San Marino. “Il destino della fine imminente scuoterà le nostre coscienze?”

San Marino. “Il destino della fine imminente scuoterà le nostre coscienze?”

Riceviamo e pubblichiamo

Milan Kundera, ci ricorda Giulio Meotti, parla della situazione drammatica in cui si trovano le piccole nazioni dell’Europa centrale. E tutti noi possiamo pensare che si tratti di una realtà lontana, diversa dalla nostra. Noi non siamo la Bulgaria la cui popolazione è diminuita di oltre l’11 per cento in dieci anni e che pare destinata a scomparire nel giro di pochi anni.

“Un francese, un russo, un inglese non sono abituati a fare domande sulla sopravvivenza della propria nazione. I loro inni parlano di grandezza ed eternità. L’Europa centrale come patria di piccole nazioni ha una sua visione del mondo basata su una profonda sfiducia nella storia. La storia, questa dea di Hegel e Marx, che è la Storia dei vincitori. Tuttavia, i popoli dell’Europa centrale non sono vittoriosi. Ecco perché in questa regione di piccole nazioni che ‘non sono ancora morte’, la vulnerabilità dell’Europa, di tutta l’Europa, è visibile più chiaramente e prima che altrove. In questo senso, il destino dell’Europa centrale appare come l’anticipazione del destino europeo in generale e la sua cultura assume un’enorme rilevanza”.

Ma siamo proprio sicuri che, a partire da quest’anno, se la legge che consente l’aborto, a quelle condizioni rese possibili dall’esito del Referendum, verrà approvata, il trend negativo delle nascite rispetto alle morti potrà cambiare direzione?

O non è forse giunto il momento di ripensare al bene della nostra Repubblica, visto che, come ha ricordato Sergio Barducci nell’incontro organizzato dall’UDS per commentare le prospettive e gli scenari prossimi venturi, a proposito di demografia e dei cosiddetti diritti civili, molti di coloro che hanno votato a favore dell’introduzione dell’aborto non erano pienamente consapevoli di ciò di cui si trattava?

E questo grazie forse anche a un servizio pubblico che, oltre la facciata, non ha contribuito a fare chiarezza e a comprendere le ragioni soprattutto di coloro che si battevano per difendere il diritto e il valore di ogni vita umana, dal suo inizio fino al suo termine naturale?

Se compito della comunicazione è anche quello di dare voce a chi non ha voce, mi pare che una cappa di silenzio e di censura si sia calata su questo tema così drammatico per la vita di un popolo che voglia restare libero e aperto alla vita.

Se poi non vogliamo dare pure spazio a coloro che, oltre alla vita dei concepiti, desiderano porre termine alla vita di coloro che, per età o stato precario di salute, chiedono di avere accesso alla eutanasia, la morte per mano altrui, fatta passare per atto di compassione.

E qui allora ci scuotono le parole di quel contemporaneo romanziere francese, Michel Houellebecq, che, parlando della eutanasia, così si esprime: «Ecco, dovrò essere molto esplicito: quando un paese – una società, una civiltà – arriva a legalizzare l’eutanasia, perde ai miei occhi ogni diritto al rispetto. Diventa quindi non solo legittimo, ma desiderabile distruggerlo; in modo che qualcos’altro – un altro paese, un’altra società, un’altra civiltà – abbia la possibilità di accadere».

Che Dio non voglia che questo accada. Che il nostro santo fondatore e patrono interceda perché rinasca tra noi il rispetto della vita, di ogni vita, mettendo in atto tutto ciò che può preservarla e difenderla. Del resto, le risorse, morali e ritengo anche economiche, non ci mancano.

 

Gabriele Mangiarotti

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