San Marino. Dopo la sentenza Mazzini guai tra Italia e Libia per Bruscoli

San Marino. Dopo la sentenza Mazzini guai tra Italia e Libia per Bruscoli

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Dopo la sentenza Mazzini guai tra Italia e Libia per Bruscoli

Operazione “Misurata” della Gdf di Pesaro che ha portato a per 2,3milioni

Il caso vede una contestata truffa ai danni di una società libica, bancarotta e reati fiscali con una parte dei denari dirottati a San Marino

Antonio Fabbri

Giovedì scorso la lettura della sentenza di primo grado sulla Tangentopoli sammarinese-contoMazzini, nella quale la condanna più pesante, a 9 anni e mezzo, è stata comminata a Gian Luca Bruscoli nei confronti del quale il giudice ha anche disposto la confisca fino a 175.083.489,73.

Per l’imprenditore pesarese, ritenuto dall’accusa amminitratore di fatto della finanziaria FinProject, nuovi guai arrivano da indagini italiane che conducono anche sul Monte. Le accuse mosse dall’autorità italiana parlano di truffa, bancarotta e soldi dalla Libia dirottati sul Titano da Bruscoli, proprio attraverso una finanziaria. Venerdì scorso la Guardia di Finanza di Pesaro ha infatti portato a termine le indagini relative all’operazione “Misurata”, nel settore dei reati fallimentari, dei reati contro il patrimonio e tributari. 

“Le complesse indagini, sviluppate sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Pesaro ed eseguite dal Nucleo di Polizia Tributaria di Pesaro, sono iniziate nel corso del 2014 da una denuncia querela a firma del legale rappresentante di una società con sede a Misurata (Libia) operante nel settore petrolifero, che segnalava la condotta truffaldina di due soggetti residenti in Pesaro e Vallefoglia (PU), titolari di una società pesarese, la Tecnobrum S.r.l., che aveva rapporti di fornitura commerciale con la società querelante”.

Tra l’altro anche nelle carte del conto Mazzini compare una società, questa volta sammarinese, denominata Tecnobrum Enginiering srl, facente capo proprio a Gian Luca Bruscoli. L’inchiesta italiana prende le mosse, appunto, dalla denuncia di una società libica. Denuncia mossa dal fatto che due imprenditori pesaresi, Giuseppe (80) e Roberto Bruscoli (48), nel periodo dal 2009 al 2011, tramite la loro società Tecnobrum. S.r.l., “avrebbero simulato una fornitura di materiale per la costruzione di una centrale di depurazione acque nella città di Misurata, del valore di circa 9 milioni di euro, inviando in loco prodotti di scarto in sostituzione del materiale indicato nei vari contratti stipulati con la società libica”, ricostruisce la Gdf.

“Nel febbraio del 2014 la stessa società pesarese, che nel frattempo aveva cambiato amministratore nominando un cittadino di origine di 55 anni, è stata dichiarata fallita su istanza della stessa società libica. L’attività investigativa svolta dalla Guardia di Finanza di Pesaro permetteva di accertare che la condotta truffaldina in danno della società libica era stata attuata anche mediante la falsificazione dei certificati di ispezione rilasciati da una società tedesca, ignara della contraffazione, necessari ad attestare la bontà del materiale inviato”.

Le Fiamme Gialle hanno anche accertato che “parte dei pagamenti provenienti dalla Libia erano stati dirottati verso conti sammarinesi gestiti da un terzo membro della famiglia pesarese, Gian Luca Bruscoli, di anni 52 che nella Repubblica di San Marino operava attraverso una società finanziaria. Inoltre, con la dichiarazione di fallimento, erano stati occultati alla curatela i libri e le scritture contabili della società, che sono stati ricercati nel corso di diverse perquisizioni locali e personali eseguite dalle Fiamme Gialle pesaresi presso la società fallita e presso le abitazioni dei soggetti indagati”.

Le indagini hanno così portato alla denuncia delle 4 persone citate “per i reati di truffa aggravata, bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale. Inoltre veniva accertata l’omessa dichiarazione dei ricavi per oltre 6 milioni di euro per l’anno 2012 da parte della Tecnobrum. S.r.l. e l’omesso versamento delle relative imposte dovute”, specifica la Gdf. Per queste condotte, riscostruite in due fasi, il Giudice per le Indagini preliminari di Pesaro ha concesso prima un decreto di sequestro preventivo sino all’ammontare dell’imposta evasa pari ad euro 1.630.939 che ha portato al sequestro di un immobile nella Valle del Foglia, due autovetture, disponibilità finanziarie rinvenute nei conti correnti e quote societarie di sei società, tutti beni riconducibili ai Bruscoli e al cittadino senegalese.

“Nel corso dell’esecuzione delle attività di sequestro preventivo, grazie anche alla meticolosità degli accertamenti patrimoniali svolti a carico dei soggetti coinvolti – prosegue la Gdf – emergeva che il citato senegalese complessivamente rivestiva ed aveva rivestito 16 cariche formali in 10 diverse società, ovvero risultava proprietario al 100% di alcune di esse. Nonostante questa apparente floridità finanziaria, lo stesso viveva in condizioni disagiate, nell’entroterra pesarese, in una appartamento condiviso con numerosi familiari e connazionali. In particolare, grazie alle indagini della Guardia di Finanza emergeva la recente acquisizione da parte del cittadino senegalese del 100% delle quote di una società immobiliare, la Valore Immobiliare S.r.l., con sede in Pesaro, nella quale rivestiva anche il ruolo di liquidatore. Gli approfondimenti investigativi portavano ad individuare che tale società nel 2015 aveva effettuato un’importante operazione di cessione di un terreno sito nel Comune di Pesaro – frazione di Villa Ceccolini, al prezzo di oltre 4 milioni di euro ad un fondo immobiliare di Roma omettendo la dichiarazione dei ricavi con il conseguente mancato versamento all’Erario di imposte dovute per oltre un milione e mezzo di euro”.

Le indagini hanno così consentito di individuare e segnalare alla Procura della Repubblica tutti i responsabili delle condotte illecite e di individuare tutti i soggetti coinvolti nonostante le schermature attuate attraverso prestanome.

Il Giudice per le indagini preliminari, sulla base delle evidenze investigative, ha emesso quindi un ulteriore e distinto provvedimento di sequestro preventivo per equivalente nei confronti dei rappresentanti e soci della citata Valore Immobiliare Srl. Il Tribunale del Riesame ha confermato il sequestro dei beni per un ammontare complessivo di euro 754.750. “Le indagini sono tuttora in corso al fine di individuare ulteriori specifiche responsabilità”, fa sapere la Guardia di Finanza. 

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