Rimini. Il sosia scambiato per un rapinatore

Rimini. Il sosia scambiato per un rapinatore

Andrea Rossini di Corriere Romagna Rimini (ieri): La storia. Il mandato firmato dalla procura di Pesaro soltanto sulla base di una somiglianza fotografica: l’uomo indagato per errore /
Il sosia scambiato per un rapinatore:
i carabinieri irrompono all’ora di cena /
I militari perquisiscono l’abitazione di un facoltoso dirigente in un palazzo storico
 

Sulla base di una semplice somiglianza fotografica
con un rapinatore un uomo incensurato, residente
in Valconca, nei giorni scorsi è stato sottoposto
a una perquisizione che ha sconvolto la sua serata
in famiglia ed è tuttora indagato (il difensore ha
chiesto l’archiviazione), sebbene successivamente sia
stato arrestato il vero responsabile di un colpo in banca
avvenuto in zona. Un equivoco che non potrà mai
dimenticare. Ecco la cronaca della traumatica esperienza.

«Carabinieri, apra
subito». La
voce del citofono
scuote la routine di una
famiglia tranquilla, ancora
a tavola per la cena. I
militari della Tenenza di
Cattolica e della stazione
di Gabicce piombano in
casa in divisa con un mandato
di perquisizione. Il
decreto è firmato dal pm
di Pesaro, loro non conoscono
i dettagli dell’indagine,
ma a colpo d’occhio
capiscono che qualcosa
non torna. Non tanto per
lo spaesamento dell’uomo
che apre la porta, ma perché
l’abitazione si trova in
un palazzo storico e il “sospettato”
non ha l’aria del
rapinatore, sebbene la sua
faccia sia spiccicata a
quella ripresa dalle telecamere
di sorveglianza.
«Dobbiamo fare una
perquisizione». I riscontri
che cercano sono un
giubbotto, un cappellino
con visiera, degli occhiali
da sole e un buon numero
di banconote da venti euro.
Loro non lo sanno, ma
chi li ha mandati lì sulla
base di una semplice somiglianza
fotografica avrebbe
potuto e dovuto informarsi
prima, che di
fronte hanno un dirigente
d’azienda incensurato,
sposato con una donna facoltosa,
che per farsi dare
i soldi in banca non ha bisogno
di un taglierino visto
che i suoi conti traboccano
di denaro. Lui non
ha nemmeno la prontezza
di chiedere il perché dell’intrusione.
A questo
punto sarebbe il momento,
all’interno dell’articolo,
di scomodare Kafka, se
questa non fosse la realtà.
Poi si riprende, mentre i
carabinieri cominciano a
rovistare tra i cassetti:
«Scusi, ma di che cosa si
tratta?». «E’ accusato di aver
rapinato una banca».
L’uomo resta senza parole,
la cena può raffreddarsi
sul piatto perché lui ha
perso anche l’ap p et i to .
Già si vede in cella. «Ci deve
essere un errore».
(…)

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