San Marino. “Le donne pagano il prezzo più alto del Covid-19”

San Marino. “Le donne pagano il prezzo più alto del Covid-19”

“UDS: le donne pagano il prezzo più alto del Covid-19”

Inizia così un comunicato stampa a firma di UDS. “Il Covid-19 ha aggravato una situazione già penalizzante per il lavoro femminile a San Marino. Le donne rappresentavano già il 67% dei disoccupati totali e ora i primi dati ufficiali parlano di una perdita di lavoro quasi esclusivamente femminile. Dei 204 occupati in meno nel settore privato rispetto ad un anno fa, il 95% è rappresentato dalle donne. La chiusura delle attività produttive si è abbattuta particolarmente sui settori del turismo e dei servizi alla persona in cui vi è una presenza lavorativa femminile maggioritaria, ma anche l’interruzione dei servizi sociali e la chiusura delle scuole si è trasformata per molte donne nella rinuncia forzata al lavoro.

I costi sociali della pandemia sono stati costi femminili e la maternità o il dovere prendersi cura di chi non è autosufficiente è stata causa di estromissione dal lavoro e rinuncia dell’indipendenza economica per tante di noi. Dietro questi numeri ci sono storie di persone costrette ad accantonare studi, esperienze lavorative, carriere, progetti per ritrovarsi totalmente ricondotte alla dimensione privata e familiare dell’accudimento di minori, disabili, anziani non autosufficienti. Ci aspettavamo che fossero soprattutto le donne a subire gli effetti economici e sociali dell’emergenza sanitaria: mediamente le donne hanno lo stipendio più basso, quello a cui le famiglie scelgono di rinunciare se non hanno alternative, ma sappiamo anche di aziende private restie a concedere il part-time ai padri anche se questi non avevano lo stipendio più rilevante.

Unione Donne Sammarinesi non può tacere davanti a questo stato di cose. Le donne, le uniche chiamate ad immolarsi per il bene di tutti, le uniche che devono rinunciare perché sono più sacrificabili, leggono questi dati come un ennesimo schiaffo ai loro diritti. Tutto tace perché per la politica di questo Paese il lavoro femminile è l’ultimo dei problemi, dopo banche, giustizia, crisi di governo e chi più ne ha più ne metta.

Mettiamoci dentro tutto, la situazione precedente, l’emergenza sanitaria, gli stereotipi di genere, la percezione diffusa che se il lavoro lo perde il capofamiglia sia peggio e pensiamo che, a dato invertito, 195 nuovi disoccupati maschi sarebbero diventati la “QUESTIONE” del Paese.
Chiediamo che l’occupazione femminile sia una priorità, perché non riguarda solo le donne, riguarda l’economia dell’intero Paese. Chiediamo che governo e parti sociali mettano in campo tutte le misure possibili per sostenerla. Non si tratta solo di agevolare le assunzioni femminili con sgravi fiscali e contributivi (misura comunque auspicabile) ma anche di rendere il part-time un diritto per ogni lavoratore o lavoratrice, di ridurre complessivamente l’orario di lavoro, di avere congedi di paternità paragonabili a quelli di maternità, di avere un equilibrio di genere nei ruoli dirigenziali, di avere una rete capillare di servizi e strutture per l’infanzia e per il sostegno delle fragilità.

In tema di maternità chiediamo che siano garantiti i diritti riproduttivi delle donne, incluse tutte le misure per sostenere la maternità per chi desidera essere madre e per questa sua scelta non debba essere continuamente penalizzata. Non è l’interruzione volontaria di gravidanza ad impedire alle donne di procreare, sono le leggi che non agevolano l’equilibrio maternità/lavoro a farlo”

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