Stefano Feltri, Panico a San Marino, Il Fatto Quotiano

Stefano Feltri, Panico a San Marino, Il Fatto Quotiano

Panico a San Marino

Le banche del paradiso fiscale sono ormai senza soldi e sempre più fragili

Mentre i giornali si occupano dell’esotica Santa Lucia e delle sue società off-shore usate dal cognato di Gianfranco Fini, il paradiso fiscale che abbiamo qui in Italia sprofonda. Ed è ormai in un equilibrio così precario da sfidare le leggi della finanza.

Banca d’Italia all’attacco

L’ultimo segnale di difficoltà è il commissariamento da parte della Banca d’Italia della Carim, la Cassa di risparmio di Rimini, istituto di credito (italiano) che da lunedì sera è stato decapitato dalla vigilanza bancaria. Ora lo guidano i commissari nominati dal governatore Mario Draghi. La ragione principale è che Carim controlla al cento per cento il Credito Industriale Sammarinese, una piccola banca che è poco trasparente perfino per gli standard del paradiso fiscale. Gli ispettori di Bankitalia si sono trovati davanti una banca italiana che sosteneva di non riuscire a ottenere informazioni dalla sua controllata sammarinese, nonostante perfino nel bilancio della stessa Carim siano citate (a pagina 279) le ‘disposizioni emanate da Banca d’Italia in materia di rapporti tra sistema bancario italiano e controparti sammarinesi’ e le richieste della Banca centrale di San Marino.


Ma gli ispettori si sono resi conto che non si poteva risalire ai nomi dei titolari dei conti correnti e che c’erano violazioni nella normativa anti-riciclaggio (cioè era impossibile ricostruire la provenienza dei flussi di denaro). Colpa, secondo la Carim, di ostacoli procedurali. Così adesso la banca romagnola è sotto il controllo diretto della Banca d’Italia. Per i risparmiatori non dovrebbero esserci conseguenze, da via Nazionale assicurano che la banca è solida, anche se nell’ultimo semestre ha registrato un’inattesa perdita di 30,8 milioni di euro e un preoccupante aumento delle svalutazioni di crediti (da 9,8 milioni a giugno 2009 ai 46 attuali). Ma per San Marino le conseguenze ci sono, eccome. ‘C’è un’esigenza chiara sul tavolo. Quella di rivedere il sistema bancario’, ha commentato ieri Pasquale Valentini, ministro delle Finanze del paradiso fiscale, in una conferenza stampa.

Panico dopo lo scudo fiscale

Il sistema bancario sammarinese, infatti, è al collasso. Anche se,per ora, non collassa ma si paralizza. Nell’ultimo bollettino disponibile sul sito della Banca centrale sammarinese, riferito a giugno 2010, si scopre che in un anno la raccolta delle banche locali è crollata del 35 per cento. Gli evasori non si fidano più della Repubblica del Titano e, oltre a non portare più oltrefrontiera i capitali sottratti al fisco, hanno svuotato le casse sammarinesi approfittando dello scudo fiscale che ha determinato l’uscita di almeno cinque o sei miliardi di euro. Le banche del Titano ormai operano in una situazione impossibile nei Paesi normali, con gli impieghi pari al 99 per cento della raccolta bancaria. Cioè non hanno leva finanziaria, per ogni euro raccolto ce n’è uno prestato. Ma la liquidità è evaporata, un problema non da poco per banche che – per la loro natura opaca – non possono accedere ai finanziamenti del sistema bancario internazionale. Il direttore generale della Banca di San Marino, Vincenzo Tagliaferro, si è spinto ad ammettere in un’intervista che ‘un nuovo problema potrebbe manifestarsi, quello della liquidità’. Parole che in un altro contesto avrebbero innescato la corsa agli sportelli, il panico tra i risparmiatori terrorizzati da veder svanire i loro risparmi assieme alle banche dissestate. Invece niente. Perché, spiega un conoscitore delle finanze sammarinesi, ‘oramai sono rimasti solo i capitali che non si possono ritirare senza pesanti conseguenze, la clientela più virtuosa, i piccoli evasori, sono già scappati con lo scudo fiscale’. Le banche italiane hanno capito che il momento d’oro forse è passato per sempre e scappano anche loro. Unicredit ha messo in vendita la sua controllata sammarinese, la Banca Agricola Commerciale, Intesa Sanpaolo pensa di rilevare a prezzi di saldo quel che restava del gruppo Delta (ma rigorosamente in Italia) commissariata, ora Carim deve decidere se liberarsi del Credito Industriale o adeguare la sua gestione alle richieste di Bankitalia, rendendolo quindi una banca come le altre.

La linea dura dell’Italia

Gran parte della crisi del Titano dipende dalla linea di fermezza tenuta sia dalla Banca d’Italia sia dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Profondo conoscitore del paradiso fiscale (in un lontano passato lavorava per la Banca centrale di San Marino) e in cerca di soldi per salvare i bilanci italiani, Tremonti ha iniziato una guerra con il Titano che dura tutt’ora. E quando il nervosismo sammarinese si è tradotto nelle pressioni del governo per cambiare i vertici della Banca centrale di San Marino che cooperavano un po’ troppo con l’Italia, anche Bankitalia ha perso le speranze che il Titano potesse cambiare. E lo scontro si è alzato di livello.


da il Fatto Quotidiano del 6 ottobre 2010

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