San Marino. Credito Sammarinese, Lucio Amati contro Vendemini

San Marino. Credito Sammarinese, Lucio Amati contro Vendemini

L’Informazione di San Marino

Caso Credito Sammarinese, Lucio Amati rilascia dichiarazioni e accusa Vendemini

Antonio Fabbri 

Nel processo sul filone sammarinese cosiddetto caso “Decollo Money” si è giunti alla fase conclusiva con l’audizione degli imputati che vogliano rendere dichiarazioni spontanee o sottoporsi alle domande. Dopo la chiamata di due testimoni convocati, ma che non si sono presentati, ieri il giudice Gilberto Felici ha proceduto con l’audizione degli imputati. Si è iniziato da Lucio Amati, ex Presidente del Credito Sammarinese. Una lunga esposizione di circa due ore, con la quale ha reso la sua versione dei fatti e ha tratto le sue conclusioni, accusando diversi dei coimputati. Primo fra tutti l’ex Direttore del Cs, Valter Vendemini. Il caso è quello che vede i vertici del Credito Sammarinese, banca oggi in liquidazione, imputati per il riciclaggio di 1,3milioni di euro di Vincenzo Barbieri, ‘ndranghetista implicato nel traffico internazionale di stupefacenti, finito morto ammazzato nel marzo 2011 a San Calogero, in Calabria. Quei denari, prelevati a Bologna dal direttore generale dell’Istituto, Valter Vendemini, finirono su un conto nel Cs e diedero origine al procedimento italiano e, parallelamente, a quello sammarinese.

La deposizione di Lucio Amati Ieri, dunque, Lucio Amati ha ricostruito quanto accaduto in una lunga dichiarazione spontanea che egli stesso ha diviso in capitoli. E’ lucida la ricostruzione di Amati che parte dall’inquadrare il periodo. Periodo che l’ex Presidente ha definito “di attacco da parte dell’Italia e di criminalizzazione della società sammarinese. Gli avvisi di garanzia fioccavano e anche a livello mediatico, come testimoniano i servizi della trasmissione Report, l’attacco era in coso”. Poi molte situazioni, ha detto Amati citando alcuni casi specifici, si sono concluse giudizialmente con una assoluzione. 

Il primo capitolo di cui parla Lucio Amati è relativo all’intero sistema bancario che andava “inesorabilmente verso la sua fine”. Quindi ricostruisce: “Il Credito Sammarinese soffriva, ma no era la banca messa peggio. Aveva una sofferenza di 8,7 milioni di euro, metà del suo capitale. Nello stesso periodo l’ispettore di Bcsm, Stefano Caringi, dichiarava a Forlì che Banca Partner aveva perdite per 29 milioni di patrimonio. Cassa di Risparmio aveva impieghi per 2 miliardi in Delta, al di fuori della realtà sammarinese. In quei tempi Bsm aveva investito nel gruppo Bacciocchi più dell’intero capitale sociale della banca stessa. A noi mancavano solo quegli 8,7 milioni. Due le soluzioni: ricapitalizzazione o vendita. Di certo occorreva rimpinguare la raccolta. In quel periodo vi era stata manifestazione interesse da una finanziaria sammarinese della famiglia Reggini. Tagliaferro, all’epoca di Bsm, era l’advisor per l’acquisto. Oso pensare che le risultanze dell’ispezione che c’era stata in Cs fossero note, e, se nel giugno 2010 Reggini aveva intenzione di rilevare la banca, ritengo che fondamentalmente era sana e appetibile. Non era vero, dunque, che fosse mal gestita e in gravissima difficoltà. In quel periodo in molti approfittavano dello scudo fiscale e, nel luglio 2010 i fondi Iss non erano proporzionalmente distribuiti, ma il 94%, 285 milioni su 303, andavano a Carisp, Bsm e Cis. Nulla al Cs”.

L’incontro con i calabresi Lucio Amati prosegue le sue dichiarazioni raccontando come i calabresi gli furono presentati dal suo collaboratore, Luigi Simari, commerciale della banca. L’incontro avvenne durante una cena a Chianciano dove Amati conobbe Domenico Macrì e Barbara Gabba. “Stabilimmo un fisso per un anno: 4000 euro al mese per 12 mesi per la donna, e 2000 euro mese per Macrì”. I due dovevano proporre la banca negli ambienti dell’alta borghesia che frequentavano. “Il progetto non ebbe successo – dice Amati – La maggior responsabilità la attribuisco a Vendemini, che era probabilmente venuto a sapere che il Cs era stato condannato a morte. Di seguito arrivarono le dimissioni Pier Natalino Mularoni, allora presidente. ‘Il mio compito è finito’, mi disse. Il secondo motivo di insuccesso dell’iniziativa è che Vendemini smise di fatto di occuparsi del Credito sammarinese e iniziò ad occuparsi di temi finanziari anche border line, con cambi euro-dollaro, si interessò di commodities, riso, zucchero e olio di palma, demolizioni, brokeraggio nell’abito del petrolio, materiale ferroso e ferrovie… Aveva scavalcato me anche nella trattativa per l’ingresso di soci nel capitale della banca, dirottando l’interesse verso un’altra banca, la Banca del Titano, tradendo l’istituto di cui era direttore generale”. Poi ha aggiunto: “A Vendemini non interessavano gli interessi della banca, ma i suoi” e cita una intercettazione telefonica nella quale due dei coimputati, Lubiana e Macrì, sottolineano proprio questo particolare. “Queste cose le ho apprese durante i domiciliari, quando ho ascoltato oltre 16mila telefonate”, ha detto Lucio Amati.

Dall’apertura del conto all’inchiesta dell’Antimafia Lucio Amati ha quindi ricostruito i passaggi che hanno portato

prima all’apertura del conto fino all’indagine e, poi, agli arresti. “Il 28 dicembre del 2010 io non c’ero, infatti nessuno dei soggetti interessati dall’apertura di quel conto – Vendemini, Sapignoli, Santolini e Biordi – mi cita nelle proprie dichiarazioni. Quel conto venne aperto contro il regolamento che si era dato la banca – ha detto Amati – Era necessario l’assenso del Comitato di direzione e la firma di almeno due membri, ma il pertinente documento non è stato compilato. Non venne fatta né l’adeguata verifica, né l’adeguata verifica rafforzata”.

Amati, in sostanza, afferma che iniziò a prendere contezza degli adempimenti legati a quel conto corrente nella settimana in cui, dopo le festività, riprese tutta l’operatività bancaria, il 10 gennaio 2011. In questa settimana si riunì il Comitato Esecutivo della banca e il Cda che però, dice Amati, vennero tratti in inganno dall’istruzione della pratica. “Al mio rientro – dice Amati – venni avvicinato, seppure in circostanze differenti, da Biordi e Zoffoli. Tutti e due mi dissero che la banca aveva aperto un conto a persona con pregiudizievoli. Fino a quel momento non era successo niente di improprio nella banca. Vendemini e Sapignoli mi rassicurano che l’apertura del conto era corretta per le nostre leggi. In più era emerso che il soggetto aveva numerosi conti aperti in Italia, in diversi istituti tra cui Monte dei Paschi. Avevamo sempre detto che questo era uno degli indicatori da tenere presente per le verifiche sui correntisti. Con il
senno  di poi, dopo l’esperienza che ho vissuto, forse si trattava di un pensiero erroneo, perché ci accorgemmo che i controlli italiani spesso non erano affidabili”. In particolare Amati addita Vendemini e Zoffoli, responsabile dell’ufficio fidi. “Zoffoli seguì le indicazioni di Vendemini, penso perché dovesse continuare a lavorare a San Marino, dato che in Italia non godeva di buona fama essendo stato cacciato dalla banca in cui lavorava. Così per Vendemini fu gioco facile fargli preparare una pratica che il Comitato esecutivo e il Cda non potevano non approvare. Mille Cda su Mille avrebbero approvato quella pratica. Abbiamo dato il via libera alla concessione di un fido da 1,2 milioni, garantito da un deposito di 1,3milioni, senza alcun rischio per la banca, a favore di Vincenzo Barbieri, albergatore in Bologna. Senza alcuna pregiudizievole, come risultava dalla pratica… e non a Vincenzo Barbieri ‘ndranghetista”.

Il 20 gennaio successivo, però, una email interna di Zoffoli intimava perentoriamente e immediatamente, ripetendo più volte in maiuscolo e in grassetto sottolineato la parola “oggi”, di dare corso a quanto deliberato. “Stranamente quella mail non fu inviata a me – dice Amati – Giunta sul tavolo dell’ufficio legale della banca, però, l’avvocato Piccinini chiese la collaborazione dell’avvocato Alessandra Pesaresi. Quest’ultima mi avvisò subito e mi consigliò di non procedere con quella pratica. Così feci e nel Cda del 20 gennaio la sospesi. Poi il 27 gennaio si seppe a San Marino che il giorno prima era stato arrestato Vincenzo Barbieri. Quindi – dichiara Amati – fu per mia iniziativa che venne sospesa quella pratica. Tanto che i giorni seguenti l’avvocato Pesaresi venne minacciata da Vendemini, come riferito dal testimone Rossi, e stessa cosa Vendemini fece con me, definendomi in una telefonata con un suo collega di brokeraggio nel settore degli idrocarburi, delinquente e bandito”.

Cui prodest Lucio Amati termina le sue dichiarazioni indicando a chi abbia giovato tutto questo e addita, ancora una volta, Vendemini. “Emerge da diverse intercettazioni e interrogatori come questa operazione andò a vantaggio di Vendemini”, dice Amati, che cita delle dichiarazioni contenute negli atti rese ai Pm italiani. Dichiarazioni di chi “dice che era salito a San Marino per ottenere indietro i soldi versati e riferisce di aver parlato con Vendemini ‘Sapete che cosa mi ha detto? Che non è possibile prelevarli ed ha aggiunto: io so come fare per farli uscire, ma voglio il 10%”. Sempre il testimone, riporta Amati, afferma di aver detto “di non prestarsi a questo ricatto. Nessuno ti può dire che non te li danno, ma io sarei disposto pure a dargli il 10% purché me li dia”.

Amati riporta altre dichiarazioni nelle quali si afferma che, anche quando Vendemini si era recato a Bologna a prelevare il denaro da Barbieri, aveva preteso il 10% che gli sarebbe stato dato a parte. “Ho chiesto perché – riferisce sempre Amati citando dichiarazioni in atti – ‘Perché nessuno fa niente per niente”’, sarebbe stata la risposta di Barbieri. “Credo di poter dire – ha aggiunto Amati – che Vendemini è persona molto venale. 130mila euro è il potenziale 10% sulla somma in entrata e 120 mila euro sulla somma in uscita. E l’indole di Vendemini emerge da un’altra intercettazione nella quale spiega la sua filosofia: ‘Le cose si fanno se sono bordo line”. Parla sempre di provvigioni. Ormai la sua attività era di brokeraggio, altro che nell’interesse della banca”. “Cui prodest”, a questo punto è abbastanza chiaro”, ha concluso Amati parlando quindi di Vendemini come persona con “indole al guadagno personale con operazioni al limite”. Plausibile che, quando nei prossimi giorni toccherà all’ex direttore di Credito sammarinese, questi dirà la sua.

L’unica altra dichiarazione spontanea di ieri è stata letta dall’avvocato Gian Luca Micheloni, per conto della propria assistita, Barbara Gabba, che ha sostanzialmente confermato la ricostruzione dei fatti, per quanto relativo al proprio rapporto con il Cs, fatta da Amati.

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