‘Politicamente’: R.E.T.E. e’ diventata ‘grande’. Intervista al capogruppo Elena Tonnini. SMNA

‘Politicamente’: R.E.T.E. e’ diventata ‘grande’. Intervista al capogruppo Elena Tonnini. SMNA

RETE E’ DIVENTATA “GRANDE”. INTERVISTA AL CAPOGRUPPO ELENA TONNINI

“Al Paese serve progetto di sistema. C10 e indipendenti unica base per ragionamento politico” Dietro
a “nuovi contenitori e vecchi schemi” può nascondersi un “finto
rinnovamento”, mentre alla base di un futuro ragionamento politico per
il Paese deve esserci un “progetto sistemico” che “abbia davvero il
coraggio e le mani libere per attuare modifiche istituzionali ed
economiche” a 360 gradi. Di questo progetto di sistema Rete si fa
promotore, allargando per la prima volta il raggio di inclusione- perché
no- all’interlocutore “naturale”, ovvero Civico 10, e agli indipendenti
di minoranza, Luca Lazzari e Federico Pedini Amati. Protagonista del
secondo appuntamento di Politicamente, curato da SMNA, è Elena Tonnini,
capogruppo di Rete, che ci racconta come è cresciuto in pochi anni il
movimento “meno politico” mai entrato in Consiglio Grande e Generale.
Nella sua intervista sono affrontati anche gli ultimi temi che hanno
tenuto banco a Palazzo Pubblico, Rifiuti e Sanità, partendo, ovviamente,
dal cavallo di battaglia di Rete, la Questione morale.

Rete è una
delle forze politiche che più si è battuta  per affrontare di “petto” la
questione morale.  Ora, con l’avvio dei processi giudiziari, dopo tre
arresti di politici in vista, l’introduzione di prime normative
anticorruzione, il rinnovamento forzato dei partiti tradizionali, è
ancora una priorità per il Paese? Quali le iniziative immediate da
intraprendere  su questo fronte da parte della politica?
Certamente è
una priorità: considerando la recente dichiarazione del Segr. Arzilli
alla pubblicazione del piano triennale regionale di prevenzione della
corruzione dell’Emilia Romagna, è chiaro come il messaggio che il
governo continua ad inviare, a mio avviso pericoloso, è quello che le
pratiche legate alla corruzione, riciclaggio, clientelismo, fanno parte
del passato e non esistono più. Minimizzare è controproducente perché
non basta qualche arresto e nemmeno il lavoro della magistratura,
preziosissimo, per dire che il sistema corruttivo descritto e collaudato
per più 20 anni sia scomparso con un colpo di spugna. Tuttalpiù, si è
in parte riadattato, trovando nuovi escamotage alle norme. Ci è bastato
l’esempio recente del gioielliere in città che spiegava come eludere la
voluntary disclosure per capire che fare una norma non significa
eliminare una prassi, semmai, serve a riconoscerla come reato.

Minimizzare
significa abbassare la guardia sulle prassi che ancora sono palesemente
esistenti (si pensi alle stabilizzazioni come metodo di consenso
politico). RETE presto discuterà in aula un pacchetto di proposte per
mettere fine al senso di impunità per chi compie reati contro lo Stato,
particolarmente odiosi perché ricadono sulla collettività, ad esempio
facendo partire la prescrizione dal momento in cui il reato viene
scoperto e non da quando viene commesso. Abbiamo anche chiesto di
affrontare una volta per tutte la questione dei conflitti di interesse
da parte dei membri del Consiglio Grande e Generale, perché ci pare
paradossale che da una parte si difendano gli interessi dello Stato,
dall’altra le persone accusate di aver commesso reati contro lo stesso.

RETE
ha inoltre ragionato su alcune azioni simboliche che coinvolgano la
popolazione e creino consapevolezza sull’importante ruolo dei singoli:
se la magistratura si occupa dei reati, i cittadini hanno un compito
fondamentale nel riconoscere le prassi ancora esistenti -voto di
scambio, clientelismo, corruzione- come dannosi per la collettività e
quindi da denunciare.

 

Nel Consiglio Grande e Generale di Febbraio si
è parlato, tra l’altro, del problema rifiuti a San Marino. Di chi è la
responsabilità dell’arretratezza del Titano, sul fronte della raccolta
differenziata, rispetto i territori vicini? E’ politica o
amministrativa?

Innanzitutto San Marino non può più credere che il
solo fatto di portare fuori dai confini i  nostri rifiuti significhi che
possiamo permetterci di disinteressarci alla loro gestione. Primo
perché se l’Italia si rifiutasse di ricevere i nostri rifiuti si
creerebbe una situazione di emergenza (è quello che di fatto è successo
poso tempo fa, quando i rifiuti sono stati accumulati per mesi sul
piazzale a San Giovanni). Secondo perché non tutto può essere delegato
agli altri: i costi di gestione, trasporto, smaltimento dei rifiuti
ricadono sulla collettività in 2 modi. Uno più diretto (bollette) uno
indiretto (gli oltre due milioni di euro che ogni anno spendiamo per lo
smaltimento fuori). Per questo occorre fare in modo che San Marino
diventi sempre più autonoma. San Marino, dopo anni di spinte di
associazioni e gruppi civici, alla fine ha fatto questa scelta: produrre
meno rifiuti -strategia Rifiuti Zero- e gestire il rimanente con la
raccolta differenziata, come una risorsa e non un costo, riusando il
materiale differenziato oppure rivendendolo. Quando si cambia un sistema
ovviamente ci sono dei costi iniziali, che nel breve periodo devono
però tradursi invece in risparmio. Altrimenti vuol dire che non si sta
gestendo bene il cambiamento.

Se una scelta viene fatta occorre attuarla pienamente, su tutto il
territorio, pianificando ogni dettaglio, per raggiungere risultati reali
in breve tempo, evitando moltiplicazioni inutili di costi, altrimenti
si prendono in giro i cittadini. Quello che si sta facendo è l’esatto
contrario: il porta a porta è rimasto uno slogan sia per il governo –
che ha ben pensato di vendere questo slogan all’Expo di Milano, salvo
poi tradurlo su territorio- sia per i vertici dell’Azienda di Stato che,
anziché attuare le direttive, fa di tutto per moltiplicare operazioni e
costi. Chi vede nei rifiuti un business non potrà mai lavorare per
ridurne la quantità, per questo occorre che la gestione rimanga per il
possibile in mano pubblica e solo dove davvero serve coinvolgendo
cooperative e privati, ma con regole chiare e trasparenti. Al contrario
l’AASS si distingue per opacità, mancanza di programmazione e spese
incontrollate.
Dove il porta a porta ha funzionato è perché lo si è attuato subito su
tutto il territorio, con tariffa puntuale in bolletta e con accordi per
rivendere il materiale. A San Marino è partito da anni, ma solo in poche
zone e ognuna con le proprie regole, la nostra bolletta è legata ancora
ai consumi elettrici e a rivendere i materiali ci pensano i privati
perché i Segretari non hanno ancora promosso accordi con i consorzi.

Non è il porta a porta a non funzionare (anche perché non viene fatto): è
la gestione di una politica che subisce l’approccio fallimentare del
dirigente dell’Azienda, che per tutta risposta è stato pure rinnovato
nel suo incarico!
Per questo, grazie all’inefficienza di dirigente AASS e dei Segretari di
Stato, ci troviamo a spendere più di prima e senza risultati, e a
dipendere dall’Italia come e più di prima, perché bruciando i rifiuti a
Coriano, oltre al danno economico si aggiunge anche quello della salute
dal momento che non esistono muri che impediscano al particolato dannoso
(che Medici per l’Ambiente definisce una delle maggiori cause di alcuni
tumori) di raggiungere i nostri confini.

Altro settore che è sotto osservazione di Rete è la Sanità: il prossimo 7
marzo ci sarà una commissione straordinaria con l’udienza dei vertici
Iss e il collegio dei sindaci revisori. Lei che sarà presente in quella
commissione di cosa chiederà conto alla dirigenza dell’istituto?

Da molto tempo RETE ha sottoposto all’attenzione sia pubblica che
dell’aula i vari problemi della sanità, a partire dalla mancanza di
pianificazione da parte del segretario Mussoni e di una gestione affatto
trasparente dei suoi vertici.
Finché si continueranno a fare nomine di direttori su indicazione,
piuttosto che attraverso un bando di concorso pubblico e sulla base di
una programmazione che ci dica dove deve andare l’ospedale, e che
delinei quindi un profilo adatto per tramutare in azioni l’indirizzo
politico scelto, l’ISS continuerà ad essere ambiente di discrezionalità e
di scontro politico. Allo stesso modo il lavoro del Comitato Esecutivo
continuerà a tradursi in un buco nero nell’ISS, un organismo non
trasparente in cui i 3 direttori del Comitato Esecutivo fanno e disfano
in segretezza.

Questo approccio ha fatto in modo che l’ospedale sia stato troppo spesso
utilizzato come un bacino per posizionare i propri accoliti piuttosto
che per erogare servizi di qualità ai cittadini (pensiamo al personale
politico in esubero nella segreteria, o agli accoliti e amministrativi
da Ravenna e da fuori san marino e vicini all’attuale direzione, alle
consulenze ed i posti ad hoc creati appositamente anche dove non
necessario).

La discrezionalità è dannosa anche per medici e dipendenti: mantenere
convenzioni ad hoc da una parte e contratti temporanei dall’altra serve o
a tenere in ostaggio i professionisti, in modo che chi non sta alle
regole vede messo a rischio il rinnovo del proprio contratto temporaneo,
a volte addirittura mensile, oppure dall’altra parte a creare per
alcuni condizioni privilegiate a parità di competenze e di mansioni. Non
viene premiata la competenza, il merito e la capacità, ma
l’accondiscendenza, la vicinanza politica, la spartizione calcolata e
premeditata dei ruoli. Queste lotte intestine creano disagi ai
cittadini, si ripercuotono sui servizi e questo clima tiene in ostaggio
un intero ospedale. Esiste il modo e si può ripartire da domani:
pianificazione, formazione continua, concorsi pubblici. Tutte cose che
RETE chiede da tempo.

Vedremo anche in Commissione 4 se si vorrà liberare finalmente l’ISS e i
suoi dipendenti dal ruolo di ostaggio in cui sono stati sinora
destinati, oppure ripercuotere le lotte intestine di una maggioranza
divisa e instabile su ciò che più interessa alla loro politica: le
nomine e la loro spartizione.

Con Rete sono nati i movimenti civici sul Titano. Dopo quattro anni, se
si dovesse fare il bilancio dell’attività del movimento, che voto vi
dareste? Cosa è cambiato dal 2012 ad oggi nel panorama politico
sammarinese?
E ora, come diventare più grandi?
Al di là di votazioni che non ci interessano e in ogni caso
risulterebbero poco credibili, crediamo fondamentale tener fede al
mandato che ci è stato dato, creando occasioni di confronto,
approfondimento utili a rendere partecipe la cittadinanza alla vita e
alle scelte della politica.

È vero: nel novembre 2012 qualcosa in politica è cambiato. Due movimenti
civici, che allora non riuscirono ad unirsi per vari motivi, sono nati
con un mandato preciso. RETE come lista singola, Civico 10 in coalizione
con Sinistra Unita. Il mandato era quello di rinnovare il modo di fare
politica, coinvolgendo il più possibile la popolazione e facendosi
portavoce della stessa in aula, senza scendere a compromessi con chi non
ha il coraggio di prendere distanza dalle scelte scellerate dei partiti
tradizionali.
Crediamo che in questi anni alcune lotte portate avanti insieme, tra cui
i Referendum sulla Libera Professione e Fondiss, abbiano fatto nascere
nella popolazione ed anche in RETE la speranza di veder uniti gli unici
gruppi che possono farsi portavoce di un vero cambiamento e di un nuovo
approccio alla politica. Per questo RETE ha portato avanti una serie di
iniziative che hanno cercato di coinvolgere il suo naturale
interlocutore, collaborando anche con il suo alleato di coalizione:
Sinistra Unita. Contemporaneamente, collaborando in aula con gli
indipendenti Luca Lazzari e Federico Pedini Amati che hanno dimostrato
con le azioni e non solo a parole di voler promuovere quel cambiamento
necessario nell’aula.

A nostro avviso queste sono le uniche basi su cui poter ragionare non tanto sui calcoli numerici, laddove comprendiamo comunque i limiti di una legge elettorale che impone di coalizzarsi per poter contare davvero, ma senza sacrificare per un vero progetto di sistema che deve essere necessariamente la base di qualsiasi ragionamento politico.

Il paese sta affrontando una delle fasi più critiche della sua storia che crediamo non essere giunta al termine ma che confidiamo possa essere affrontata solamente con un progetto sistemico che abbia davvero il coraggio e le mani libere per attuare modifiche istituzionali ed economiche di tipo sistemico, con lungimiranza ma anche con una precisa pianificazione.
Ovviamente perseguiamo questo percorso, che crediamo l’unico credibile per risollevare davvero il nostro paese.

Al contrario non ci interessa illudere le persone con nuovi contenitori e vecchi schemi che rischiano solo di prestarsi come occasione di un finto rinnovamento per i fuoriusciti dell’ultimo minuto o per coloro che fino a ieri sedevano accondiscendenti a fianco di “potenti” oggi in galera o indagati.

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