San Marino alla svolta dopo lo scudo. Clarizia

San Marino alla svolta dopo lo scudo. Clarizia
Repubblica

Con il provvedimento di Tremonti persi 5 miliardi, le fiduciarie costrette a ridursi di un terzo

San Marino alla svolta dopo lo scudo. Clarizia: “Vogliamo i capitali dei Bric”

Andrea Greco
Lo scudo fiscale italiano come una falce ha mietuto la ricca raccolta di banche e finanziarie a San Marino, forzando il paradiso fiscale a una rigo-rosa dieta. E il cambio di stagione imposto da Bankitalia e dal Tesoro nei rapporti con la Repubblica sulla Rocca, con cui dopo annidi lassismo sono venuti mesi di severità, obbligano a un cambiamento anche culturale. Tre anni fa c’erano 53 fiduciarie, ora sono 35. «Erano troppe, anche perché molte erano “di famiglia” – racconta Renato Clarizia, da sei mesi governatore della Banca centrale di San Marino-alcune sconosciute alle autorità di vigilanza». Per quelle rimaste, è in corso un’ispezione conoscitiva, da parte di una vigilanza che solo pochi mesi fasi è conquistata formali autonomie e poteri sanzionatori dai governi locali. Le banche sono ancora ben 12 (come ai tempi grassi) ma presto saranno molte meno: non servono più, perché i rimpatri italiani hanno sottratto 5 miliardi di euro ai gestori sammarinesi, quasi dimezzando i loro volumi finanziari. Uno degli uomini del cambiamento è l’italianissimo governatore, avvocato che insegna diritto privato a Roma e vanta passate esperienze bancarie e finanziarie. Da un mese è coadiuvato da un capo della vigilanza proveniente da Bankitalia, Antonio Gumina. Hanno il compito, non facile, di “normalizzare” il sistema finanziario del Titano dopo lo scudo e le vicende finanziar-giudiziarie (Carisp e Delta su tutte) che hanno rovinato il buon vicinato con l’Italia e posto la Rocca sulla lavagna della black list. Clarizia presidia un’evoluzione normativa che ha prodotto, a febbraio, norme di trasparenza adeguate alle richieste del Fondo monetario venuto in missione. Da poco c’è un nuovo regolamento sui trust-con linee guida dettate da Via Nazionale-, entro l’anno saranno creati una centrale rischi, un sistema di gestione del contante e uno delle carte di credito. «Sta cambiando la mentalità: la società civile sanmarinese deve capire che non si torna al passato, quando ricchezza e circolazione di denaro italiano bastavano per tutti». È la visione di dependance off shore dell’Italia centrale, a essere in crisi: «Ora San Marino privilegia i rapporti con l’Italia, ma non li ritiene più esclusivi-dice Clarizia -vogliamo renderci attraenti agli investitori stranieri, con agevolazioni di carattere fiscale e finanziario. Il modello, però, dev’essere Lussemburgo, non Monte Carlo, che non ha neanche una propria banca centrale». Meno Italia insomma, e forse meno Libia, che pure a San Marino ha investito in una banca e in fiduciarie, capitali ora congelati per le sanzioni contro Gheddafi. A vantaggio di chi? «Paesi dell’Est, Cina, Russia, finanza islamica, hanno già guardato con interesse a San Marino -risponde il banchiere – ma prima di poterli accogliere al meglio sono necessarie la piena razionalizzazione del sistema e l’emersione di professionalità al momento non formate. È un progetto che non si realizza in un anno, ma a medio termine».
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