Tommaso Torri – Nuovo Quotidiano di Rimini: Rese note le motivazioni del rigetto della richiesta di scarcerazione per il padre e la madre del killer di Covignano /
Il tribunale: “I Zinnanti sapevano” /
I genitori di Marco incastrati con le intercettazioni Consapevoli che in via Teodorico c’erano armi e droga
RIMINI. Una famiglia consapevole delle attività criminali del figlio e che, subito dopo l’omicidio commesso da Marco Zinnanti (il killer di Covignano, accusato dell’uccisione di Leonardo Bernabini) si è data da fare per nascondere prove, soldi, armi e stupefacenti. Dalle motivazioni del Tribunale della Libertà, che ha rigettato la richiesta di scarcerazione per il padre e la madre dell’omicida di Covignano, traspare come tutto il nucleo sapesse delle attività criminali di Marco e che, preoccupato da un’imminente arrivo della polizia per perquisire la loro abitazione di via Lince, si sia attivato per trasferire quanto di compromettente ci fosse in casa nell’appartamento di via Teodorico. Nel frattempo, per garantire la latitanza dell’assassino di Leonardo Bernabini, Maria Buratta e Tommaso Zinnanti hanno chiesto aiuto alla figlia Giovanna, all’amica di famiglia, Dina Di Bartolomeo, e al figlio si quest’ultima Eros Zanzani. A sconfessare le dichiarazioni dei familiari di Marco, che hanno sempre sostenuto di non conoscere le attività illegali del figlio, sono le intercettazioni telefoniche e ambientali eseguite dagli inquirenti e, in particolare, quelle effettuate all’indomani del
sequestro dell’appartamentocovo di via Teodorico. Qui gli investigatori della Mobile avevano rinvenuto i 1.700 grammi di hashish, 60,92 di cocaina oltre a 80mila euro in contanti e varie armi, tra cui una pistola Walther Ppk. Gli investigatori erano arrivati all’appartamento grazie a una bolletta ritrovata, nel corso di una perquisizione, nell’abitazione dei Zinnanti in via Lince. Ed è proprio su questo errore che, dalla famiglia, arrivano le recriminazioni che li hanno inchiodati. (…)
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