San Marino. Riciclaggio dal Congo, due condanne e una assoluzione e confisca per 83milioni di euro

San Marino. Riciclaggio dal Congo, due condanne e una assoluzione e confisca per 83milioni di euro

Articolo modificato

L’informazione di San Marino

I soldi ritenuti, frutto della corruzione nello stato africano, provenivano da un ente pubblico congolese per poi finire, attraverso società off-shore, anche in beni di lusso per milioni, tra scarpe di coccodrillo e abiti di alta sartoria, destinati all’entourage e al parentado del presidente Nguesso

Riciclaggio dal Congo, due condanne e una assoluzione e confisca per 83milioni di euro

Antonio Fabbri

Soldi da un ente del Congo Bra­zaville, la Delegation General des Grand Travaux. In sostanza, un ente pubblico congolese. Da questo ente, milioni e milioni di euro arrivavano su conti, gestiti dal brocker francese Phlippe Maurice Chironi per prende­re poi la destinazione di una miriade di società con sede nei pesi off-shore, dalle Seichelles alle Mauritius solo per citarne alcuni. In buona parte questi denari, lungi dal finire investiti per grandi opere pubbliche in Congo, sono stati destinati, nell’ordine di diversi milioni, per l’acquisto di mocassini di coccodrillo, orologi di lusso, auto di grossa cilindrata. E poi ancora bottiglie di champagne per diverse migliaia di euro, oltre ad abiti di alta sartoria francese per circa 2 milioni. Un milione speso in hotel di lusso, investimenti immobiliari
a Parigi e negli Emirati Arabi e in Congo, fino alle curiose spese presso una lavanderia di Parigi per circa 340mila euro.

La requisitoria del Pf Il procuratore del Fisco Gior­gia Ugolini ha ricostruito in maniera lineare e puntuale la genesi delle indagini e i flussi di denaro. “Il procedimento trae avvio dalla segnalazione di Aif del 2011. Chironi, amministrato­re o procuratore di varie società di comodo in paradisi off-shore. era delegato a operare su 36 conti correnti presso Bcs, mo­vimentando un flusso di denaro consistente”. La mole movi­mentata tra il 2006 e il 2012 è stata imponente, pari a circa 70 milioni, cifra poi in sentenza ritoccata al rialzo, dato che a conti fatti, considerando gli ineressi, il giudice Battaglino ha disposto la confisca fino a 83 milioni di euro. Le movimenta­zioni terminarono con il blocco dei conti da parte dell’autorità giudiziaria.

“L’operatività bancaria di Chironi non è stata mai supportata da motivazioni coerenti ed ha avuto come intestatari o beneficiari effettivi soggetti facenti parte dell’entourage o in qualche modo riconducibili al presidente del Congo, Nguesso”. Ricostruite dal Pf anche le caratteristiche dello stato del Congo, del quale Denis Sassou Nguesso è presidente dal ’79 e conta una trentina di figli e parenti, cui, secondo l’accusa, sono riconducibili le miriadi di società off-shore dove finivano i soldi transati dalla Bcs e, in un secondo momento, anche dalla Bfc.

Il Pf Ugolini ha anche rilevato come una delle maggiori fonti di ricchezza del Congo sia il petrolio, ma nonostante questo circa la metà della popolazione viva con meno di 1,40 dollari al giorno. In questo contesto richiamato anche il recente e discusso accordo fatto da Eni con il Congo.

Tra le tante transazioni ricostruite una particolare fu quella mossa dalla Diamond, società che avrebbe dovuto occuparsi della costruzione di unità abitative in Congo. Per questo, tramite mandato fiduciario in Bfc chiese l’accensione di un finanziamento a Banca Commerciale sammarinese per 7 milioni di euro, garantiti da denari che la stessa Diamond  aveva versato. Di qui l’accusa che si sia trattato di una operazione di sostituzione di denaro di provenienza illecita, con la retrocessione, poi, all’entourage del Presidente del Congo. Insomma, movimentazioni imponenti, che hanno motivato
la richiesta da parte del procuratore del fisco, di 8 anni di prigionia per Chironi, 5 anni per Bertozzi e l’assoluzione per insufficienza di prove per … .

Le difese Ha iniziato nella mattinata l’avvocato di …, Gian Nicola Berti, che, vista la richiesta di assoluzione del Pf, era il legale con il compito più facile. Breve, dunque, la sua arringa, nella
quale ha sostanzialmente affermato: “… non doveva finire qui dentro. Non c’è indizio che giustificasse il suo rinvio a giudizio. Chiediamo assoluzione con formula piena”.

Più corposa l’arringa dell’avvocato di Stefano Bertozzi, Alessandro Petrillo, che ha di fatto occupato tutta la restante parte della mattinata. “Nutro un certo sconcerto, perché mi turba e mi lascia
perplesso il semplicismo con cui Procura fiscale ha ricostruito i fatti. Bertozzi è imputato come responsabile commerciale di Bcs nonché esecutore delle operazioni, ma si tratta di operazioni che gli venivano indicate, tanto che i documenti recano tutti non solo la sua firma, ma anche quella dei vertici della banca. Bertozzi, che era stato incaricato di trattare con questo cliente essendo l’unico che conosceva il francese, si sarebbe dovuto ergere a paladino della giustizia e, se andava bene, subire sanzioni disciplinari e se andava male addirittura al licenziamento? Io non credo”.

Poi l’avvocato Petrillo ha fatto leva sull’elemento psicologico del reato. “Nessuno crede che Bertozzi si possa essere rappresentato la provenienza illecita di quei denari che venivano da un ente pubblico, se non le illazioni del Procuratore del fisco”. Inevitabile, poi, il riferimento alla sentenza del giudice delle appellazioni David Brunelli. “Ha scritto in una recente sentenza: ‘L’agire nel dubbio irrisolto non è sempre un agire illecito e non esprime sempre una scelta di campo a favore del crimine, dunque non può essere sempre paragonabile all’agire doloso’. Bellissimo!” Ha detto estasiato
Petrillo, che ha quindi chiesto l’assoluzione del suo assistito. Stessa cosa, anche richiamando la sentenza Brunelli come il Vangelo, ha fatto il condifensore Pier Luigi Bacciocchi. D’altra parte a citare le sacre scritture era stato proprio l’avvocato Petrillo dicendo “Preparo la strada per colui che viene dopo di me”, ha misticamente detto introducendo proprio l’avvocato Bacciocchi.

La reazione del Pf L’accusa alla procura fiscale, da parte dell’avvocato Petrillo, di “ fare illazioni” non è piaciuta però al Pf Roberto Cesarini, che prima della chiusura della sessione mattutina ha voluto
precisare: “Non è accettabile che si accusi la Procura fiscale di dire falsità. Cito allora l’affogliato in cui l’Aif rileva che una segnalazione all’Agenzia di informazione finanziaria venne bloccata da Bertozzi. Ecco uno dei dati su cui si basano le richieste della Procura fiscale. Andatelo a vedere”, ha replicato il Pf.

L’ultima arringa Se già l’arringa dell’avvocato Petrillo era stata corposa, nel pomeriggio è stata la volta di quella interminabile dell’avvocato Campagna. Aveva preannunciato che avrebbe parlato
cinque ore, e così all’incirca è stato.

L’avvocato Campagna ha esaminato, movimento per movimento, tutte le transazioni, in certi casi parlando di duplicazioni sanzionatorie e in altre di conteggi errati in eccesso sugli importi.

Non deve aver fatto presa nel giudice, però, dato che il calcolo del decidente, interessi compresi, ha portato ad una confisca per equivalente per 83 milioni. “Sul reato presupposto voglio rigettare perentoriamente qualsiasi supposizione che possa essere stata fatta”, ha detto Campagna, giustificando le transazioni anomale con il fatto che le fatture delle auto blindate ci sono e pure quelle degli arredi delle sedi istituzionali presidenziali.

“E’ una panzana il fatto che noi distribuivamo i denari a persone politicamente esposte”, ha poi aggiunto, sostenendo che occorre valutare “come funziona in Congo. Se al presidente del Congo sta bene accettare anche impegni sulla parola, cosa ne sappiamo noi?”, ha detto l’avvocato Campagna. Poi ha ricostruito che il fatto di utilizzare società off-shore doveva servire da filtro per poter mandare a buon fine i pagamenti, gli acquisti e gli investimenti del Congo che, venendo da anni di guerra civile, “ha con numerosi soggetti debiti miliardari. E questa modalità serve per gli
approvvigionamenti necessari evitando che i creditori possano aggredire i fondi una volta usciti dal Congo”. Anche Campagna ha fatto valere il difetto dell’elemento del dolo ed ha chiesto a sua volta l’assoluzione.

La sentenza Dopo un’ora e un quarto di camera di Consiglio il giudice Roberto Battaglino è uscito con il verdetto. Come richiesto dal Procuratore del fisco ha assolto …, perché non
consta abbastanza del reato. Condannati invece Phlippe Maurice Chironi a 6 anni e 4 mesi di prigionia; 3 anni di interdizione dai pubblici uffici e diritti politici, 5000 euro di molta. Stefano Bertozzi è stato invece condannato a 4 anni e 2 mesi di prigionia, un anno e mezzo di interdizione, e multa di mille euro.

Condanna anche alla confisca delle somme sequestrate, circa 20 milioni, oltre alla confisca per equivalente che, calcolati gli interessi, dovrà arrivare fino alla concorrenza di 83 milioni di euro.

Le difese hanno già annunciato appello.

 

Articolo modificato il 18 giugno 2018  a seguito di provvedimento di “Il garante per la tutela della riservatezza dei dati personali”  della Repubblica di San Marino, prof. Lanfranco Ferroni, datato 7 giugno 2018,  Prot.n. 128/2017 GAR.

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