San Marino. Bugli: “Serve un ragionamento sul futuro del Consiglio Grande e Generale”

San Marino. Bugli: “Serve un ragionamento sul futuro del Consiglio Grande e Generale”

Un appello per una riorganizzazione del Consiglio Grande e Generale e per ripensare la figura del consigliere. E’ quello che arriva dal consigliere del PDCS, Lorenzo Bugli.

“Registro con piacere la buona riuscita della conferenza politica dal titolo programmatico Ridisegnando San Marino. Promossa dal mio partito, il PDCS, ha ottenuto notevoli risultati di partecipazione e coinvolgimento tra forze politiche, associazioni di categoria, sindacati e associazioni datoriali. Essi confermano la bontà della strada intrapresa in questi anni dalle diverse componenti della Democrazia Cristiana, con grande propulsione dei suoi giovani e di coloro che hanno deciso di porre al centro dell’agenda politica il tema dell’Accordo di associazione. Non a caso il negoziato è stato definito epocale per la nostra Repubblica e come ha ribadito il Presidente Mattarella «richiederà scelte lucide e coraggiose».” scrive Bugli nella premessa.

Prosegue il consigliere: “Queste scelte per essere tali hanno bisogno di un importante ragionamento sul futuro del prossimo Consiglio Grande e Generale. In effetti, il Congresso di Stato è solo una delle espressioni dello Stato e la Dichiarazione dei diritti dei cittadini e dei principi fondamentali dell’ordinamento sammarinese sancisce che «la sovranità della Repubblica risiede nel popolo, che la esercita nelle forme statuarie della democrazia rappresentativa». Sancisce anche che «al Consiglio Grande e Generale, composto di sessanta membri, spetta il potere legislativo, la determinazione dell’indirizzo politico e l’esercizio delle funzioni di controllo»; chiarisce inoltre che il Governo «è politicamente responsabile davanti al Consiglio al quale rende conto, sia collegialmente che individualmente, in base a legge costituzionale»; dichiara infine che «l’iniziativa legislativa spetta a ciascun Consigliere». La qualità del nostro Parlamento è quindi fondamentale per la qualità della nostra democrazia.
La domanda da porsi di fronte al cambiamento epocale determinato dall’Accordo europeo è: quale tipo di Parlamento desideriamo per la San Marino di domani che sarà «nota agli altri» e integrata in Europa? Il nostro Parlamento, nella sua attuale organizzazione, è adatto ad affrontare le grandi e difficili sfide imminenti? Questo è il quesito che ci riguarda, col quale dobbiamo misurarci per impostare una riflessione sulla quale mi piacerebbe ritrovare, ancora una volta, la disponibilità al confronto di tutte le forze politiche e sociali sammarinesi. La Dichiarazione parla di «autonomia e competenza» del Consiglio ma come si inverano concretamente questi concetti? Io rispondo col motto di Luigi Einaudi: «Prima conoscere, poi discutere, poi deliberare». Sono tutte cose da fare e tutte con pari valore”.

“Di fronte ad una società che cambia – prosegue Bugli – la politica non può permettersi immobilismo, superficialità o peggio. Pensare alla qualità della democrazia significa pensare alla qualità e all’efficienza del nostro Consiglio Grande e Generale che ora, nel rapporto con le istituzioni europee, diventa ancora più importante e – mi sia permesso – ancora più «grande». Sia chiaro che nessuno pone in discussione l’importanza storica delle nostre venerabili istituzioni. Al contrario, l’intento è valorizzarle e salvaguardarle cosicché inducano la politica a rispondere con serietà, lucidità e coraggio a un modo rinnovato di esercitare la propria funzione primaria ma talvolta smarrita: dare qualità alla nostra democrazia nello Stato di diritto.
La nostra società è profondamente mutata e ancor più muterà in Europa. Sono mutate esigenze, tempi e modi di risposta delle imprese, delle famiglie, delle parti sociali. Cittadini e lavoratori chiedono riscontri rapidi, efficienti ed efficaci di fronte a mutazioni repentine e materie estremamente complesse. Purtroppo, spiace constatarlo, a volte il nostro Consiglio Grande e Generale non è in grado di fornire tale riscontro. Altre volte, le sue logiche sembrano di difficile comprensione per la cittadinanza e inadeguate al compito istituzionale che va ricoperto con ossequio allo Stato di diritto e alle sue regole – comprese quelle che il Consiglio stesso si dà per esercitare le proprie funzioni.
Nel necessario rapporto con le istituzioni europee occorre un Consiglio dinamico, rigoroso e di qualità. Deve essere in grado di convogliare tutte le competenze di cui la nostra Repubblica può fregiarsi, comprese quelle rimaste spesso ai margini della vita politica: questo è l’obiettivo a cui lavorare insieme. Occorre dunque un impegno comune – anzitutto dei Partiti, nerbo della democrazia rappresentativa – per valorizzare la figura del Consigliere, sostenendo riforme che permettano l’elaborazione del suo ruolo anche in chiave europea. Se la scelta dei rappresentanti rimane in capo a cittadini e cittadine, occorre però che i nostri Consiglieri siano messi nelle condizioni di studiare, approfondire, documentarsi come accade in tutta Europa, evitando l’impasse che spesso ostacola e scoraggia l’accesso al Consiglio di molte persone capaci ma senza le risorse necessarie, a partire dal tempo. Il tempo di un Consigliere si divide difatti in tre: tempo di vita, di lavoro e tempo per le istituzioni rappresentative. Costretto a dividersi in tre, il Consigliere non può impiegare tutte le proprie energie e competenze nell’incarico ricevuto dalla cittadinanza. Occorre quindi sostenere maggiormente questo sforzo in cambio di maggiore qualità della nostra democrazia”.

Aggiunge Bugli: “L’Accordo di associazione è un’opportunità preziosa, ma richiede un cambio di passo per non vanificarlo. È un cammino che, a mio parere, deve partire dal centro della vita democratica, ossia il Parlamento. Sarebbe difatti un errore compromettente affrontare un cambiamento epocale con un Consiglio debole e introverso. Esso dovrà confrontarsi con un quadro europeo che, come ogni cosa, presenta possibilità ma anche difficoltà. In questo quadro sarà necessario creare un rapporto istituzionale col Parlamento europeo e i suoi rappresentanti, per affermare gli interessi e i valori della Repubblica nel processo d’integrazione europea e trarne tutti i benefici possibili. È per essere all’altezza di questo compito e tutti gli altri che ci toccano che occorre «prima conoscere, poi discutere, poi deliberare» con qualità e capacità. Diamo dunque gambe alla politica per farla camminare con passo sicuro e incalzante, prudente ma coraggioso, per conquistare nuove vette politiche sul Titano e in Europa. In fondo, a ben vedere, il Titano è da sempre una vetta europea. Noi dobbiamo esserne all’altezza”.

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