Rimini Foto d’Autunno: sabato 6 settembre il taglio del nastro

Rimini Foto d’Autunno: sabato 6 settembre il taglio del nastro

RIMINI. Giunta al suo terzo appuntamento annuale “Rimini Foto d’Autunno” si presenta potenziata nella formula del programma espositivo spaziando e contenendo diversi indirizzi della fotografia contemporanea. A partire dall’attenzione rivolta alla fotografia cosiddetta “preparata” (staged) della grande mostra realizzata in collaborazione con la Galleria Paci Contemporary di Brescia che idealmente completa la vasta monografica di Paolo Ventura recentemente realizzata alla Far. Una vena “staged” in realtà attraversa l’intera storia della fotografia. The Pencil of Nature by William Henry Fox Talbot, agli albori della fotografia, è pur sempre una fotografia ampiamente preparata. Non dunque una scoperta recente pur oggi particolarmente praticata e con successo. 

Ma la fotografia è in un certo senso sempre “staged”, tutta. Anche quando la preparazione è minima e apparentemente invisibile. Pietro Paolini, vincitore del Premio Pesaresi 2013, fotografa con lo spirito del reportage con “un database implicito” di stilemi “new topographics”, diventa egli stesso un “preparatore” delle sue foto. Il lavoro di Lisi ha un doppio standard la fotografia diretta e la simulazione virtuale. Il lavoro d’archivio di Cristallini con la stesa infinita dei suoi provini, sembra rispondere a ciò che Winogrand si aspettava dalla sua pratica della fotografia “fotografo per vedere il negativo”, diceva. In qualche misura diventa un set di posa l’intera città entro la mostra “Ricostruire Rimini” dello Studio Morosetti, che affronta, attraverso un doppio sguardo temporale, il dramma della guerra. Dopo settant’anni l’occhio di una macchina fotografica torna ad aprirsi cercando le medesime prospettive e registrando le stratificazioni di una città che subì quasi quattrocento incursioni e bombardamenti aerei, rimanendo interamente seppellita dalle macerie. Una selezione del vasto fondo fotografico della Biblioteca Gambalunga viene presentato a sette decenni di distanza da quel tremendo periodo, che ora si intreccia anche al centenario della “grande guerra”. Anche la mostra di Isabella Balena, prodotta dieci anni fa per la stessa ricorrenza, continua a offrire un approfondimento aggiornato del ricordo. Un intenso reportage ai luoghi dedicati al secondo conflitto mondiale si dispiega nelle sale dell’ex Ospedale di Rimini, marcando uno sguardo, apparentemente asciutto, che stanza per stanza finisce per leggersi come un grande racconto. Mostra nella mostra è il progetto ‘Vie di Dialogo”, quarta edizione di un percorso biennale che Rimini conduce in collaborazione con l’Istituto Beni Culturali di Bologna. Quest’anno sia l’artista emiliana (Valentina D’Accardi) che quella romagnola (Silvia Camporesi) usano la fotografia come terreno di indagine, come liquido di contrasto temporale e linguistico, trovandosi così in perfetta sintonia col filo conduttore di questa vasta rassegna di RIMINI. FOTO D’AUTUNNO 2014.

Inaugurazione sabato 6 settembre 2014, ore 18,00 con l’esclusione di Rimini 1944-2014 “…Pur l’avvenir siam noi” che inaugurerà domenica 21 settembre 

RIMINI 1944-2014 “…Pur l’avvenir siam noi”

Racconti di guerra a cura della Biblioteca civica Gambalunga e del Consorzio dei saperi, con la collaborazione dell’ Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea e il patrocinio dell’Università degli Studi di Bologna- Sede di Rimini. 

Il progetto, a settant’anni dalla liberazione della città dall’occupazione nazista, propone di riportare lo sguardo della comunità su uno dei momenti più bui della sua storia, rimettendo in scena le memorie individuali e pubbliche su quel passato , che ha segnato e segna il presente della città, per farne oggetto di conoscenza, ovvero una storia necessaria per tessere la memoria del futuro. 

La mostra, coordinata da Angela Piegari, Mila Fumini, Egisto Seriacopi, è articolata in due sezioni: 

Ricostruire Rimini

Archivio Moretti/Studio Morosetti 

a cura di Elena e Tommaso Morosetti 

Far | fabbrica arte rimini 

Percorso nella città ri/costruita, mostrata attraverso i suoi luoghi simbolici (il teatro, il Tempio Malatestiano, Palazzo Lettimi, l’area dell’ex convento di San Francesco, ecc.) fotografati nel tempo presente dallo Studio Morosetti, che si ri/flettono e confrontano con le foto delle macerie che Angelo Moretti scattò nel 1944, a documentazione del volto trasfigurato della città nella guerra. 

Le carte della memoria 

Immagini e documenti della città in guerra nelle collezioni della Biblioteca Gambalunga

a cura di Oriana Maroni con la collaborazione di Nadia Bizzocchi 

Far | fabbrica arte rimini 

Viaggio nella memoria pubblica e privata ricostruita attraverso le fonti documentarie e iconografiche della Biblioteca Gambalunga (i diari, le memorie, i manifesti, i resoconti burocratici, le fotografie e i filmati dell’esercito inglese provenienti dalle collezioni dell’Imperial War Museum, e gli scatti dei fotografi riminesi, le celebrazioni pubbliche e le manifestazioni dell’ultimo settantennio). 

Vie di dialogo / 4 

Silvia Camporesi / Valentina D’Accardo

a cura di Claudia Collina e Massimo Pulini

Museo della Città, Ala Nuova, 1° piano

Il Comune di Rimini – Ala Nuova Museo della Città con l’Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna, prosegue con il progetto “Vie di dialogo”, nato per la conoscenza, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio artistico della contemporaneità presente sul territorio regionale e con l’obiettivo di valorizzare le espressioni artistiche di maggiore qualità presenti in Emilia-Romagna. 

Il progetto “Vie di dialogo” prevede il confronto espositivo, ma non solo, di due artisti che sappiano dialogare insieme attraverso il loro lavoro, parallelo e tangente, durante il processo di creazione della mostra e del catalogo, liberando nuove energie scaturite dalla reciproca collaborazione artistica. Una collaborazione operosa ed intelligente che, nella seconda edizione a Rimini, vede confrontarsi Silvia Camporesi e Valentina D’Accardi, scelte dal Comitato Scientifico composto da Davide Benati, Laura Carlini, Claudia Collina, Marco Pierini, Massimo Pulini e Claudio Spadoni. 

Collegata in rete al Sì fest Savignano immagini festival 2014 e nell’ambito di RIMINI FOTO D’AUTUNNO, questa IV edizione è dedicata alla fotografia d’arte, a due artiste giovani e affermate, Silvia Camporesi e Valentina D’Accardi, che si confrontano su temi e tecniche affini, sviluppate in poetiche differenti e originali, che indagano, attraverso l’istante dello scatto fotografico, il mistero del tempo presente e le sue contraddizioni. 

Pietro Paolini

Vincitore del Premio Pesaresi Edizione 2013 

Bolivianas 

Museo della Città, Ala Nuova, 1° piano 

Pietro Paolini ha vinto l’edizione 2013 del Premio Marco Pesaresi promosso da Savignano Immagini e dal Comune di Rimini in collaborazione con “Il Fanciullino” di Isa Perazzini. 

Le immagini di “Bolivianas” rappresentano un sondaggio in questo momento di cambiamento nella coscienza popolare della Bolivia. Nel 2005 Juan Evo Morales Ayma ha vinto le elezioni, per la prima volta nella storia del Sud America un candidato indigeno è diventato presidente della repubblica, e per la prima volta in Bolivia un presidente viene eletto con oltre il 50% dei voti. La Bolivia si trova nel cuore del Sud America, un caos composto da un plateau infinito fatto di deserti, foreste pluviali, steppe e colline; 36 gruppi etnici indigeni sono quella parte della popolazione di questo paese, ricco di tradizioni ancestrali, in cerca di una integrazione politica compiuta. Con le  immagini di “Bolivianas” Paolini ha cercato si affrontare questa indagine unendo gli stilemi della grande fotografia documentaria americana con le necessità del reportage, costruendo un ritratto del paese di estrema raffinatezza visiva.

La camera del racconto 

Staged photography 

Museo della Città, Ala Nuova, secondo piano

Staged photography è un’espressione che contempla molteplici sfumature – «fotografia allestita», «preparata», «messa in scena» – e identifica una serie di strategie estetiche e “narrative” affermatesi nell’ambito della produzione artistica, nella moda e nella pubblicità, tra la seconda metà del Novecento e l’inizio del nuovo millennio. Sotto molti aspetti, questo ‘nuovo genere’ può essere considerato complementare al paradigma della postfotografia, per come gioca – producendo commistioni e anacronismi tra le iconografie più diverse – con le caratteristiche illusorie e concettuali di un medium invece storicamente considerato, in un’accezione perlopiù riduttiva, descrittivo e documentale. In tal senso, il successo della s. p. non attesta tanto la nascita di una nuova tipologia di rappresentazioni, quanto di un diverso ordine di aspettative – epistemiche, ideologiche, estetiche – nei confronti dell’immagine fotografica, sia a livello della sua produzione sia sul piano delle dinamiche spettatoriali connesse alla sua ricezione.

In questa ampia rassegna in collaborazione con Paci Arte Contemporanea le opere di Leslie Krims, Sandy Skoglund, Teun Hocks, Arthur Tress, Grace Weston, Mei Xian Qiu, Nicola Civiero, Lori Nix, declinano ognuna secondo prospettive nuove (nella loro storicità) e diverse questa idea della Fotografia ricostruita, gia approcciata l’anno scorso con la personale alla Far di Paolo Ventura (di cui questa mostra rappresenta un logico approfondimento di genere).

Sandro Cristallini 

Infinito presente 

Il Fotografo e l’archivio 

Museo della Città, Sala delle Teche 

Un archivio per l’infinito presente. È quello che si stipa negli album di Sandro Cristallini, da oltre vent’anni testimone e custode vigile di frammenti di memoria locale (riminese e riccionese e non solo) ripresi in migliaia di scatti fotografici. 

Immagini che indagano quel variegato set che è la vita culturale ed espositiva di due città, tra vernissage, artisti e attori, curiosi e appassionati delle arti. Un accumulo di scatti che tesse una trama variegata e che ripercorre la traccia delle politiche culturali che hanno animato l’indirizzo pubblico e privato delle arti a partire dagli anni ‘80. Ma anche un inedito who’s who che cattura volti anonimi e celebri. 

Cristallini non si nega in questa occasione l’utilizzo estetico delle provinature dove si addensano decine di scatti che creano a loro volta geometrie per nuove texture. Un po’ autobiografia, un po’ raccolta di memorie, un diario persistente. Sicuramente una riflessione su un medium in transizione. Vestendo anche i panni della ricerca e dell’indagine tematica tra le diverse vie dei formalismi fotografici contemporanei, indugia sulle potenzialità illusionistiche e le ambiguità della natura in foto che si affiancano agli scatti dedicati agli eventi. Una dualità volutamente coltivata: alla cronologia degli incontri pubblici fa da contraltare l’immagine atemporale degli elementi naturali. Il mare perpetuo. 

Per virtuosa infallibilità lo sguardo della sua macchina fotografica si posa su segmenti di tempo e di luoghi, sui volti e gli accadimenti; uno sguardo vorace che si fa sistematico nel riprendere gli eventi e si rigenera in ogni istante per quella forza o potere che ha la fotografia di trasformare i momenti in documenti. In fondo ogni immagine non smette di ricordarci che siamo noi con le nostre storie a raccontare. Quando finisce la tensione verso il futuro si innesca la nostalgia e lo sguardo verso il passato. Ma c’è chi come Cristallini sa tenerlo costantemente acceso sul presente.

(A. Bernucci) 

Il tema dell’archivio affascina molti e molte sono le forme in cui spesso la realtà sembra essere consultabile, visitabile. Quando l’ansia di raccolta per il presente, caratterizzato oggi più che mai dall’abitudine di uno scatto che anticipa lo sguardo, che trafuga l’attimo nel suo compiersi, e che si sostituisce senza alcun imbarazzo all’esperienza vissuta, rimanda incessantemente ad una mappatura di noi stessi e dei nostri movimenti, sento che il desiderio di cura di uno spazio in fondo comune rischia una distorsione.

Il tema della raccolta affascina tutti è vero, ma solo per alcuni questo processo è consapevole contributo, desiderio di testimonianza esaudito nel suo convincimento di verità. La disciplinata, attenta, e amorevole custodia dell’attimo, diventa, come l’esposizione dimostra, rinvenibile documento sentimentale. 

(V. Aguglia)

Isabella Balena 

Ci resta il nome 

I luoghi della memoria della II Guerra Mondiale in Italia (1940-1945) 

Museo della Città, Ala Nuova, terzo piano

La mostra espone un percorso di ricerca sul territorio nazionale, dalla Sicilia alle Alpi, condotto da Isabella Balena in almeno tre anni di lavoro e di viaggi, intorno ai luoghi della memoria della Seconda Guerra Mondiale in Italia (1940-1945) restituendo un personale contributo visivo. Le immagini raccontano cimiteri militari, zone di sbarco e di battaglia, comunità locali vittime di eccidi. Il lavoro non documenta solo i luoghi ma li fa rivivere nell’oggi, come luoghi visitati da veterani e da famigliari, come destinati al lutto privato e designati nel contempo alle celebrazioni pubbliche, patriottiche, civili e. Le immagini indicano l’esistenza di memorie contrastate e contrastanti nella loro interpretazione e suscettibili di ampio dibattito civile (come nel caso di cimiteri militari tedeschi che accolgono le spoglie anche di responsabili di stermini di massa o nel caso di alcuni luoghi simbolo dell’ultimo fascismo della RSI e di culto mussoliniano). 

Per i suoi morti, la seconda guerra mondiale ha reso possibile per la prima volta un censimento visivo e una forma di democrazia, anche se postuma: il cuoco è vicino all’artigliere, il tenente al caporale, il riservista laureato giace accanto al manovale, la stella di David è incisa nel marmo con la stessa intensità della croce. Nella stragrande maggioranza dei casi non ci sono fotografie dei defunti, solo il loro nome. 

(…) I morti non sono tutti uguali, soprattutto nel dolore di chi resta. Rimangono però, i nomi, quelli sì, tanti ed in fondo tutti uguali, diversi solo per provenienza e religione. Restano i nomi anche di quelli i cui corpi sono ignoti. 

Restano i nomi a memoria.  (Isabella Balena)

Daniele Lisi 

Cluster 

New Jersey Counties 

Galleria dell’Immagine 

Cluster è un progetto realizzato nella primavera del 2012 e concluso a gennaio del 2014 su una  zona compresa tra la provincia americana dello stato del News Jersey e la città di New York, all’interno della porzione di territorio urbano (Meadowlands) che negli anni ‘20 fu bonificato da foreste, paludi in favore dello sviluppo edilizio di aree a bassa densità residenziale. 

Il lavoro, diviso in due capitoli si basa su uno “studio alternativo” di ricerca territoriale dell’ambiente urbanizzato servendosi di immagini prelevate dal software, elaborate e scomposte; sono immagini che suggeriscono altro dal paesaggio, dal luogo, dagli oggetti rappresentati ma che con la loro metodica obiettività riescono a ridefinire quel senso che sfugge all’osservatore alienato della città postmoderna. 

Il secondo capitolo del lavoro, nella sua essenza racchiude la rappresentazione di uno “Spazio Vissuto”, immagini notturne degli stessi luoghi analizzati nel primo capitolo. Cluster enfatizza, ma non più di tanto, la bellezza apparente di quei luoghi così “perfetti” nella loro geometria, determinati da parametri socio culturali che ricordano molto da vicino l’identità delle città virtuali create in Sim City 3000. Attraverso concetti e suggestioni alla base della percezione di quel territorio, il progetto affronta gli elementi che vanno a comporre la massa disordinata di quell’ambiente urbano, privo di ogni apparente logica, dove la velocità delle connessioni fisiche e virtuali disegnano la città senza regole o confini, il cosiddetto Sprawl.

Comunicato Stampa

Bianca, Camporesi


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