Sui tre referendum sul lavoro

Sui tre referendum sul lavoro

La CSU invita tutti i lavoratori e i cittadini A NON VOTARE il 16 marzo sui REFERENDUM IN MATERIA DI LAVORO E SCALA MOBILE

Il Consiglio Direttivo della CSU, nella ultima riunione, ha in primo luogo sottolineato come l’importante strumento di democrazia diretta dell’istituto referendario non vada usato in una maniera indiscriminata e distorta, perché di fatto ne può ridurre l’efficacia e la credibilità.

Il Direttivo CSU ha confermato pienamente e unanimemente le motivazioni di CONTRARIETÀ ai tre referendum che riguardano le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori, e specificatamente quelli sull’abrogazione degli articoli 17 e 18 della legge sul lavoro (n. 131/2005) e per l’introduzione per legge della scala mobile.

Tra i principali motivi di contrarietà, vi è il fatto che questi referendum riguardano direttamente ed esclusivamente le condizioni dei lavoratori, senza che circa un terzo dei lavoratori (6.000) possa partecipare al voto, dopo essersi impegnati attivamente per raggiungere un importante risultato contrattuale. Va sottolineato che questi specifici quesiti non risolvono il problema del precariato o della tutela delle buste paga e, se fossero approvati, permetterebbero lo sviluppo selvaggio del lavoro nero.

I REFERENDUM PER L’ABROGAZIONE DEGLI ARTT. 17 E 18 DELLA LEGGE SUL LAVORO

Entrando nello specifico dei singoli quesiti referendari, l’abrogazione di questi due articoli della legge sul lavoro, riguardanti la regolamentazione del lavoro interinale (art. 17) e dei contratti di collaborazione (art. 18), causerebbe delle conseguenze molto gravi e dannose per i lavoratori.

Questi articoli infatti sono stati il frutto delle rivendicazioni del sindacato, e la trasposizione dei risultati raggiunti nel contratto industria e artigianato del luglio 2005 con dure lotte e sacrifici da parte dei lavoratori. Sono uno degli obiettivi finora realizzati dal sindacato proprio nella lotta contro la precarietà e il lavoro nero. Questi due articoli di legge sottoposti a referendum, contengono una serie di importanti tutele per i lavoratori con rapporti di lavoro interinale, e una regolamentazione dei contratti di collaborazione. Inoltre, tali norme hanno stabilito dei precisi limiti all’utilizzo di queste nuove forme di prestazione d’opera. Complessivamente, si tratta di un quadro di tutele tra le più avanzate di tutta Europa.

I DATI
Prima dell’entrata in vigore dell’art. 17 della legge sul lavoro, i lavoratori assunti con contratto di lavoro temporaneo erano mensilmente, in media, un numero molto elevato, pari a 450 unità. Per effetto proprio dell’art. 17 della legge, i lavoratori assunti con contratto interinale sono scesi drasticamente, registrando dal 2006 ad oggi una media mensile di 100 unità!

Circa l’art. 18, che regolamenta i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto, i lavoratori assunti sulla base di questo articoli, attraverso l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro, a dicembre 2006 sono risultati essere 128 (sono lavoratori provenienti da fuori territorio). Si tratta di un numero certamente di scarsissima rilevanza rispetto ai dati generali dell’occupazione. I dati ufficiali, dunque, confermano l’utilità e l’importanza di questi articoli di legge, che hanno fortemente ridimensionato il fenomeno dei lavori atipici a San Marino!

Non è certo sopprimendo la regolamentazione del lavoro interinale e dei rapporti di collaborazione, che si andrebbero ad eliminare queste forme di lavoro! Semmai, in assenza di regole, tali rapporti di lavoro tornerebbero a svilupparsi – come accadeva prima della legge – nella più totale illegalità, e quindi finirebbero per alimentare la grave piaga del lavoro nero.

Il vero problema è proprio combattere l’illegalità del lavoro. Per raggiungere questo obiettivo – come da fin troppo tempo rivendicato dal sindacato – occorre da un lato che tutti i rapporti di lavoro esistenti di fatto nel nostro sistema lavorativo siano regolamentati per legge, e dall’altro che gli organi ispettivi siano messi nelle condizioni di esercitare in pieno il loro ruolo di controllo e vigilanza.

IL REFERENDUM PER L’INTRODUZIONE DELLA SCALA MOBILE

Occorre premettere che la scala mobile è uno strumento non più attuale: ha avuto un ruolo negli anni ’70, epoca in cui l’inflazione superava il dieci per cento, e a San Marino vi erano diversi settori non coperti dalla contrattazione collettiva. Ma oggi ci troviamo di fronte ad un quadro radicalmente diverso: il tasso di inflazione da anni si attesta stabilmente intorno al due per cento; negli ultimi 10/15 anni, nel nostro paese, a seguito del superamento della scala mobile, i contratti di lavoro hanno assicurato aumenti retribuivi oltre l’inflazione rilevata dall’ISTAT.

Inoltre, diverse forme di contrattazione hanno permesso di esprimere concretamente solidarietà nei confronti dei redditi economicamente più deboli. La introduzione per legge della scala mobile causerebbe un forte indebolimento del ruolo contrattuale dei lavoratori, e andrebbe a snaturare lo stesso modello di contrattazione generale – basato sulla partecipazione degli stessi lavoratori – che le organizzazioni sindacali hanno costruito, e che ha prodotto e continua a produrre importanti risultati per i lavoratori dipendenti di tutti i settori.

I DATI
Negli ultimi 15 anni, dopo l’eliminazione della scala mobile, i contratti di lavoro hanno assicurato aumenti retributivi ben oltre l’inflazione rilevata dall’ISTAT. Infatti, dal 1991 al 2006 la somma degli aumenti retributivi risulta essere del 66,91%; la somma dell’inflazione è stata pari al 44,80%; pertanto, l’incremento medio delle retribuzioni oltre l’inflazione ISTAT ha raggiunto una percentuale superiore al 22,11%.

Nel contesto attuale, la scala mobile è un meccanismo automatico che non sarebbe affatto in grado di difendere il potere d’acquisto dei salari e degli stipendi. La scala mobile si limiterebbe infatti ad “inseguire” l’aumento dei prezzi innescando una spirale viziosa prezzi-salari che inevitabilmente aggraverebbe le condizioni economiche dei lavoratori.

L’inflazione invece è una piaga che va combattuta, e non semplicemente “inseguita”, governando le politiche contrattuali e le dinamiche economiche, unitamente a precise e rigorose politiche per il controllo e il calmieramento dei prezzi. Ricordiamo che l’inflazione rappresenta un valore medio dell’aumento dei prezzi dei diverse beni di consumo e servizi, che penalizza soprattutto i redditi più bassi.

L’INDICAZIONE DELLA CSU

Per questo insieme di ragioni e motivazioni sopra esposte, la Centrale Sindacale Unitaria invita tutti i lavoratori e i cittadini A NON VOTARE il 16 marzo sui REFERENDUM IN MATERIA DI LAVORO E SCALA MOBILE.

Si rimarca che lo strumento referendario prevede il meccanismo del “quorum” e quindi è del tutto evidente che il legislatore consegna alla volontà popolare anche l’opzione dell’astensione. Ogni paragone con le elezioni politiche non ha dunque nessun fondamento, perché sono strumenti democratici con funzioni totalmente diverse l’uno dall’altro. Nella consultazione referendaria la scelta dell’astensione ha infatti lo stesso peso, valore e legittimità del sì e del no.

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