La distruzione della Repubblica di San Marino cui si va assistendo è, notoriamente, un’autodistruzione.
La vicenda Sepa lo ha fatto emergere in tutta chiarezza.
San Marino è escluso da quel sistema dei pagamenti, contrariamente ad altri microstati europei, con gravissimo pregiudizio per la sua economia. In primis del sistema finanziario.
Ciò è avvenuto per la insipienza con cui il 26 novembre 2009 si è firmato l’accordo di collaborazione finanziaria con l’Italia.
Invano nell’occasione si è lanciato l’allarme. Chi ha lanciato l’allarme fu messo a tacere col risolino con cui si reagisce all’osservazione di un imbecille.
Perché? Perché, auri sacra fames, con l’apporto dei vertici di Banca Centrale, fu fatto credere che di lì a quindici giorni i 72 soggetti finanziari sammarinesi avrebbero aperto i banchetti nelle piazze d’Italia (anzi, qualcuno dall’opposizione, suggerì, d’Europa).
Quanto avvenuto il 26 novembre 2009 si è ripetuto -per analoghe prospettive di guadagno immediato?-, si è ripetuto, il 27
marzo 2012 a Bruxelles.
In sostanza San Marino ha delegato a rappresentarlo in ambito internazionale, in una materia così delicata, il Paese di cui è enclave. Cosa che non ha fatto nemmeno Monaco verso la Francia pur essendo noto a tutti come il Principato sia Francia-dipendente in ambito finanziario.