Riceviamo e pubblichiamo una riflessione politica a cura di Lorenzo Bugli (PDCS).
Da diverso tempo non intervengo con le mie considerazioni nel dibattito politico sammarinese, anche perchè le agende dei partiti, almeno nelle ultime settimane, non hanno generato particolari spunti di riflessione su argomenti cruciali e strategici per il Paese, in quanto monopolizzate – di recente – dalle consuete consegne che fanno da spartiacque tra una legislatura all’altra. Finita però la necessaria fase di assestamento, il mio auspicio è che questa 31esima legislatura possa finalmente affrontare di petto un tema cardine che unisce ad accomuna le forze politiche che fanno parte dell’attuale maggioranza. Non dobbiamo infatti dimenticare che questa legislatura nasce da un forte senso di responsabilità e dalla necessità di accompagnare il nostro Paese verso l’accordo di associazione con l’Unione Europea. Un accordo che fa parte del nostro presente, ma che ci induce inevitabilmente a gettare uno sguardo al futuro, con l’obiettivo di superare le dinamiche di un passato ingessante che ci ha impedito di essere celeri in un mondo che corre veloce.
Dunque la definizione dell’intesa con l’Unione europea diventa vitale per i nostri giovani, le nostre imprese, i nostri lavoratori e per chiunque non ha come sola ambizione quella di chiudersi in un ufficio della pubblica amministrazione: per progettare e costruire un domani sano e virtuoso, non più calato in una dimensione ‘locale’ ma in un contesto europeo. Mi ha particolarmente ispirato la lettura di un articolo di Enrico Letta, uscito il 2 settembre scorso sul “Corriere della Sera”, che propone la creazione di un 28esimo Stato virtuale dell’Unione europea per agevolare e dare impulso al processo di semplificazione e integrazione. L’ex premier, nel suo articolo, rileva come l’Ue soffra di un grande gap di competitività da colmare rispetto agli Stati Uniti e rispetto a Paesi come Cina e India. Un ritardo dovuto, in parte, anche al fatto che in Europa sussistono attualmente 27 diversi diritti commerciali e 27 sistemi fiscali differenti: una frammentazione che secondo Letta costituisce “un freno agli investimenti e al pieno sfruttamento del potenziale rappresentato dal mercato unico”. Ecco dunque la proposta di “costituire un 28esimo Stato virtuale con un suo diritto commerciale”, rendendo di fatto “applicabile ovunque in Europa questo sistema”.
E’ uno spunto molto interessante, che anche a San Marino faremmo bene a tenere a mente nel ragionare attorno all’accordo di associazione con l’Unione europea, inteso dunque non solamente dal punto di vista della necessità di adattamento ad un sistema di norme e regole, che pure sarebbe un grande passo in avanti, consentendoci di rimuovere pastoie arcaiche e anacronistiche o estremamente discrezionali. In un Paese che va verso una riforma del sistema fiscale, perché non riflettere in maniera concreta su qualcosa di davvero rivoluzionario e all’avanguardia? E’ corretto combattere le storture e i cosiddetti ‘furbetti’, ma lo è altrettanto lavorare per la creazione, a San Marino, di un alveo estremamente competitivo e attrattivo all’interno del contesto europeo. Chi lo sa: potrebbe essere questa la chiave di volta, il pungolo in grado di stimolare e influenzare Paesi a noi vicini. E’ un argomento da affrontare senza visioni ideologiche e preconcette, mettendo da parte i tabù. Un po’ sul modello del Delaware, che grazie ad un sistema fiscale e giudiziario particolare e fortemente agevolato è stato in grado di attrarre numerose imprese commerciali. Tutto questo non significa affatto accantonare il tema della trasparenza, che anzi resta centrale e imprescindibile. Nel segno della trasparenza, San Marino ha però il potenziale per potersi proporre con un nuovo modello, virtuoso e competitivo, andando ad intercettare aziende serie che desiderano rapportarsi con il nostro Paese ma anche dialogare con gli altri Stati dell’Unione europea. Tutto ciò naturalmente richiede un grandissimo sforzo e un cambio di passo: una San Marino più snella, agile, veloce e reattiva, che non vuole rimanere ferma al palo ma essere protagonista dello sviluppo. Ce lo chiedono i nostri giovani, ce lo chiedono le nostre imprese, e ce lo chiede il resto del mondo. Consapevoli che non possiamo vivere solamente di pubblica amministrazione ma abbiamo bisogno di un nuovo e più ampio respiro.