Scudo fiscale, protezione ridotta, Alessandro Felicioni e Debora Alberici. Italia Oggi

Scudo fiscale, protezione ridotta, Alessandro Felicioni e Debora Alberici. Italia Oggi

Italia Oggi
La Corte di Cassazione interviene per la prima volta sull’operazione lanciata nel 2009

Scudo fiscale, protezione ridotta

Tutela penale: serve legame diretto reati-somme rimpatriate

Alessandro  Felicioni  e Debora Alberici

La Cassazione ridimensiona l’efficacia penale dello scudo fiscale; occorre un legame diretto tra i reati tributari commessi e le somme oggetto di rimpatrio (o regolarizzazione) per fruire dell’immunità penale; senza tale sinallagma, si resta comunque soggetti alle sanzioni penali tributarie. La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 28724 depositata in cancelleria il 19 luglio 2011, ha dichiarato infondato il ricorso di alcuni contribuenti contro l’ordinanza del Tribunale di Bergamo che disponeva il sequestro per equivalente, in vista della successiva confisca, di alcune disponibilità e beni dei soggetti indagati, tra l’altro, per reati di natura tributaria. La richiesta di dissequestro viene motivata, tra l’altro, con l’adesione del contribuente allo scudo fiscale ( quello di cui al dl n. 78 del 2009);adesione che avrebbe come diretta conseguenza l’esclusione dalla punibilità per i reati tributari contestati. Non così per la Cassazione. Intanto lo scudo fiscale non offre una generica e onnicomprensiva non punibilità della condotta per il solo fatto di aver operato un rimpatrio o una regolarizzazione di capitali (illecitamente) detenuti all’estero. Già da un punto di vista dei reati coinvolti è infatti noto che lo scudo copre solo alcuni di essi: quelli legati alla dichiarazione annuale (fraudolenta, infedele o omessa) e quelli legati all’occultamento e alla distruzione di documenti contabili. Quindi, al di là delle ulteriori considerazioni, lo scudo fiscale non può coprire reati legati agli omessi versamenti (Iva e ritenute alla fonte) o reati legati a condotte illecite diverse da quelle espressamente previste, come nel caso del reato di cui all’articolo 11 del digs n. 74 del 2000 afferente alla sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.
Ma c’è di più; la non punibilità per i reati tributari previsti non opera automaticamente in presenza del rimpatrio o della regolarizzazione previste dallo scudo fiscale. L’esonero si riferisce esclusivamente alle condotte che fanno riferimento ai capitali oggetto, prima di espatrio illegale e, dopo, di rimpatrio santo attraverso lo scudo. Occorre cioè che ci si riferisca a reati di fraudolenta, omessa o infedele dichiarazione riconducibili alle somme che si sono riportate in Italia; l’assenza di tale legame rende del tutto sterile lo scudo con la conseguenza che se, come nel caso di specie, non si riesce a dimostrare che le somme rimpatriate (o regolarizzate) sono quelle trasferite all’estero a seguito della commissione dei reati contestati, nessuna esclusione di punibilità può essere invocata. La Corte sottolinea che la misura non opera come una sorta di «immunità soggettiva» che copre cioè il soggetto a 360 gradi; la non punibilità è prevista esclusivamente come incentivo all’adesione al fine di evitare che il contribuente che aderisce allo scudo finisca per autodenunciarsi in relazione ai capitali oggetto di rimpatrio. Si legge in particolare che «la ratio di questa previsione speciale che assegna al rimpatrio dei capitali e al pagamento dell’imposta straordinaria anche l’effetto di sopravvenuta causa di non punibilità è quella di evitare che la domanda di regolarizzazione comporti anche l’emersione di una condotta di trasferimento all’estero di capitali per spontanea dichiarazione del suo autore; ciò che potrebbe costituire una remora all’utilizzo della regolarizzazione stessa che il legislatore ha inteso invece promuovere». Cioè a dire che la non punibilità fa esclusivo riferimento al fatto che non compilando il quadro RW all’epoca del trasferimento all’estero dei capitali (ed eventualmente negli anni successivi relativamente alla detenzione all’estero di attività) si è prodotta una dichiarazione infedele (o anche fraudolenta o, addirittura, omessa) e non anche ad altre tipologie di illecito non collegate ai capitali rimpatriati. Interpretazione questa che svilisce e non poco l’efficacia dello scudo fiscale a livello penale, riducendo lo stesso a semplice strumento di regolarizzazione amministrativa. Riproduzioneriservato—1 I numeri dello scudo 2009 Secondo i dati diffusi dal ministero dell’economia e delle finanze, si è chiusa con l’emersione di 9.2 miliardi di euro e un gettito di 694 milioni di euro la riapertura delle operazioni di “Rimpatrio dei capitali in Italia”. II 95% dei 9,2 miliardi è costituito da rimpatri in Italia. Il bilancio dell’operazione si è chiuso tosi con un recupero di attività per complessivi 104,5 miliardi di euro (il 98% dei quali costituiti da rimpatri in Italia) e un incasso per l’erario di 5,6 miliardi di euro.

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