San Marino. Il killer di Brescia aveva nascosto oltre 2milioni sul Titano

San Marino. Il killer di Brescia aveva nascosto oltre 2milioni sul Titano

L’Informazione di San Marino 

Doppio omicidio e suicidio a Brescia, sconcerto anche sul Titano 

Il killer Cosimo Balsamo aveva nascosto oltre 2milioni sul Titano finiti confiscati perché riconosciuti di provenienza illecita

Doppio omicidio e poi suicidio nel bresciano. Il killer è Cosimo Balsamo, 62 anni tra una settimana. Ha destato molto sconcerto anche fra i sammarinesi apprendere che il killer di Brescia è nome noto al sistema giudiziario sammarinese, per una somma ragguardevole, 2.150.000 euro, depositata presso la Banca Commerciale Sammarinese poi sequestrata. Il conto era stato aperto a nome della figlia Valentina Balsamo, 28 anni, ma erano delegati ad operarvi sia Cosimo che, in seguito, Angela Balsamo, l’altra figlia, 29 anni.

Il caso sul Titano A San Marino infatti si è parlato molto dell’uomo, proprio per i soldi che aveva depositati sul Titano. 2.150.000 euro, sottoposti a confisca, in seguito al processo per riciclaggio a carico delle figlie. Le due ragazze furono condannate in prima istanza e assolte in appello per difetto dell’elemento psicologico del reato, il dolo, ma il giudice confermò la confisca del denaro riconoscendone la provenienza da reato riconducibile all’attività illecita del padre. Confisca confermata anche dopo il ricorso davanti al Giudice per i rimedi straordinari, con i denari che sono stati dunque incamerati dallo Stato. Secondo l’avvocato che seguì sul Titano la vicenda delle sorelle Balsamo, il duplice omicidio non avrebbe legami con il caso sammarinese. Vero è che quei soldi sono stati ritenuti frutto dell’attività illecita di Cosimo Balsamo per la quale l’uomo venne condannato nel 2009 in Italia a 7 anni e 4 mesi di reclusione per associazione a delinquere, furto e ricettazione. Pena finita di scontare nel dicembre scorso. Mercoledì mattina, l’episodio del duplice omicidio.

Come arrivò il denaro a San Marino “Il denaro era stato depositato in contanti da Valentina per la somma di 500mila euro, da Cosimo, per 1,5milioni e da Angela per 150mila euro. La somma era stata poi in parte investita in titoli. Per complessivi 302mila euro era andata in obbligazioni Bcs, in titoli Depfa BK e France Oat. Altra parte del denaro era stata ripetutamente prelevata in contanti, per 458.950 euro e in parte trasferita tramite bonifico, per 40.528 euro. Trasferimenti di denaro che per l’accusa configurano reati commessi fino al 9 giugno 2011, data dell’ultimo acquisto di titoli. Poi l’attività dei Balsamo fu bloccata dall’intervento dell’Agenzia di informazione finanziaria”. (L’informazione di San Marino, 21 luglio 2014).

Perché San Marino è finito impelagato in questioni di questo genere? “Le motivazioni con le quali spesso viene giustificato il deposito di contante, sono le operazioni immobiliari oltre confine. Il problema è che, senza approfondire, la banca che accettava il versamento milionario di contante, si accontentava della dichiarazione di provenienza da operazione immobiliare, senza verificare se l’immobile potesse essere stato acquistato con denaro sporco. Tanto più che la accettazione del contante, anche dopo il 2008 (anno di entrata in vigore di più stringenti normative antiriciclaggio), avveniva con una naturalezza disarmante. Così hanno lasciato allibiti, nell’ambito del processo Balsamo, le dichiarazione di Paolo Droghini, interrogato in aula come teste e all’epoca funzionario della Bcs dove sono stati movimentati i soldi di Balsamo. “Nel 99% dei casi il versamento Italia-San Marino si faceva in contanti, altrimenti si doveva dichiarare, essendo tracciabile, tramite modello Rw. Si voleva mettere al sicuro il patrimonio per i figli. Si verificava così che imprenditori italiani trasferissero capitali, intestando a moglie e figlie, per evitare la dichiarazione dei redditi e l’aggressione del proprio patrimonio”. Come dire che, nel migliore dei casi, le banche sammarinesi si rendevano complici dell’evasione fiscale italiana. Una verità che il settore bancario e finanziario, nei suoi ruoli apicali, non ha mai ammesso, salvo poi trovare chi candidamente lo dichiara in un’aula di tribunale”. (L’Informazione di San Marino, 6 gennaio 2015)

Il fatto cruento Il 9 gennaio scorso davanti al tribunale di Brescia, Cosimo Balsamo aveva inscenato una protesta sul tetto dell’ingresso del palazzo di giustizia chiedendo la restituzione dei beni confiscati e minacciando di suicidarsi. In quell’occasione è stato convinto dalle forze dell’ordine a desistere. Ma la situazione non era evidentemente risolta dato che mercoledì mattina si è presentato, imbracciando un fucile a pompa e con diverse pistole, all’azienda di Elio Pellizzari, 78 anni, uccidendolo e ferendo un’altra persona, Giampiero Alberti, coinvolta nel processo “della banda dei Tir”, così come l’altra persona uccisa, James Nolli, 60 anni, al quale Balsamo ha sparato mentre si trovava nel suo giardino, sempre nel bresciano a pochi chilometri dal primo omicidio. Scattata la caccia all’uomo in tutta la provincia bresciana, ma anche nelle province vicine. Vengono messe in sicurezza ulteriori possibili vittime come avvocati e magistrati coinvolti nella sua causa. D’altronde aveva patteggiato una condanna già nel 2011 per aver minacciato un giudice che aveva disposto la confisca di un suo immobile. L’uomo, fuggito per una cinquantina di chilometri dopo aver cambiato auto, si è fermato nel parcheggio di un centro commerciale. Qui si è tolto la vita, sparandosi un colpo alla testa. 

 

 

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