Rimini. L’ultima donna di Pantani, Il Resto del Carlino Rimini

Rimini. L’ultima donna di Pantani, Il Resto del Carlino Rimini

Resto del CarlinoRIMINIdom, 3 ago 2014
Elena, l’ultima amante del Pirata:
«Ora cercheranno nella direzione giusta»
La Korovina si è rifatta una vita: «Sono a disposizione degli inquirenti»
SI E’ RIFATTA una vita, ha avuto anche un figlio due anni fa. Sembra passata un’eternità per Elena Korovina, la donna che dieci anni fa veniva dipinta come la ‘Dama nera’, lei che è stata l’ultima amante di Marco Pantani. E ieri, quando è scoppiata la bomba dell’esposto presentato alla Procura di Rimini dalla famiglia del Pirata che ha portato all’apertura di un fascicolo con l’ipotesi di omicidio, Elena stava per spiccare il volo verso la sua terra natale, la Russia.
Non è neanche troppo stupita dalla notizia che le è stata comunicata al telefono dal suo avvocato, Alessandro Catrani: «Me lo aspettavo— commenta a caldo—, erano anni che la mamma di Marco spingeva per arrivare a questo: a far riaprire le indagini. Adesso ce l’ha fatta». La bella russa poi aggiunge: «Questa volta cercheranno nella direzione giusta. Io sono molto tranquilla. Se ci sarà bisogno, al mio rientro a fine mese sarò completamente a disposizione degli inquirenti. Come sempre».
Poi il suo volo per Mosca viene annunciato dall’autoparlante dell’aeroporto e la Korovina abbandona il passato per ripiombare nel suo presente, un figlio ed una famiglia.
Marco Pantani è solo un ricordo lontano, il ricordo di una vita fa.
D’altronde, la bella russa dalla vicenda giudiziaria che ruotò intorno alla morte del Pirata venne assolta, per non aver commesso il fatto, in primo grado dal giudice monocratico Masini (sentenza già passata in giudicato). La donna era accusata di morte in conseguenza dello spaccio, in concorso con altri, della cessione della dose fatale.
Dieci anni fa la Korovina aveva monopolizzato l’attenzione dei media. Lei era stata l’ultima donna del Pirata, una escort russa con la quale il campione si faceva vedere nei locali alla moda e con la quale s’imbottiva di cocaina.
Non un amore tra i due come quello che Pantani aveva provato per Cristine, la sua storica fidanzata danese.
«Tra noi c’è stato solo sesso», aveva sempre sottolineato la Korovina che negli interrogatori non aveva mai avuto parole gentili verso il campione di Cesenatico, ma aveva sempre e solo pensato a ribadire, a gran voce, di non c’entrare per niente con il rifornimento della droga a Pantani.
La stessa russa aveva raccontato di un violento litigio con mamma Tonina una sera che lei era andata a prendere Marco a Cesenatico.
Adesso le strade delle due donne si incrociano nuovamente. Dopo 10 anni da quel maledetto 14 febbraio.

Grazia Buscaglia

 

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Il Resto del Carlino 4 agosto 20    4
Pantani, le telefonate al setaccio
«Dai tabulati verrà a galla la verità»
L’avvocato della famiglia: ci sono utenze mai state identificate
Stefano Lolli RIMINICENTODIECI pagine, equamente distribuite fra una minuziosa perizia medico scientifica e un trattato di carattere legale che poggia però su tabulati telefonici, filmati, verbali; la riapertura dell’inchiesta sulla morte di Marco Pantani, decisa dal procuratore di Rimini Paolo Giovagnoli e affidata brevi manu alla pm Elisa Milocco con un fascicolo per ora «contro ignoti», poggia sul voluminoso esposto presentato dall’avvocato Antonio De Rensis per conto della famiglia del ciclista. «È stato innanzitutto un dovere morale, prima che un compito professionale — afferma il legale —; perché chiunque si sia approcciato a questa vicenda, capisce che la versione ufficiale fa acqua da tutte le parti». E nell’estate 2014 scossa dai temporali, non c’è forse metafora più burrascosa dell’ipotesi — sostenuta nelle carte dall’avvocato — che quello di Pantani sia stato un omicidio. «Ma noi non ci spingiamo a questa affermazione, evidenziamo solo le incredibili anomalie della prima inchiesta», precisa De Rensis. Che però indirizza subito l’attenzione ai tabulati telefonici, alle chiamate intercorse — fra le 13 e le 20 del 14 febbraio 2004, quando Pantani era già morto ma la notizia non era nota — fra i pusher e e altre persone da identificare; al giallo del filmato di 51 minuti «realizzato però nell’arco di due ore e 51 minuti»; al fatto che nessuno abbia rilevato le impronte digitali all’interno del residence Le Rose. E soprattutto alle considerazioni di Francesco Maria Avato, direttore dell’istituto di Medicina Legale di Ferrara («un luminare», sottolinea De Rensis), che ipotizza oltre a una colluttazione anche il fatto che a Pantani sia stata fatta bere cocaina sciolta nell’acqua. C’è in particolare un segno su un polso, pare, compatibile con la lotta o il trascinamento del cadavere. E CI SONO le telefonate, anche verso utenze non identificate: «Vedrete che il traffico telefonico risulterà importante, non dovrebbe essere difficile risalire», commenta De Rensis. Che dribbla però valutazioni personali su eventuali numeri ricorrenti o comunque diversi da quelli dei due unici condannati nella prima inchiesta (il fornitore e lo spacciatore del ciclista): «Sarà il magistrato a enucleare i dati significativi, noi non abbiamo svelato alcunché — precisa l’avvocato —, è già tutto agli atti. Le cose vanno soltanto rilette e messe in ordine. A quel punto si potrà dare il giusto nome alle cose». Forse il termine che già circola: omicidio. Supportato dalle frasi della perizia in cui si parla di «ferite non autoprodotte, ma inferte da terzi», ed «evidenti segni di trascinamento del cadavere»; a chiarirlo forse saranno anche le telefonate in cui qualcuno già immagina anche l’ombra del racket del doping. «Ma quali ombre, non insinuiamone altre — conclude De Rensis —; il dovere morale nei confronti di Pantani e della sua famiglia è quello di fare piena luce sull’accaduto».

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