San Marino. Legge giornalismo, Belluzzi: ‘Niente bavaglio alla stampa’. L’Informazione: ‘Legge fatta male’

San Marino. Legge giornalismo, Belluzzi: ‘Niente bavaglio alla stampa’. L’Informazione: ‘Legge fatta male’

[L’articolo de L’Informazione di San Marino del 19 marzo 2014]

[La risposta di Iro Belluzzi all’articolo de L’Informazione di San Marino]

Ed ecco la replica de L’Informazione pubblicata il 20 marzo 2014

L’Informazione di San Marino: Belluzzi: “Legge giornalismo, non si vuole mettere il bavaglio alla stampa” / Il Segretario di Stato difende la normativa e parla di possibili aggiustamenti 

(…) Intanto su queste pagine nessuno ha parlato di bavaglio alla stampa, anche perché quello c’è già e lo aveva messo Ivan Foschi. Semmai la sua colpa, se proprio ne vuole una, è di non averlo ancora tolto. Si è parlato di una legge fatta male, quello sì, che non rispetta l’esistente, i diritti acquisiti, e crea difficoltà per tutte le testate in regola da sempre con le leggi vigenti, tranne che per una. Questo è un fatto. Non è polemica. Poi, per dovere di cronaca, dobbiamo correggerla Segretario. Nessuno ha qui scritto che l’iter consiliare è stato sospeso. Ma a chiusura della scorsa seduta, il 13 marzo attorno alle 20 e 42, la Reggenza, dopo aver aperto il comma ed avere ascoltato la lettura della sua relazione ha espressamente affermato: “Il comma è sospeso”, perché si riprenderà nella prossima sessione. Questo è stato detto e questo è stato riportato. A meno che non si voglia contestare la Reggenza. Vede, è comprensibile che non avendo fatto una precisa ricognizione sullo stato della professione a San Marino ci si possa sbagliare. Il giornalismo “fai da te” non lo hanno incentivato i giornalisti e neppure le leggi vigenti che, per quanto vogliate dare ad intendere che non ci sono, esistono eccome. E’ stata la politica, suoi compagni di partito e di governo, a forzare le norme e a non rispettarle, con la complicità degli uffici che, interpretandole male, lo hanno consentito (ad esempio il caso Morganti-Severini). Adesso, senza nemmeno sapere bene qual è lo stato dell’arte, viene a metterci una pezza malfatta che penalizza chi questo lavoro lo fa da oltre vent’anni e lo ha sempre fatto seriamente. Il tutto importando attestazioni di qualifica da un altro stato e ignorando le leggi e l’esperienza normativa, professionale e occupazionale del proprio. Alla faccia della sovranità sempre invocata, a volte anche a sproposito. Poi, in chiusura, la dobbiamo correggere di nuovo. La polemica non era “fine a se stessa”, ma aveva lo scopo di ottenere una risposta che fino ad oggi non c’era stata, risposta di cui prendiamo atto soprattutto nella parte in cui si dice che l’iter consente “aggiustamenti”. Necessari. 


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