Sabato scorso mentre passeggiavo nel centro storico ho pensato di fare un saluto alla mia amica Giuseppina, che lavora come volontaria presso l’Associazione Treno Bianco Azzurro. Invitata, ho colto l’opportunità di visitare l’elettromotrice restaurata (la AB03, che viaggia con i motori originali), per poi “fare un giro” attraversando la Galleria Montale, fino al terrazzamento sopra la via Cella Bella, e con ritorno a ritroso. Giuseppina mi ha illustrato con competenza e piacevolezza la storia del treno, che funzionava ad elettricità e dunque era un mezzo di trasporto fortemente innovativo per i tempi: infatti è entrato in attività nel 1932, con la denominazione di “Linea internazionale elettrica San Marino-Rimini”.
Giusi mi mostra anche la foto della stazione di Città e la foto della locandina dei biglietti che risale al settembre 1935. Come si può vedere, il percorso completo da San Marino a Rimini costava allora lire 6, il corrispondente, se non sbaglio, di circa 8 euro di oggi; il prezzo diminuiva gradualmente di una lira partendo dalle stazioni di Valdragone (5 lire) o di Serravalle (4 lire). Altre fermate erano previste alle stazioni di Borgo Maggiore, Domagnano Montelupo, Dogana. I pendolari potevano usufruire anche di abbonamenti …
Mentre la locomotiva, fischiando di tanto in tanto, percorreva la galleria, Giuseppina mi ha poi raccontato alcune fasi del laborioso recupero, da parte dei volontari, della motrice, degli arredi interni, nonché del loro restauro. Io ascoltavo la mia guida e intanto osservavo la parte dedicata alla terza classe con i sedili di legno (ma imbottiti e riscaldati d’inverno).
Mi sembrava di sentire l’eco del vociare dei passeggeri, le conversazioni concitate dei pendolari che usavano il trenino per recarsi al lavoro, gli strilli dei bambini che forse viaggiavano per la prima volta in treno, da San Marino a Rimini, le esclamazioni di meravigliato stupore mentre osservavano dai finestrini, ogni volta che il treno usciva dalle gallerie, la visione del mare in lontananza, la cui linea azzurra si confondeva con quella del cielo, mentre le carrozze scivolavano sulle rotaie in un magico percorso fra ponti, tornanti e piccoli dirupi.
Passiamo poi nell’elegante prima classe (la seconda sembra non fosse ritenuta necessaria, visto il confort che già offriva la terza …).
In “prima” l’atmosfera cambia: immagino, seduti sui sedili di velluto rosso, austeri signori in eleganti abiti scuri con panciotto ed orologi a taschino e il giornale in mano. Al loro fianco raffinate signore con colli di pelliccia e deliziosi cappellini, come imponeva la moda degli anni anteguerra, che conversano con voce bassa e affettata con le vicine di posto. Nella foto è visibile anche la retina portaoggetti, che fungeva da appoggio per piccoli bagagli e anche per le cappelliere che le signore spesso portavano con sé.
Giuseppina sorride divertita al racconto delle mie fantasie e mi dice che se voglio ascoltare il “vociare” di bambini e ragazzi lo posso fare anche ora, dal vivo, quando vengono in visita i ragazzi delle scuole, che sono sempre di più, sia da San Marino che dall’Italia, e che sono anche passeggeri molto curiosi ed attenti: ascoltano con interesse e fanno sempre tante domande. Mi dice che in questi giorni sono saliti sulla carrozza ben 171 persone!
(Per tutte le informazioni di carattere storico e tecnico rimando alle spiegazioni di Giuseppina Cervellini e Giancarlo Terenzi che saranno dettagliatissime e raccontate in modo così accattivante da entrambe le guide, che vi cattureranno sicuramente!).
Conosco poi uno dei macchinisti, Max Marchetti, anche lui grande appassionato del trenino; gentile e simpatico, mi ha mostrato i comandi e mi ha fatto vedere come veniva smontato il “volantino” al posto di guida, simile ad un timone, per passarlo dalla coda alla testa della motrice ogni volta che il treno invertiva la direzione.
Ed ecco anche l’altro macchinista, Valeriano Vagnini. Valeriano è un grande appassionato del trenino e ha, tra le altre cose, seguito da vicino anche molti passaggi del restauro, seguendo con attenzione e precisione le indicazioni delle foto d’epoca, anche se spesso sgranate.
Ho conosciuto poi Paolo e Matteo (nella foto di copertina con Giusi), i due addetti di servizio: frenatori, manutentori … anche loro sempre disponibili e molto simpatici, che si occupano un po’ di tutto e sono di supporto a ogni tipo di attività, dal recupero dei pezzi, al riordino della carrozza, all’accompagnamento dei visitatori, alla supervisione del percorso all’interno della galleria, al … taglio dell’erba nel prato vicino al tratto ripristinato della ferrovia!
Giancarlo (Yuma) Terenzi, è una figura storica dell’Associazione Trenino Bianco Azzurro di cui oggi è vicepresidente, (Alessandro Rattini è invece l’attuale presidente); Yuma è uno dei fondatori, ed è tuttora l’“anima” dell’Associazione. Guida, accompagnatore, narratore, profondo conoscitore di informazioni, aspetti tecnici, aneddoti, che ha desunto dai tanti documenti consultati e studiati in prima persona all’Archivio di Stato della nostra Repubblica. Senza di lui non esisterebbe oggi l’Associazione, mi dice Giusi.
(Non bisogna poi dimenticare l’importante lavoro di supporto delle maestranze dello stato, falegnami e fabbri ad esempio: di loro comunque si parla adeguatamente nel film dedicato).
Complimenti davvero a tutti questi “ragazzi”: meritano di essere chiamati così perché lo sono nello spirito, per l’impegno e l’allegria con cui svolgono tutte queste mansioni; sono stati e sono dei visionari, per aver creduto con perseveranza e tenacia in qualcosa che per la maggior parte dei sammarinesi non esisteva più, ormai sepolto sotto il peso del passato; a poco a poco non solo hanno riportato in vita un piccolo tassello di quel gioiello che era la nostra ferrovia, ma soprattutto sono stati capaci di ridestare l’interesse dell’opinione pubblica e stimolare la voglia di provare ad andare avanti, a fare di più.
Nella speranza che, nel frattempo, un qualche sguardo lungimirante si accorga delle potenzialità, per il turismo e non solo, che sono insite in questo pezzetto di storia del nostro Paese, e si adoperi per svilupparle ed arricchirle, anche attraverso il recupero di altre carrozze, di arredi e, dove possibile, di altri spazi e percorsi…
Grazie a Giusi Cervellini per le informazioni
Rosanna Ridolfi