San Marino, Dc. Cosa succede all’interno? Pier Roberto De Biagi, Nq Rimini San Marino

San Marino, Dc. Cosa succede all’interno? Pier Roberto De Biagi, Nq Rimini San Marino

Pier Roberto De Biagi su Nq Rimini San Marino (www.nqnews.it):  L’analisi – Se la classe dirigente è spaesata / Ma cosa succede oggi in casa Dc?

SAN MARINO – Pare esserci un macrocosmo che per oltre mezzo secolo ha pervaso un intero Paese, la sue strutture politiche, economiche e sociali e che oggi, ridotto al fantasma di se stesso, è terrorizzato da una sua dissoluzione più che eventuale. A sondare gli stati d’animo, manifesti o inespressi, della multiforme ancorché svigorita galassia democristiana sammarinese si direbbe di sì. E ad agitare l’immaginario dei pochi politici accorti a cui quel partito può pur sempre affidarsi sono soprattutto l’egemonia al tramonto, l’impoverimento sistematico (quante diserzioni dal ’93 in poi?), il trasferimento di “sovranità” (e di potere) dal fu Partito- Stato ad Alleanza Popolare, compagno di viaggio spesso intransigente e incontenibile, che si è impadronita della golden share sull’amministrazione pubblica e sulle sue ramificazioni clientelari, sui corpi di polizia, sulle più alte istituzioni finanziarie e su banche che contano, spingendosi – si dice – ancor più giù, fino a lambire i Tavolucci. Il resto, per il PDCS, quando non è smarrimento sconfina nei riti levantini della partitocrazia, nelle tattiche, e genera parole in libertà e demagogia allo stato puro, nel segno di un indistinto rinnovamento che più d’uno si sente di personificare. Per cui ha un bel dire il giovane e intermittente Teodoro Lonfernini che “i partiti politici […] devono mostrarsi con programmi convincenti e sostenibili, ma soprattutto con uomini e donne che non riproducano un sistema finito”, quando dall’altra parte le star di quel “sistema finito” seguitano ad essere un tutt’uno con l’immagine pubblica del partito, dividono e prevaricano, rivendicando ruoli e privilegi. Che benignamente si concedono. Salvo qualche tardivo veto esterno! A tutto questo non è estranea, lì come altrove, la mancanza di una classe dirigente alternativa, credibile e presentabile, benché in tanti – troppi! – si esercitino ad accreditarsi come tale. Cosicché nel PDCS “il nuovo” che rivendica il suo Presidente si configura, alla fin fine, in quelle poche centinaia di irriducibili vegliardi che non disertano, più per abitudine che per altro, le liturgie dei tesseramenti o degli incontri nelle sezioni; sta dentro il “maso chiuso” – per dirla con Ernesto Galli della Loggia – di Comunione e Liberazione, che sembra far politica con l’autoreferenzialità come missione; trapela dietro l’insofferenza per chi i fatti li racconta, mentre chi ne è protagonista, non sempre incolpevole, diventa tout court la vittima di una supposta spettacolarizzazione o, peggio, di un’aggressione mediatica. E te pareva! Tutte anime candide in un partito che però l’anima originaria sembra averla dispersa.

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