Sulla riforma delle politiche del lavoro non accettiamo colpi di mano
Le “Norme sulla cooperazione sociale e di servizio”, predisposte dalla Segreteria per il Lavoro (senza confronto!) per favorire l’occupazione delle persone invalide o in condizioni di difficoltà, senza un serio progetto di coinvolgimento delle imprese, appaiono solo uno slogan
di Gilberto Piermattei – Vice Segretario CSdL
20 maggio 2012 – Continuano gli annunci da parte del governo delle cose che all’apparenza sembrano già fatte, quando invece è ancora tutto da fare. L’ultimo esempio giunge dal Segretario di Stato per il Lavoro, con il roboante progetto “Norme sulla cooperazione sociale e di servizio” (nell’ambito del perfezionamento della legge del 2010 sull’occupazione), che dovrebbe rappresentare uno strumento per un più efficace inserimento delle persone che hanno subito una rilevante riduzione della capacità lavorativa o che si trovano in una situazione di disagio.
In sostanza, si dovrebbero affidare alcune fasi del processo lavorativo a cooperative sociali in cui sono occupate persone con disabilità o in condizioni di disagio. Nobile obiettivo, questo, prefigurato anche dalla CSdL già nel 2006 nella sua proposta di legge di riforma del mercato del lavoro, ma mai perseguito dai governi che si sono avvicendati sino ad ora. In tal senso, abbiamo delle proposte per migliorare questo progetto, ma il Segretario di Stato ancora una volta non ha lasciato nessuno spazio al confronto, continuando con i metodi unilaterali.
È evidente che senza un serio progetto di coinvolgimento delle imprese che intendano delocalizzare una parte della loro produzione all’esterno delle sede aziendale, per poter far operare persone con difficoltà di inserimento, questo progetto sembra solo uno slogan. Ora con la crisi occupazionale sono sempre maggiori le difficoltà nell’inserimento delle persone al lavoro per la mancanza di offerta, sia per i giovani che per le donne in particolare; figuriamoci per coloro che hanno maggiori difficoltà, come gli invalidi o gli ultracinquantenni.
Le ragioni sono molteplici; innanzi tutto, dopo quattro anni di questo governo, siamo ancora in attesa di un serio progetto di sviluppo di prospettiva, capace di creare posti di lavoro con alto valore aggiunto, basato sulla tecnologia, la conoscenza, l’economia verde. Invece ci siamo trovati solo due iniziative legate al mondo dei call-center: uno fallito miseramente solo dopo qualche mese, il secondo che manifesta serie difficoltà persino nelle retribuzioni dei 50 lavoratori inseriti.
Mentre la lista dei disoccupati si allunga inesorabilmente, coinvolgendo giovani in attesa di prima occupazione, lavoratori che hanno perso il lavoro per ora coperti dagli ammortizzatori sociali (per molti stanno per terminare), e soprattutto donne che difficilmente potranno essere occupate, continua la stucchevole farsa del “parco scientifico e tecnologico”, che dopo quattro anni di annunci, non si capisce di che cosa si stia parlando; di quale tecnologia, di quale scienza, di quale occupazione.
Da qualche tempo si sta discutendo della riforma del mercato del lavoro. Abbiamo assistito alla descrizione delle linee guida, dalle quali non si riesce a prevedere quale sia l’idea di riforma; attendiamo i contenuti veri prima di poter dare un giudizio definitivo. Una certezza l’abbiamo, non accetteremo colpi di mano così come è avvenuto con il dannoso decreto “Mussoni” della scorsa estate; diritti e tutele dei lavoratori non potranno essere messi in discussione con tale riforma, saremo vigili ed intransigenti.
Il vero fenomeno negativo è quello denunciato nei giorni scorsi dalla CSdL, la piaga del “lavoro nero”, che in un momento di crisi come quello attuale rischia di assumere dimensioni devastanti se non represso sul nascere. Vedremo se la volontà politica del governo sarà efficace, altrimenti da parte nostra continuerà la denuncia laddove situazioni di lavoro irregolare dovessero essere perpetuate.
È stupefacente l’affermazione del Segretario per il Lavoro, quando manifesta la volontà di modificare l’importo degli ammortizzatori sociali, per il fatto che – così si è espresso – “si verifica a volte il fenomeno di chi preferisce stare a casa e prendere la mobilità piuttosto che cercare un altro lavoro”. Il problema è che il lavoro non c’è, le persone non vengono inviate al lavoro ma ai colloqui, e la quasi totalità di loro viene respinta dalle imprese, perché in molti casi sono posti già ricoperti da altri lavoratori irregolari presenti sul posto, così che i disoccupati provenienti dalle liste, oltre alla beffa del rifiuto, subiscono anche una cocente umiliazione.
Questa è la realtà, altro che “si sta meglio in mobilità!”. In questa situazione di disagio per tante persone che sono in cerca di occupazione, bisognerebbe dosare le parole, perché c’è già un alto grado di esasperazione da parte della gente che non vede prospettive per il futuro; se poi si aggiungono le provocazioni, c’è il rischio di minare ulteriormente la già lesa coesione sociale.
Il Governo in primo luogo, e a seguito la politica, stanno viaggiando in un mare aperto e senza bussola, proiettati esclusivamente nella costruzione di future alleanze in prospettiva della oramai prossima campagna elettorale che ci condurrà alle elezioni politiche del 2013, avendo fatto trascorrere ben quasi cinque anni senza idee, guidati essenzialmente dal volere dei soliti poteri forti che da troppi anni condizionano la vita delle persone per bene, che sono la maggioranza di questo Paese.
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