San Marino. Tremonti intervistato da Rtv: “Troppe infiltrazioni mafiose…”

San Marino. Tremonti intervistato da Rtv: “Troppe infiltrazioni mafiose…”

L’Informazione di San Marino

Altri particolari che fanno riflettere dall’intervista rilasciata dall’ex ministro Tremonti a Rtv 

“Troppe infiltrazioni mafiose… e c’è chi voleva conservare quel sistema”

Antonio Fabbri

Ha posto l’attenzione anche sulle infiltrazioni mafiose, l’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti, nell’intervista rilasciata la settimana scorsa a Rtv. Nell’evidenziare le “furbate” e le “prese in giro” di un sistema che non voleva cambiare ha aggiunto: “E, poi, devo dire troppe infiltrazioni. Ovviamente, viene da dire. Se ci fosse stato un criterio più rigido, più moderno, avreste evitato le infiltrazioni, e invece sono venute proprio perché c’era gente che voleva conservare quel sistema”.

Frase che non ha trovato tutti d’accordo, come, d’altra parte, molto contestata a San Marino è la figura dell’ex ministro dell’economia italiano. Tuttavia una certa volontà di conservare quel sistema, o di ritornarci, non pare del tutto tramontata.

Dunque la considerazione sulle infiltrazioni malavitose, allo Stesso tempo, deve fare riflettere. Non ha ancora trovato risposte, e non è noto se se ne sia interessata la Commissione antimafia sammarinese, la questione posta dall’interpellanza formulata da tre membri della stessa commissione, che a giugno scorso chiedevano di fare luce su presunti rapporti tra un professionista sammarinese e Matteo Messina Denaro, il pericoloso latitante di Cosa Nostra. Vicenda della quale, sempre stando all’interpellanza, si sarebbero interessate la Direzione investigativa antimafia e l’Interpol. 

Dalla Sicilia Tra gli episodi degni di nota e sui quali non può calare il silenzio, c’è poi quello richiamato nell’ultima relazione semestrale della Dia. Una vicenda trattata su queste pagine già tre anni fa, quando scattarono i primi sequestri che hanno interessato anche una società sammarinese, società legata all’imprenditore siciliano nel mirino della Dia. Poi giusto un anno fa, a ottobre del 2016, la confisca per lo stesso caso. La vicenda è quella dell’imprenditore ritenuto funzionale, seppure non affiliato, a Cosa Nostra, Calcedonio di Giovanni.

Di Giovanni viene descritto dagli investigatori come “imprenditore spregiudicato” entrato in affari anche con mafiosi di Castelvetrano, come Filippo Guttadauro, cognato di Matteo Messina Denaro, e in contatto con Pino Mandalari, il commercialista di Totò Riina. “L’esistenza di collegamenti fra mafia, massoneria e affari trasuda da tutti gli atti di questo procedimento”, sostengono gli investigatori che si sono occupati delle attività di confisca del patrimonio dell’imprenditore.

Ebbene a San Marino Di Giovanni era titolare di fatto della Compagnia Immobiliare del Titano, società che per la sua costituzione e per l’intestazione di decine di immobili ubicati nel trapanese, ha necessariamente intrecciato la sua attività con quella di professionisti. Anche in questo caso, però, al di là delle indagini giudiziarie che seguono la loro strada, non è noto se siano stati fatti approfondimenti sul Titano sul piano politico. Molte informazioni sono note come, appunto, il nome della società sammarinese, nata nel 2006 e poi giunta di fatto in mano a Di Giovanni che l’ha utilizzata come “contenitore” trasferendo, tramite decine di rogiti, gli immobili che prima erano intestati a società italiane a lui riconducibili. Operazioni che iniziarono in seguito a un patteggiamento con il tentativo del Di Giovanni di sottrarre il suo patrimonio alle misure di prevenzione, sequestro e confisca di cui parla la relazione della Dia.

La società sammarinese è poi protagonista anche della costituzione della società inglese Titano real estate limited, che si occupa di gestione di villaggi turistici con domicilio fiscale italiano nel villaggio Kartibubbo. L’amministratore della società inglese era un mazarese che aumentò il capitale sociale originariamente di soli 100 euro a 11 milioni di euro. Così la recente relazione della Dia parla di “confisca dei beni riconducibili ad un imprenditore palermitano – il di Giovanni, appunto, ndr. – (operante nei settori dell’edilizia, turistico-alberghiero, della fabbricazione di protesi dentarie, saponi detersivi e detergenti) eseguita anche nei territori di San Marino e del Regno Unito”.

Dalla Lombardia Di recente sono stati richiamati almeno tre casi che, dopo la maxi-operazione anti ‘ndrangheta in Lombardia, segnano un collegamento tra la criminalità infiltrata in Brianza e il Titano. Si tratta delle operazioni Blackhawks, Pollicino, Tibet, quest’ultima intrecciatasi anche con le vicende “Conto Mazzini”, considerato che è stata verificata, tramite i mandati fiduciari di Finproject, una sorta di osmosi tra i denari dei cinesi sui famigerati mandati maiale, cinghiale e muflone e e le movimentazioni di uno degli indagati che, attraverso la finanziaria, trovava approvvigionamento facile per la banca clandestina della ‘ndrangheta in Brianza.

Dalla Campania Di recente è stato rinviato a giudizio con l’accusa di riciclaggio, a San Marino, Michele Santonastaso. Il processo è ancora da fissare, ma secondo l’accusa Santonastaso da vecchia data è organico alle attività della Camorra e i soldi che sul Titano ha movimentato anche attraverso una società sammarinese, “Le Printemps srl”, venivano proprio dall’attività della criminalità organizzata. Santonastaso era il legale dei boss Antonio Iovine (oggi pentito) e Francesco Bidognetti. Durante il processo Spartacus minacciò i giornalisti Roberto Saviano, Rosaria Capacchione e i magistrati Federico Cafiero de Raho e Raffaele Cantone. Anche sulla presenza e attività dell’avvocato dei boss a San Marino, non è noto se si sia aperta una riflessione politica nelle sedi competenti, come la Commissione antimafia, o anche negli ordini professionali.

Certo è che quando l’ex ministro Tremonti afferma: “E, poi, devo dire troppe infiltrazioni” e aggiunge “sarebbe interessante se qualcuno facesse anche un mea culpa”, tutti i torti non li ha. 

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