Sulla difficoltà ad essere madre per chi lavora

Sulla difficoltà ad essere madre per chi lavora

La maternità per molte lavoratrici rimane un sogno. Infatti per diversi imprenditori, che non riconoscono il valore anche sociale della maternità, questo diritto talmente naturale che in un paese civile dovrebbe essere dato per scontato, è considerato un ostacolo alla assunzione o al mantenimento del posto di lavoro.

Pertanto, o non assumono lavoratrici che possono incorrere nel “rischio” di mettere alla luce un bimbo, verificando nel colloquio pre-assunzione le loro intenzioni su figli e famiglia, oppure inducono le lavoratrici a rimandare il più possibile la maternità, se non addirittura a rinunciarvi…

Queste forme di pressione e discriminazione subìte dalle donne, vengono segnalate continuamente al Sindacato, e sono state portate alla luce in maniera molto precisa dalla recente indagine sulla condizione delle donne occupate a San Marino condotta dalla CSdL con uno specifico questionario a cui hanno risposto 861 lavoratrici (un campione significativo e rappresentativo).

Quando giungono queste segnalazioni sulla negazione del diritto alla maternità, che avvengono soprattutto nelle piccole realtà aziendali, anche se il Sindacato offre la massima disponibilità a fornire tutela sindacale e legale, mettendo a disposizione anche i propri avvocati, in diversi casi le stesse lavoratrici rinunciano ad avviare una causa giudiziaria contro il datore di lavoro, in quanto vi è la motivata convinzione che, indipendentemente dall’esito della stessa causa, per loro la vita in quell’ambiente di lavoro sarebbe resa impossibile…

DUE CASI ESEMPLIFICATIVI – Tra i casi di cui si è occupato il sindacato nell’ultimo anno, riportiamo ad esempio la vicenda di una lavoratrice frontaliera a cui non è stato confermato il rapporto di lavoro quando è entrata in gravidanza; nel suo caso, nella soluzione “extragiudiziale” a cui si giunti con il datore di lavoro, è stato possibile raggiungere il solo diritto a percepire l’indennità per maternità.

In un altro caso in cui il Sindacato ha avviato una causa di lavoro in Tribunale per una lavoratrice a tempo determinato, il Magistrato ha riconosciuto il diritto al percepimento della maternità, ma non il diritto al mantenimento del posto di lavoro.

Nonostante l’attuale legge sulla tutela della famiglia rappresenti indubbiamente un grosso passo avanti, questi due casi, che in sostanza hanno dato lo stesso esito, mettono in luce la necessità di affermare ancor più pienamente e in modo inequivocabile, per tutte le lavoratrici, il diritto a vedersi riconosciuto sempre e comunque il mantenimento del posto di lavoro con l’entrata in maternità.

L’INDAGINE DELLA CSdL SULLE DONNE AL LAVORO – Tornando all’indagine realizzata dalla CSdL attraverso uno specifico questionario e con la collaborazione di due sociologi ricercatori universitari, pubblicata nel marzo 2008, questa mette in luce una situazione preoccupante.

Nel gruppo di domande riguardante gli episodi di discriminazione subìti dalle lavoratrici occupate a San Marino, ben il 30,1% per cento delle intervistate ha denunciato di essere stata sottoposta nei colloqui per l’assunzione a domande su famiglia e figli. E considerando che una parte delle lavoratrici che ha compilato il questionario è occupata nella PA (in cui questi colloqui non avvengono), questa percentuale diviene ancora più alta nei settori privati…

Il questionario ha documentato quanto sia ancora diffusa nei datori di lavoro la convinzione che la maternità sia un ostacolo da evitare a tutti i costi. In molti casi, questi atteggiamenti arrivano a condizionare a tal punto le donne che le stesse decidono di non avere figli, pur di non subìre il rischio di dover rinunciare al posto di lavoro.

A questa discriminazione così deprecabile, vanno aggiunte altre forme discriminatorie; il 16,2% delle intervistate ha dichiarato di aver subito pressioni psicologiche, mentre il 12,8% ha denunciato di essere stata ricollocata, al rientro dalla maternità, in mansioni inferiori a quelle svolte in precedenza.

Nel complesso, il 40% delle donne ha apertamente dichiarato di aver subìto almeno un episodio di discriminazione grave, mentre il 60% ha affermato di essere stata coinvolta in almeno una situazione che possiamo considerare “meno grave”, ma che rappresenta comunque un segnale del permanere di disparità negli atteggiamenti verso le lavoratrici.

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