San Marino. “Operazione Domino”, sequestri per 525 mln. Antonio Fabbri

San Marino. “Operazione Domino”, sequestri per 525 mln. Antonio Fabbri

L’informazione di San Marino

Dissesti, il controllo della banca sul Monte, distrazione di fondi e finanziamenti dalla banca sammarinese

Operazione Domino“, cadono tessere anche sul Titano. Sequestri per 525 mln

Antonio Fabbri

Si chiama “operazione Domino” e alcune tessere importanti cascano, proprio come nell’effetto domino, anche sul Titano, confermando come in questa vicenda San Marino abbia fatto da terra franca per il passaggio di denaro e anche da “mucca da mungere” per i finanziamenti dei soggetti che ruotavano attorno a Banca Tercas.

L’ultimo atto di questa articolata e imponente indagine, che ha portato complessivamente al se- questro di beni per 525 milioni di euro, è quello di ieri del Nucleo Speciale Polizia Valutaria di Roma, che ha eseguito sequestri di 44 immobili e terreni, partecipazioni societarie e somme di denaro nei confronti di tre persone fisiche tra le quali il noto imprenditore pometino Raffaele Di Mario, ex Presidente dell’Asd Pomezia calcio e proprietario del locale polo alberghiero “Hotel Selene”. 

Sequestri legati a reati di bancarotta fraudolenta aggravata dal requisito della transnazionalità in relazione a due società con sede a Roma, dichiarate fallite nel 2017. Il provvedimento, emesso dal Gip del Tribunale di Roma, riguarda il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di beni rientranti nella disponibilità degli indagati, principali responsabili del dissesto finanziario delle due  aziende, fino alla concorrenza di euro 3.760.000, a fronte di un passivo fallimentare quantificato in circa 8 milioni di euro. Le recenti attività svolte dalla Procura della Repubblica di Roma sono solo l’epilogo del ben più consistente filone di indagini che ha riguardato il crac della banca teramana Tercas e le plurime bancarotte fraudolente aggravate del Gruppo Dimafin dello stesso Di Mario. Nell’ambito delle pregresse operazioni, che hanno condotto ai processi – ora in corso di celebrazione – nei confronti dei vertici dell’istituto di credito e dello stesso imprenditore pometino, era stato rilevato come il sodalizio tra Di Mario ed il direttore generale di Tercas, Antonio Di Matteo, aveva consentito al primo di accedere indebitamente a sostanziose iniezioni di credito per finanziare le proprie iniziative immobiliari ed  al secondo di esercitare il controllo della banca sammarinese Smib anche attraverso la partecipazione detenuta, tra gli altri, dallo stesso Di Mario. Nella prima fase dell’indagine, infatti, era stato dimostrato come, nel 2007, la banca Tercas avesse acquisito la Smib occultando l’operazione alla Banca d’Italia: l’istituto sammarinese sarebbe stato successivamente utilizzato per erogare ulteriore credito a Di Mario e come terminale per la distrazione di somme rinvenienti dai fallimenti delle sue aziende.

L’effetto dell’illecito legame era stato il dissesto della banca teramana e la distrazione di circa 170 milioni di euro dalle numerose aziende, poi tutte fallite, del gruppo Dimafin. Per tali condotte, come si ricorderà, sia il Di Mario che il Di Matteo erano stati – sia pur in tempi diversi – tratti in arresto. Inoltre, erano stati sottoposti a sequestro, prima per il dissesto della Banca Tercas e successivamente per le numerose bancarotte imputate al  Di Mario, un totale di 522 milioni di euro circa. Il fallimento, ora, di due nuove aziende del gruppo Di Mario, ha rivelato l’esistenza di un vero e proprio “effetto domino” causato dalle molteplici condotte fraudolente, realizzate nel tempo, dal noto costruttore.

“Il Di Mario – spiega la Gdf – già fortemente esposto col sistema bancario nazionale per centinaia di milioni di euro e gravato da un passivo fallimentare di oltre 250 milioni di euro, al fine di sottrarre iniziative immobiliari di pregio dalle pretese creditorie ed incassarne “in nero” le caparre da parte dei promissari acquirenti, ovvero accedere a nuova finanza presso la banca sammarinese Smib, aveva costituito, con la compiacenza di un altro ex dirigente di Banca Tercas e di prestanomi, due società “veicolo” che, una volta adempiuti gli scopi illeciti, erano state poi progressivamente depauperate di tutte le attività di cui disponevano fino alle dichiarazioni di fallimento. Alle operazioni fraudolente hanno concorso due commercialisti con studi professionali in Roma e Città di Castello (PG) – uno dei quali rivestiva altresì la qualifica di consigliere presso la Smib dove erano radicati i rapporti finanziari delle due società fallite, risultati strumentali alle operazioni di distrazione di ingenti somme di denaro.

I professionisti, occultando le scritture contabili delle società veicolo, hanno reso più difficile la ricostruzione dei flussi finanziari dall’Italia verso San Marino e viceversa”. Gli approfondimenti bancari eseguiti dai finanzieri del Nucleo Valutario, anche mediante l’analisi di segnalazioni antiriciclaggio, ha consentito di individuare la distrazione di circa 3,2 milioni di euro a favore di una società sammarinese di fatto riconducibile all’imprenditore Di Mario, nonché la distrazione di 560 mila euro dai conti correnti aperti in San Marino da una delle società fallite: somme ricevute a titolo di caparre confirmatorie o pagamenti affitti di appartamenti siti nella capitale. “E’ stato altresì dimostrato che un finanziamento di oltre 2 milioni di euro erogato dalla richiamata banca sammarinese Smib, all’epoca dei fatti gestita proprio da Antonio Di Matteo unitamente ad altri soggetti sodali risultati affidati dalla banca teramana, ha consentito al costruttore di perseguire i suoi intenti illeciti mediante la costituzione di una delle due “scatole vuote” utilizzate per schermare trasferimenti di somme dalle società in decozione del gruppo Dimafin a favore di conti correnti personali del bancarottiere.

Le recenti indagini, che vedono il coinvolgimento di sette persone fisiche, hanno portato al sequestro di ville, appartamenti, terreni ubicati nelle province di Roma, Isernia, Perugia, nonché partecipazioni in società gerenti impianti sportivi e somme di denaro rinvenute sui conti correnti intestati a 3 degli indagati, fa sapere la Gdf. 

 

 

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