi anni per la stabilità del bilancio. Negli anni passati le
difficoltà del nostro bilancio si affrontavano con provvedimenti straordinari, ricordiamo
la patrimoniale, le imposte straordinarie, i prepensionamenti, i tagli alle
indennità, tutti  provvedimenti spot che
potevano incidere sul bilancio di quell’esercizio. In questi anni siamo
riusciti a ridurre i dipendenti pubblici di oltre 500 unità, con risparmi per
oltre 6 mln di euro, la riforma tributaria ha consentito un gettito stabile
senza interventi straordinari. E’ un bilancio che finalmente può sopportare
anche il costo finanziario per l’indebitamento che dovremmo fare per realizzare
nuove infrastrutture. Ora però dobbiamo fare accordi per il finanziamento del
Piano infrastrutture e realizzarlo. Credo inoltre che il Fmi potrà prendere
atto che il percorso avviato nel 2012 per il consolidamento patrimoniale di
Cassa di risparmio- che ha visto un grosso intervento dello Stato- abbia
portato quell’istituto a raggiungere i parametri di garanzia richiesti dalla
legge. Tanto deve essere ancora fatto, ma credo che il Fmi riconosca tutto i
lavoro fatto fin qui”.

10) C’è chi continua a temere che  prima o dopo Cassa di Risparmio finirà in
mano a dei ‘poteri forti’. Lei chi pensa che sarà il futuro proprietario del
primo istituto del Paese?

L’intervento importante dello Stato su Cassa in
questi anni aveva due obiettivi: sostenere l’istituto in questo percorso, fino
a quando non avrebbe potuto camminare da solo, con le proprie gambe, e in
secondo luogo evitare che potesse finire in mano agli appetiti di chi se la
voleva comprare con 4 soldi. Io credo- e su questo la Dc non intende recedere
di un passo- che la Cassa riuscirà a breve a camminare da sola, e non sarà più
preda di acquisizioni da parte di forze più o meno potenti, interne o esterne.

Chi saranno i futuri proprietari della Cassa? La Dc
pensa che in futuro l’istituto possa avere tutti i connotati di una public
company, con al suo interno- pur con quote di minoranza- la partecipazione
degli storici istituti di Fondazione e Sums, con lo Stato presente con una partecipazione
non più transitoria, ma strategica, e soprattutto che ci possa essere una
percentuale alta di azionariato popolare diffuso, preferibilmente di persone
fisiche sammarinesi, e anche una quota di grande minoranza per l’ingresso di partner
strategici, che potrebbero aiutare Cassa in un suo riposizionamento e ruolo
internazionale.

  

 

 

 

 

 

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