Sole 24 Ore, Marco Piazza, Paradisi fiscali ad assetto variabile

Sole 24 Ore, Marco Piazza, Paradisi fiscali ad assetto variabile

Sole 24 Ore –
Paradisi fiscali ad assetto variabile
Marco Piazza

Operazioni con i Paesi black list sempre più sotto la lente del fisco italiano. L’obiettivo è quello di imprimere un giro di vite al fenomeno delle «frodi carosello». Così il decreto incentivi (Dl 40/2010) delinea i confini di una marcatura strettissima verso cessioni e acquisti di beni, prestazioni di servizi resi e compiuti nei confronti dei Paesi individuati nei Dm4 maggio 1999 e del 21 novembre 2001. Con l’obbligo a carico dei soggetti passivi iva di comunicare telematicamente all’agenzia delle Entrate tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate e ricevute, registrate o soggette a registrazione, nei confronti di operatori economici con sede, residenza o domicilio in quegli Stati. Obbligo che, nelle intenzioni dei tecnici al lavoro sulla disciplina attuativa, scatterà sulle operazioni effettuate dal prossimo 1° luglio (si veda «Il Sole 24 Ore» dello scorso 27marzo).
Ma il decreto legge punta a calibrare l’elenco dei Paesi verso cui le operazioni dovranno essere comunicate. Il rinvio a uno specifico provvedimento dell’Economia lascia aperta la possibilità di delineare particolari regimi di esclusione così come l’eventuale estensione anche a Paesi o settori di attività non in black list.
In primo luogo, la nuova comunicazione telematica sembra quasi costituire una sorta di estensione del modello Intrastat alle operazioni con soggetti residenti nei paradisi fiscali.
In primo luogo, la comunicazione riguarda le operazioni nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio nei Paesi inclusi nella black list per le persone fisiche (Dm 4 maggio 1999) e in quella redatta a fini dell’applicazione del regime delle società estere controllate e collegate, agli articoli 167 e 168 del Testo unico (Dm 21 novembre 2001).
Combinando le due liste, emerge che alcuni Paesi non presenti nella prima lista lo sono nella seconda, ma limitatamente ad alcune tipologie di soggetti societari (ci si riferisce al Lussemburgo che è black list solo per le holding del 1929 – la Corea del Sud – che è black list solo per le società che godono di particolari agevolazioni e alcuni altri Stati come Angola, Giamaica, Kenya e Portorico).
Non è chiaro se per i Paesi presenti solo nella lista del 2001 la comunicazione debba riguardare le operazioni effettuate con tutti i soggetti residenti o domiciliati o solo con le specifiche tipologie di soggetti espressamente elencate nel Dm21 novembre 2001.
A questo proposito si segnala che dove il legislatore ha inteso fare riferimento agli Stati, senza tener conto delle limitazioni soggettive previste per ciascuno Stato dal decreto ministeriale citato, lo ha fatto espressamente. In particolare, nell’articolo 12 del Dl 78 del 2009- che ha introdotto la presunzione che i capitali detenuti in paradisi fiscali in violazione del monitoraggio fiscale siano il frutto di evasione – nel richiamare gli Stati inclusi nei due decreti ministeriali citati, precisa espressamente «senza tener conto delle limitazioni ivi previste».
Inoltre l’obbligo di comunicazione sembra riferirsi non solo alle operazioni attive non imponibili (articolo 8,9,71 e 72 del Dpr 633 del 1972) e a quelle passive che implicano l’applicato- ne dcl reverse charge ls$aha (ad esempio, le prestazioni ai sensi dell’articolo 74cr del Dpr 633/72), ma a qualsiasi tipo di operazione soggetta a obbligo di registrazione; quindi anche alle prestazioni soggette a Iva in Italia ai sensi dell’articolo 7-quater e 7-quinquies del Dpr 633/72 e alle importazioni assoggettate a Iva in dogana.
Si deve, però , escludere che questo secondo tipo di informazione possa avere qualsiasi utilità ai fini del contrasto alle «frodi carosello» in quanto le prime non si differenziano da qualunque altra prestazione imponibile e le seconde non consentono evasione di Iva, dato che il tributo è riscosso in dogana.
Dal tenore letterale della norma si desume comunque chiaramente che l’obbligo di comunicazione non riguarda le prestazioni verso committenti esteri non soggetti passivi, ai sensi degli articoli 7-sexies e 7-septies del Dpr 633/72.

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