Un impegno da esseri liberi. Di Rosanna Ridolfi

Un impegno da esseri liberi. Di Rosanna Ridolfi

Riceviamo e pubblichiamo

Birkenau in tedesco ha un significato quasi poetico, vuol dire “bosco di betulle”. Ma non ci sono più alberi là: al loro posto è sorto un campo di prigionia e di sterminio, inglobato nel vasto complesso di Auschwitz. Nelle baracche di quel comprensorio dal 1940 al 1944 vissero il loro calvario i civili che si opposero al nazismo, i disabili, i Rom, i Sinti, i senza fissa dimora, i testimoni di Geova e milioni di ebrei… 

È solo uno, anche se il più grande, dei complessi in cui i nazisti intendevano attuare “la soluzione finale”, ovvero l’eliminazione totale degli ebrei e di tutti gli individui non ritenuti “idonei” al mondo popolato di soli “superuomini ariani” che follemente immaginavano di costruire. 

Questo è stato anche il luogo in cui il “dottor” Mengele, compiva studi di eugenetica attraverso sconvolgenti esperimenti sui prigionieri e sui bambini, torturandoli fino alla morte. 

Chiunque ritenga retoriche le celebrazioni della Giornata della Memoria dovrebbe visitare in una giornata invernale qualcuno di questi campi di prigionia. Quando è successo a me ho pianto tutto il tempo. Camminavo lungo le stradicciole disegnate secondo un ordine rigoroso, grottescamente geometrico; all’improvviso ho avuto la sensazione che un vento freddo si insinuasse sibilando fra gli anfratti delle baracche: portava con sé le urla dei soldati tedeschi, il suono secco delle percosse e degli spari, l’abbaiare rabbioso dei cani, il pianto delle donne e dei bambini separati dai padri, dai nonni …  e per un tempo che mi è sembrato infinito ho sentito il gelo tagliente di quei lunghi inverni penetrarmi nelle ossa come se indossassi anche io, invece del mio caldo piumino, solo una divisa di cotone grezzo a righe e un paio di zoccoli di legno; percepivo nel profondo il dolore straziante dei prigionieri, avvertivo l’angoscia di esseri umani ai quali, con una violenza inaudita, venivano rubati il passato, l’identità, i sogni … E mi sono chiesta insieme a loro: perché?

L’uomo sparge semi lungo il suo cammino nel tempo. Il seme del male e della violenza sembra non smettere mai di proliferare. 

Walter Benjamin, il filosofo e saggista tedesco di origine ebraica morto suicida per sfuggire alla dittatura nazista, affermava che la storia dovrebbe essere letta come “profezia del futuro”. 

Ci vengono raccontate cose dure da capire, eppure dobbiamo dare un senso al passato, a quel che gli uomini hanno vissuto: ecco perché bisogna impedire, specie quando non ci sarà più nessuna testimonianza orale, che la memoria di questo e di altri folli orrori venga cancellata. 

Nel museo dello Yad Vashem a Gerusalemme, il luogo della memoria della Shoah, è nato il primo Giardino dei Giusti tra le Nazioni (oggi ce ne sono in tutto il mondo); qui sono state messe a dimora, a partire dal 1962, bellissime piante di carrubo, a ricordo dei non ebrei che hanno salvato innumerevoli vite destinate alla deportazione e al massacro, sottraendole così a quei sei milioni di ebrei, fra i quali un milione e mezzo di bambini, di cui nello stesso museo si commemora lo strazio.

Quelle piante sempreverdi sono lì a ricordarci, insieme ai nomi scolpiti nella pietra, che tutti abbiamo la possibilità di scegliere di far germogliare i semi del bene invece di quelli dell’odio.

 

È un impegno degno di esseri liberi.

Rosanna Ridolfi

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