Sanzio Castelli: A proposito di prepensionamenti forzati

Sanzio Castelli: A proposito di prepensionamenti forzati

Ho davanti a me la raccomandata che mi chiede, oggi 7 gennaio, di presentarmi all’Ufficio Personale dell’ISS entro e non oltre il 9 gennaio per sottoscrivere con bollo da 10 Euro la richiesta di prepensionamento: certo era nell’aria da qualche giorno la notizia ufficiosa, ma ora si è materializzata.

Valuto che la mia certezza lavorativa, fondata sulla Legge del 2005, andava a dicembre di questo 2014, così come i miei programmi di vita e di lavoro basati su una giornata piena e su uno stipendio pieno per altri 11 mesi, così come gli impegni assicurativi professionali già assunti ed i versamenti previdenziali volontari già vincolati, e così come tutti i progetti e gli obiettivi annuali prefissati in campo lavorativo: il pensionamento è un evento inevitabile ma poiché previsto ciascuno lo edulcora e se lo organizza, lo elabora psicologicamente e lo struttura praticamente.

Così invece equivale ad un licenziamento in tronco e senza giusta-causa, e credo sia comprensibile a tutti che non è affatto piacevole subirlo.

Ma, tralasciando gli aspetti personali, ho forte la sensazione che il Paese non abbia colto la gravità e le implicazioni di quanto si è verificato nel periodo natalizio, con la messa in atto del prepensionamento forzato di alcune decine di dipendenti della P.A..

Sotto la pressione di una grave crisi finanziaria è stato misconosciuto e infranto il patto sociale che sta alla base di ogni contratto di lavoro: la durata del rapporto, le modalità di svolgimento della funzione assegnata, i diritti e doveri ed anche le procedure e i percorsi per ogni eventuale revisione contrattuale costituivano un punto fisso, cementato dagli esempi nazionali ed internazionali di tutto questo periodo postbellico e, con un po’ di retorica, venivano a sostituire la stretta di mano che sanciva tra i nostri nonni la stipula di un contratto.

Nell’Aula Consiliare invece anche i rappresentanti della opposizione non mi sono sembrati sufficientemente convinti e motivati, quasi che la pletora di personale assunto nella P.A. fosse percepita in fondo come una calamità naturale dalla quale in qualche modo bisogna pur difendersi.

Si è così sottoscritto per Legge la possibilità di effettuare “una tantum” (?) una vera e propria “decimazione” tra i pubblici dipendenti, che pone tutti i soggetti interessati dal provvedimento in condizione di riprogrammarsi il futuro pensionamento con pochi giorni di anticipo.

Della discussione notturna riguardante gli articoli della Legge ho memorizzato come significativo un intervento (ma di certo me ne sono sfuggiti altri di rilevanti), quello di un Consigliere che ha richiamato l’aula a dimostrare almeno la coerenza di rinviare questo taglio acritico, per avere modo di valutare il reale fabbisogno di personale presentato dai vari Dipartimenti.

Ma in questo frangente il silenzio che voglio sottolineare è quello, colpevole, delle organizzazioni sindacali: artefici e guardiani dei contratti di lavoro? rappresentanti dei lavoratori? garanti della salvaguardia dei diritti acquisiti in forza di un contratto sottoscritto dalle parti? forza sociale indispensabile alla concertazione democratica nei momenti soprattutto di crisi nel mondo del lavoro?

Una procedura così innovativa e drastica non andava forse contrattata, sottoposta ai dipendenti, condivisa magari con l’inserimento dei dovuti incentivi, comunque illustrata capillarmente almeno al fine di evidenziare quali sono gli eventuali risvolti di pubblico interesse tali da prevaricare il diritto privato?

Ciascuno avrà la propria risposta e, ritengo, gli atteggiamenti conseguenti.

Da parte mia, ai lavoratori coinvolti da questo provvedimento, l’augurio empatico di riuscire a trovarci degli aspetti positivi, agli altri, specie ai giovani che entreranno nel mondo del lavoro, di poterne ricavare gli spunti necessari per fare in modo che non si possa mai più ripetere.

 

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