Rischio di decisioni giudiziarie non gradite revisionate dalla politica
Antonio Fabbri
Al di là della propaganda della segreteria alla Giustizia, su un ritrovato idillio in Tribunale, passato per l’epurazione di una decina di giudici – cosa che evidentemente il nuovo dirigente Giovanni Canzio non ha intenzione di rivangare essendo arrivato successivamente alla deflagrazione – l’aver spostato questioni giudiziarie sul piano politico ha generato e rischia di generare più di una anomalia, soprattutto rimettendo in discussione questioni che la giustizia ordinaria ha già deciso.
Per chiarire: sembra stia passando il principio secondo il quale se la giustizia, con ordinanza, decreto o sentenza, decide qualcosa che all’interessato non piace, questo può sempre rivolgersi alla politica, meglio se nelle grazie della maggioranza di turno.
Decisioni giudiziarie revisionate dalla politica Un caso emblematico di decisioni già prese in sede giudiziaria e revisionate dalla politica, si intreccia con l’azione di sindacato al commissario Buriani. Tra i quattro motivi di censura rimasti nei suoi confronti ce n’é uno che la maggioranza politica delle Commissione Affari di Giustizia ha ritenuto di contestare sulla scorta dell’esposto di Stefano Ercolani, difeso dall’avvocato Gian Nicola Berti, tra l’altro membro della attuale maggioranza. La questione riguarda la legittimità dell’indagine in pool, nel caso specifico relativa a un processo per amministrazione infedele di Asset Banca a carico dell’ex presidente, ma più in generale la questione può riguardare tutte le indagini fatte in pool.
Questa contestazione, tramite una eccezione preliminare, era già stata sollevata nel processo ordinario davanti al giudice Battaglino, che con ordinanza l’aveva rigettata, citando tra l’altro norme, giurisprudenza consolidata, disposizioni del Magistrato dirigente, relazioni dello stesso.
Questa decisione, che evidentemente non era condivisa all’imputato e al suo legale, ha visto prima la ricusazione del Commissario Battaglino e poi la riproposizione della stessa contestazione nella sede politica della Commissione affari di giustizia. I Commissari di maggioranza l’hanno ritenuta fondata e travasata nelle censure per il sindacato contro il commissario Buriani. Tale modo di procedere, tuttavia, rischia di interferire con più di un processo.
Quella contestazione – contro una modalità di indagine che è legittima per la giurisprudenza consolidata della Repubblica, la prassi, la ratio della legge così come approvata e persino per la relazione che ne accompagnò l’approvazione – è finita nella decisione sulla ammissibilità dell’azione di sindacato del giudice Giovanni Cordini, con queste parole: “Dagli atti si evince la “prassi” secondo la quale il Magistrato Dirigente consentiva la costituzione di gruppi di coordinamento tra più magistrati e gli stessi operavano anche in assenza di atti formali di assegnazione del fascicolo processuale dato che di questi si dava conto successivamente nella sola relazione annuale sullo stato della giustizia. L’atto di assegnazione del singolo caso non compariva nel fascicolo processuale. Da questa procedura sembra possa conseguire un’alterazione del principio del “giudice naturale previsto per legge”.
Tale questione del giudice naturale precostituito per legge è tornata in questi mesi più di una volta in sede politica.
La pervicacia politica nel mettere in discussione il pool investigativo Se per un difensore e un imputato appare comprensibile eccepire l’illegittimità di azioni giudiziarie anche laddove queste siano legittime, i dubbi sorgono quando è la politica ad agire interferendo di fatto su indagini già svolte e revisionando decisioni già consolidate nella sede giudiziaria. Che la legittimità delle indagini in pool sia messa in discussione con una certa pervicacia dalla politica lo testimoniano, oltre alle contestazioni della Commissione affari di giustizia, persino le audizioni nella Commissione di inchiesta su BancaCis. Risulta infatti difficile capire che cosa c’entri, nell’indagine sulle responsabilità politiche legate alla questione Cis, formulare con una certa insistenza una serie di domande, da parte di diversi commissari, sulla legittimità, appunto, delle indagini in pool. Sostenendo che essendo a San Marino il giudice monocratico, il pool investigativo sarebbe contrario al principio del giudice naturale.
E’ accaduto, ad esempio, nell’audizione del Giudice Gilberto Felici, oggi alla Corte europea dei diritti dell’Uomo. In quella audizione sono diverse le domande di alcuni Commissari sulle indagini in pool. Chiare, però, sono le risposte del giudice Felici che, leggi alla mano, spiega la legittimità delle stesse indagini coordinate in pool e la non violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge. Tra l’altro viene richiamata anche la relazione a quel progetto di legge, parte integrante del provvedimento, redatta dall’allora Consigliere Gian Nicola Berti.
Andando a recuperare quel documento ecco che cosa, a pagina 4, scriveva il relatore della legge 100 del 2013: “L’esigenza della Magistratura inquirente sammarinese è quella di consentire ai Magistrati assegnatari dei singoli procedimenti di coordinarsi tra loro, nell’esecuzione delle indagini, nell’approfondimento delle ipotesi investigative e, soprattutto, nello scambio delle informazioni raccolte. Questo intervento, senza violare la segretezza delle indagini ed i principi di garanzia del giudice naturale, realizza quello che in altri ordinamenti viene definito: pool investigativo”
I rischi per la giustizia Il fatto che, a volte in maniera superficiale, vengano messe in discussione le indagini in pool, fa correre alla giustizia sammarinese dei seri rischi di un colossale colpo di spugna su un decennio di procedimenti che, tra l’altro, hanno fatto uscire San Marino dalla procedura rafforzata, dando effettività alla lotta al riciclaggio. Il problema, infatti, è che questa eccezione che viene ridiscussa, per impulso politico della maggioranza della Commissione affari di giustizia, quando era già stata valutata e rigettata in sede di giustizia ordinaria, mette in pericolo praticamente tutte le indagini in pool, a partire dal processo conto Mazzini, dove la questione del coordinamento investigativo è stata più di una volta sollevata da diverse difese.
Magari non accadrà e di certo ci sarà molto da discutere, ma decine di condanne passate in giudicato, confische, indagini, potrebbero divenire suscettibili di essere spazzate via perché decisioni politiche hanno travalicato le proprie competenze interferendo col potere giudiziario