Chi le vuole ancora bene continua a chiamarla «Minu», come ai bei
tempi in cui il Mose era una Grande Opera e la tangente solo il rapporto tra gli
angoli delle paratie. Per tutti gli altri, adesso che Venezia è affondata
nemmeno fosse arrivato lo tsunami, Claudia Minutillo è la dogessa, la zarina, la
traditrice, Morticia o Mortimer per quei capelli più che neri come i suoi tubini
Chanel. «Ma io non mi riconosco affatto nel modo con cui vengo raccontata. Mi
sento bistrattata anche dai media. E non vedo l’ora di ribattere a tutte le
falsità che mi stanno cucendo addosso…», si sfoga lei con i pochi che riescono
a sfondare la barriera del suo telefonino.
Paolo Scarpa Bonazza Buora, un
tempo coordinatore di Forza Italia, poi deputato e sottosegretario, oggi solo
imprenditore – «settore agricolo», precisa perché non si sa mai – ricorda che se
l’era trovata davanti vent’anni fa con un curriculum di tutto rispetto: «Una
ragazza efficiente e determinata. Laureata e poliglotta. Si vedeva che avrebbe
fatto strada…». Da lui era passata a Giancarlo Galan detto il Doge, primo
Governatore berlusconiano del Veneto. Poi era finita a lavorare con l’assessore
Renatino Chisso detto «nove zeri» per gli appalti miliardari che movimentava.
Poi erano arrivati gli affari con Piergiorgio Baita della Mantovani pure lui
finito davanti ai giudici a collaborare e a raccontare di tutta la melma attorno
al Mose. E i primi guai giudiziari per quel giro di soldi finito a San Marino
che a questa donna sempre elegante e in tacco di ordinanza solo l’anno scorso
sono costati una condanna a 1 anno e 4 mesi di carcere più 400 mila euro da
restituire.
«Io che sono laureata in Lettere e non mi sono mai occupata di
conti…», giurava lei anche se sembra davvero difficile crederle. Perché nel
Nord Est che era la locomotiva d’Italia Claudia Minutillo era il Tgv. Non c’è
affare in cui questa segretaria non abbia messo mano. Da Adria Infrastrutture
all’editoria di Nordest Media che acquisisce ciò che resta della catena di
giornali E-polis fino agli impianti fotovoltaici. Affari puliti e pure assai
sporchi secondo quanto ha raccontato ai magistrati con millimetrica precisione.
Lei si è sempre ritagliata un ruolo nell’ombra. A pagare pensava Piergiorgio
Baita della Mantovani. Racconta la «Minu» di quelle maxi mazzette: «Oltre alla
corresponsione di danaro Baita era solito intestare ai politici società che
avrebbero poi guadagnato coi project financing». Fino all’accusa più grave
rivolta a Giancarlo Galan del quale era stata fedele segretaria prima che sua
moglie si impuntasse per levarsela di torno: «Era regolarmente
stipendiato…».
Un milione l’anno per sei anni, fino a quando Galan rimase
in carica a Palazzo Balbi. «Nefandezze contro di me…», tuona l’ex governatore
che smentisce pure l’ex segretaria quando racconta di quel milione e passa
elargito dalla Mantovani per tirare a lucido la villa con quadruplo ingresso a
Cinto Euganeo. Di quella smentita Claudia Minutillo non si preoccupa: «Quello
che ho raccontato è stato evidentemente creduto dai magistrati visto poi quello
che è successo. La tentazione di replicare subito è forte anche perché i media
stanno massacrando solo me. Io ho deciso di stare dalla parte della giustizia e
sono pronta a ripetere tutto parola per parola davanti ai magistrati». Ma lei
per ora ha altro per la testa. Lasciato il marito a Firenze, via dalla casa di
San Marino, lontana pure da Mestre, Claudia Minutillo è corsa a Jesolo ad
assistere gli anziani genitori malati: «Adesso penso ad occuparmi solo di loro».
Giancarlo Galan, che lei non avrebbe alcun problema ad incontrare per un faccia
a faccia davanti ai magistrati, può attendere.