Referendum Ue. Luca Lazzari (Su), auspica confronto con RETE

Referendum Ue. Luca Lazzari (Su), auspica confronto con RETE

Scrivo questo articolo con l’intenzione di aprire un confronto con il Movimento Rete – al quale voglio rinnovare la mia considerazione e la mia fiducia – sul referendum per la domanda di adesione all’Unione Europea. Mi riesce difficile capire la sua posizione per il NO. Dopo aver conquistato una rappresentanza consigliare al grido di “aprite le porte”, su una grande tema che ha a che fare con l’autodeterminazione, il multiculturalismo, l’internazionalismo e la piena rappresentanza democratica, Rete si trova schierata con il fronte della conservazione assieme alla Democrazia Cristiana e ad Alleanza Popolare. A questa contraddizione Rete risponde che le sue ragioni sono diverse. È vero, le sue ragioni sono diverse, ma la posizione è la stessa.
Rete sostiene il NO perché rincorre la visione di una San Marino libera da ogni costrizione, luogo di un’economia sociale e di territorio, di pratiche alternative di vita quotidiana, di autosufficienza idrica ed energetica, di buona amministrazione, di agricoltura di scala. È una visione che rincorriamo in molti. Ma bisogna fare attenzione a non cadere in un delirio autarchico o antistorico. Se – come scrive Roberto Ciavatta – “l’Europa è già fallita”, possiamo davvero pensare di costruire una così grande visione in mezzo ad un cumulo così vasto di macerie?
Qui io ritrovo le tracce della stessa mentalità isolana del famoso poster “San Marino la tua isola felice”. Erano gli anni ’90, il governo di allora, capeggiato da Gabriele Gatti, sceglieva unilateralmente la via dell’accordo di cooperazione. Il discorso più o meno era su questo tono: “non ce ne frega niente dell’Europa, la nostra sovranità ce la giochiamo come ci pare, avanti tutta con le truffe e i traffici”. Fu quello il primo NO alla domanda di adesione all’Unione Europea. Da allora il Paese è bloccato in una paralisi che dura da vent’anni. Oggi, in un déjà vu storico che non tiene conto delle responsabilità del passato, la Democrazia Cristiana – affiancata da Alleanza Popolare che non può o forse non vuole sconfessare la politica estera di Antonella Mularoni – continua ad indicare la soluzione dell’accordo ad hoc. Rete fa lo stesso. Perché? Voglio provare a rispondere, pur sapendo di rischiare di rendermi antipatico. Rete fa coincidere l’inizio nobile della storia politica di San Marino con l’inizio della sua stessa storia. Come se prima di Rete tutto fosse stato immeritevole e insignificante. È a questa inconsapevolezza che io riconduco il NO di Rete al referendum.
Nel NO di Rete si riscontrano poi anche altre contraddizioni. Nel documento “I falsi miti”, Rete accusa l’Unione Europea di avere come unico interesse “che i conti [dei Paesi membri] siano a posto in relazione ai dettami che lei stessa indica”. Dopodiché, poche righe più sotto, avanza come argomento di contrarietà alla domanda di adesione il costo “delle decine di persone che dovranno lavorare per noi a Bruxelles”. Rete dimostra quindi di essere dominata dallo stesso dogma economicista che imputa all’Unione Europea: il rigore e le ragioni di bilancio prima di tutto, anche delle relazioni diplomatiche, indispensabili per ogni Stato, ancor più se piccolo come San Marino. Sempre nello stesso documento scrive che “l’adesione all’Europa sarebbe molto pericolosa, sarebbe certo la fine della sua [di San Marino] indipendenza millenaria”. Ebbene, i richiami alla tradizione e l’uso della paura sono le armi abituali dei nazionalismi e dei populismi, non di un movimento antisistema.
Il Referendum non guarda al presente, ma al futuro. Decretare sul futuro, prima ancora che il futuro si sia compiuto è un atto contro la politica. Perché è alla politica che spetta la costruzione del futuro. Il futuro va liberato da ogni sentimento di rassegnazione. Se diciamo NO adesso è NO per sempre. Riconfermare il NO del 1991, ora che l’isola s’è trasformata in una gabbia, significa inchiodare San Marino a quel sistema che Rete sostiene di voler cancellare.
L’Unione Europea è in crisi. È vero. Anche la democrazia è in crisi. Non per questo abbiamo smesso di essere democratici. Non per questo dobbiamo smettere di essere europeisti.
Se l’Unione Europea dovesse davvero fare fallimento, non basterà averla tenuta fuori dai confini per salvare San Marino. Sarebbe come allacciare le cinture di sicurezza su di un aereo che precipita. O ci salviamo tutti, o non si salva nessuno. Non è più il tempo del motto “noti a noi, ignoti agli altri”. Lasciamoci la paura e l’indifferenza alle spalle. La storia ci chiama ad un grande appuntamento. Anche San Marino deve portare il suo contributo – certo, piccolo, eppure particolarissimo – per un’Europa federata di Stati liberi e civili.
Luca Lazzari / Sinistra Unita

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