San Marino. Cosa non si deve dire? Antonio Fabbri

San Marino. Cosa non si deve dire? Antonio Fabbri

L’Informazione di San Marino, cosa non si deve dire?

ANTONIO FABBRI – “L’informazione”, intesa come giornale e intesa pure in senso lato, irrita i padroni del vapore autoproclamatisi in pectore. Non è chiaro che cosa non debba essere scritto o detto secondo Rete e i retini, ma pure secondo altri che restano allibiti dall’ovvio.

Non si deve sapere che dei candidati sono rinviati a giudizio?

Non si deve sapere che il leader di Rete, magari potenziale futuro segretario di Stato, ha precedenti penali per rissa e lesioni personali?

Non si deve dire che due dei candidati rinviati a giudizio lo sono perché si sono presentati nel Cda di Carisp in corso e tra le parole più gentili che hanno rivolto ai membri c’erano “siete dei coglioni e avete rotto il cazzo”?

Non si deve dire che pure a mente fredda il Ciavatta, consigliere di Rete, ha inneggiato al manganello scrivendo: “…forse gli idioti non capiscono che dopo la mancanza di dialogo con noi c’è solo il confronto con il manganello. Andate a fanculo tutti, il buonismo è la premessa del lassismo che conduce al fascismo!”? 

Non si deve dire che i suoi sostenitori per questo – richiamando vagamente alla mente fasti nefasti – lo hanno definito un “vero uomo”?

Non si deve sapere che, giusto sei mesi fa, lo stesso leader era solito usare – adesso prevale l’etichetta della cravatta – nelle sedi istituzionali violenza verbale apostrofando gli avversari politici con parole del tipo “stronzo… vaffanculo… pezzo di merda”, peraltro davanti alla Reggenza?

Non si deve e non si può commentare che tra la rissa, le lesioni personali, il blitz in Cassa, gli insulti agli avversari politici o ai giornali che non gradisce, il trait d’union appare evidente?

Non si deve sapere che Ciavatta e Tonnini hanno testimoniato a favore di Gabriele Gatti riversando opinioni politiche e illazioni in atti giudiziari?

Non si deve dire che a sostenere Rete o, meglio, l’asse Rete-Dc ci sono Gabriele Gatti, Stefano Ercolani, i “mazziniani”?

Non si deve dire che Rete ha piazzato sul sito di Marco Severini il suo banner pubblicitario?

Non si deve dire che fino a qualche mese fa diceva di non avere cambiato linea e quindi invitava a boicottare chi facesse pubblicità su quel sito? Quindi pure se stessa?

Non si deve dire che esponenti di Rete – ma anche di Dc, Mdsi, Ps, Psd – hanno fatto affermazioni non vere ai quattro venti, in televisione e nelle serate pubbliche, sostenendo che i verbali della Commissione affari di Giustizia fossero segreti e segretati, falsità che ancora viene propalata?

Non si deve dire che per quella falsità – visto che quelle carte sono state pubblicate legittimamente, dato che non erano segrete proprio per niente – per gli esposti di zelanti insipienti, il giornale ha subito perquisizioni e procedimenti penali?

Che cos’è che non si deve dire? Perché nel merito di quello che abbiamo scritto, tutte cose vere e provate, Rete, i retini, i sostenitori, gli adepti i simpatizzanti, gli smemorati e gli adoratori, mica hanno mai replicato.

Si limitano a screditare, diffondendo ancora congetture, insinuazioni, teoremi, affermazioni non vere e non provate da niente.

Il tutto per arrivare a geniali affermazioni di questo tenore: “Sarà molto bello scrivere una seria legge sull’informazione, che premi la qualità e l’oggettività di quanto divulgato a mezzo stampa”.

Beh, detto da un candidato di Rete la cui lista fa pubblicità, interviste, promozione su un sito che opera al di fuori della legge vigente in materia, denota una certa superficialità sul tema, nonostante l’ostentata saccenza. Per poi arrivare al culmine con ciò che minaccia in maniera esplicita un sostenitore di Rete, avendo evidentemente appreso bene la lezione di bon ton dal leader: “Non c’è modo di tappare la bocca a certi imbecilli?”

Stia sereno, che non c’è modo. 

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