Riforma Pensioni. Lettera aperta del Segretario di Stato alla Sanità Claudio Podeschi

Riforma Pensioni. Lettera aperta del Segretario di Stato alla Sanità Claudio Podeschi

Quando ho ricevuto la notizia del deposito presso la Segreteria Istituzionale del quesito referendario per l’abrogazione della Legge n. 158/2011, devo ammettere che, con una certa apprensione, ho chiesto immediatamente di leggerne la Relazione, ricercando in essa le motivazioni che i proponenti avevano addotto alla base della loro iniziativa.
La Legge appena approvata, e di cui si chiede l’abrogazione, è per il Governo un elemento estremamente importante per il futuro economico e sociale del nostro Paese. E’ il risultato di un lungo lavoro fatto di incontri, analisi, confronti, ascolto e mediazione con tutte le parti sociali, senza mai abbandonare il chiaro e irrinunciabile obiettivo finale: mettere in sicurezza il sistema.
La Legge è stata accolta dalla maggioranza ma anche da buona parte della minoranza (a conferma le dichiarazioni di voto in sede di approvazione consiliare), con ampio consenso.
Note positive sono arrivate, inoltre, proprio nelle scorse settimane, anche da un organismo indipendente e super partes come il Fondo Monetario Internazionale, che in un’analisi generale piuttosto critica della realtà economica del nostro Paese  ha considerato, invece, le riforme previdenziali del 2011 fondamentali ed efficaci per migliorare la sostenibilità del sistema pensionistico sammarinese nel lungo periodo. Nel rapporto conclusivo del Fondo è chiaramente indicato che gli obiettivi prefissati di sostenibilità e adeguatezza del sistema sono stati raggiunti.
Dalla Relazione al quesito referendario emergono questi elementi principali di critica alla Legge n. 158/2011:
1.    La riforma ha fallito completamente l’obiettivo prefissato.
Nella relazione non viene presentato o citato un singolo dato economico: né una proiezione, né un dato storico, né un bilancio. Non si capisce come i promotori referendari siano arrivati a tali conclusioni. La Legge è stata impostata su accurati studi attuariali (la parte di statistica che si occupa di previdenza) a partire dal Bilancio Tecnico del 2008, al quale sono seguite altre proiezioni che hanno evidenziato la sostenibilità e l’adeguatezza dell’intervento riformatore.
2.    Si è agito su leve sbagliate, contributi e pensioni e non sull’unica leva giusta: età pensionabile.
Tutti i paesi europei, anche quelli che nella relazione vengono definiti più accorti, prevedono un’età pensionabile tra i 62 anni della Francia e i 67 anni di Germania e Spagna. Ricordo che a San Marino l’età pensionabile per vecchiaia è stata portata, con la Legge n. 158/2011, a 66 anni. Anche l’Italia, citata nella relazione, non prevede un’età pensionabile molto discostante dalla nostra: l’unica differenza è che l’Italia ha adeguato l’età pensionabile automaticamente all’aspettativa di vita non richiedendo, così, ulteriori interventi legislativi nel medio termine.
Il Comitato Referendario sostiene che l’attuale sistema si reggerebbe solo se le pensioni venissero erogate a ogni pensionato per un periodo massimo di 5 anni. Desumo che dovremmo andare in pensione tutti a 75 o 80 anni! Semmai una Legge del genere venisse approvata sarei il primo sottoscrittore del referendum abrogativo.
Altre “Leve” su cui si è “erroneamente intervenuto”:
I contributi. L’intervento legislativo ha voluto armonizzare le aliquote contributive a carico delle diverse categorie: i lavoratori dipendenti passano dal 20% al 21,50% (in 5 anni con un aumento solo a carico del lavoratore), i commercianti passano immediatamente dal 21% al 22%, gli artigiani rimangono al 22%, i liberi professionisti, agenti e imprenditori passano dall’attuale 13% al 22% (gradualmente e a regime dal 2019). L’iniziativa referendaria potrebbe collegarsi in larga parte al malumore di alcuni Liberi Professionisti per questo tipo di intervento? Sembrerebbe strano dal momento che per questa sola categoria è stata mantenuta la disposizione secondo la quale i liberi professionisti, per la parte di reddito eccedente il tetto massimo, versano solo il 2% di aliquota contributiva.
 
Le pensioni. Bisogna evidenziare che la nuova modalità di calcolo determina percentuali di tassi di sostituzione sicuramente meno elevati di quelli precedenti, ma non certo così bassi come quelli riportati nella relazione al quesito (per correttezza di informazione il calcolo è stato esteso a tutti, dipendenti e autonomi, e riferito agli ultimi 20 anni lavorativi).
La percentuale tra pensione e ultimo stipendio rimarrà molto elevata per i redditi medio bassi, circa l’80%, mentre sarà del 60% per i redditi più alti, garantendo comunque a tutti un’adeguata pensione durante l’ultima fase della vita. Questa riforma ha permesso di non abbandonare il principio ispiratore del nostro sistema previdenziale: un sistema solidaristico (tra generazioni e oggi anche tra categorie di lavoratori) a ripartizione, che ha garantito un ottimo funzionamento del nostro sistema di welfare e di cui ogni sammarinese dovrebbe andare orgoglioso. Percorrere la strada decisa dall’Italia, che ha sposato il sistema contributivo tout court, avrebbe fatto sì che tutto ciò che ha caratterizzato il nostro sistema fino ad oggi venisse definitivamente abbandonato.
Applicando totalmente il sistema contributivo, in buona sostanza, ognuno deve provvedere a se stesso. Anche gli assegni pensionistici che verrebbero erogati sarebbero in media molto bassi. Si pensi, ad esempio, che un libero professionista italiano potrà contare su un tasso di sostituzione non più elevato del 40/50% dell’ultimo stipendio. 
3.    Mancanza di fantasia e innovazione
Tralasciando i consigli su cosa fare durante la vecchiaia (golf, caccia, pesca, ecc.), vorrei sottolineare che la previdenza è una materia che mal si sposa con la fantasia e la sperimentazione: su questa materia si gioca il futuro di tutti i cittadini e il futuro economico del paese.
Approvando anche la Legge sul sistema di previdenza complementare, Legge n. 191/2011, si è in realtà permesso di mantenere solide basi di garanzia e sostenibilità nel primo pilastro a ripartizione, garantendo al contempo a ogni cittadino, attraverso un sistema pubblico (Fondiss) integrativo a capitalizzazione, di godere al momento del pensionamento di un assegno complessivo pensionistico che raggiungerà una media del 75% in rapporto all’ultimo stipendio. Il tutto senza gravare sulla collettività.
Concludo invitando il Comitato Promotore del Referendum a rileggere attentamente la norma e sono sicuro che i contenuti di diversa natura come l’introduzione di elementi di equità, la solidarietà di ritorno, un diverso calcolo che equipara le pensioni dei dipendenti pubblici e privati, non possano non trovare d’accordo anche i maggiori critici più di questo intervento legislativo.
Il Segretario di Stato
Claudio Podeschi
 

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