“Coraggio o incoscienza?”.
Questo è il dilemma che si è posto Repubblica futura in seguito al progetto di legge, presentato dai partiti di maggioranza, che istituisce i certificati di compensazione fiscale.
Il provvedimento in questione, spiega in una nota il partito di opposizione, “prevede che i datori di lavoro possano scegliere di pagare i propri dipendenti e collaboratori non più solo con la volgare pecunia, bensì con questo nuovo strumento da utilizzare per acquistare beni e servizi (solo) in Repubblica: fino al 30% dello stipendio, sopra i 1.000 euro, potrà quindi essere erogato in ‘Titani’”.
Rf, tra le altre cose, “evidenzia come le posizioni di forza delle parti in relazione (datori di lavoro contro lavoratori, clienti contro fornitori, ecc.) potrebbero costringere i più deboli a soccombere: le aziende, infatti, potrebbero accettare i Ccfs, pur di lavorare con qualcuno che ne possiede, sapendo di poterli poi ‘sbolognare’ attraverso il pagamento degli stipendi ai dipendenti, che potrebbero essere messi in condizioni di ‘dover’ accettare; sulle spalle di questi ultimi si potrebbero scaricare i costi di questa ingegnosa operazione con il rischio che vengano messe in pericolo tranquillità e sicurezza sociale (magari perché pochi esercenti vi aderiranno e quindi sarà difficile spenderli)”.
Lo Stato, che “ha già un deficit di 40 milioni di euro strutturali, destinato a crescere per il crollo delle entrate post-Covid e che sta per contrarre un debito che dovrebbe puntare a ripagare (e non ad ampliare), fa una operazione che di sicuro aumenterà il deficit; perde qualunque possibilità di programmare le entrate dello Stato e di tenere sotto controllo la liquidità”.
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