San Marino. I soldi di “Gino” in Finproject e la tangente per la sede di Bcsm al centro dell’udienza

San Marino. I soldi di “Gino” in Finproject e la tangente per la sede di Bcsm al centro dell’udienza

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I soldi di “Gino” in Finproject e la tangente per la sede di Bcsm al centro dell’udienza

Conto Mazzini sentiti tre testimoni e chieste altre audizioni per capire chi in bcsm disse di fare due assegni anziché uno per pagare l’immobile e… la contestata mazzetta

Antonio Fabbri

Dei cinque testimoni previsti ieri, erano presenti in tre. Assenti in due, uno risultato irreperibile e l’altro non presentatosi.

La giornata di udienze è dunque iniziata con l’audizione di Giovanni Crosara, indotto dalle difese di Bruscoli e Tortorella, gli avvocati Maria Antonietta Pari e Caterina Filippi.

I soldi dei cinesi Per comprendere la richiesta di testimonianza di Giovanni Crosara, all’epoca direttore della filiale di Dogana della Bcs, occorre partire dalla contestazione di riciclaggio che viene mossa agli imputati e relativa all’attività della finanziaria Finproject.

Secondo l’accusa la enorme disponibilità di contanti del cinese Jin Meizhao detto “Gino”, che passava per la finanziaria tra l’altro imputata come persona giuridica , “è da ricercare nelle attività della cosiddetta mafia cinese: i proventi della gestione e controllo dei numerosi mercati illeciti quali quello della contraffazione, dell’immigrazione clandestina e del connesso sfruttamento degli immigrati, solo per citarne alcuni”, si legge nelle carte. Sempre secondo, dunque, l’accusa FinProject si è poi servita “dell’enorme liquidità procacciata dalla mafia cinese per consentire alla ‘Ndrangheta di disporre di danaro per svolgere attività bancaria clandestina”, scoperta oltre confine nella “operazione Tibet”, che ha smascherato una banca clandestina in Brianza.

Inizialmente i versamenti di “Gino” avvenivano direttamente su conti correnti presso Bcs, intestati però ad altri soggetti cinesi. Poi però le movimentazioni aumentarono considerevolmente e dalla Bcs venne consigliato allo stesso Gino di utilizzare mandati fiduciari: i famosi Maiale, Cinghiale e Muflone. Per l’accusa sono stati movimentati dal cinese 330milioni di euro tra il 2003 e il 2010.

Ecco, su questo Crosara è stato convocato come testimone avendo, per un certo periodo, intrattenuto il rapporto di clientela con Gino. “Fui anche incaricato dalla direzione della banca, vista la movimentazione, di verificare l’attività di Gino. Per questo mi recai a Roma dove prevalentemente operava come commerciante all’ingrosso gestendo, di fatto, la ditta della moglie. Verificai che c’era una effettiva attività e soprattutto, come mi era stato chiesto visto che operava nell’abbigliamento, che non trattasse merce contraffatta”, ha riferito Crosara. Tutto regolare, dunque, secondo la banca.

Sennonché la parte civile, l’avvocato Alessandro Monteleone per l’Eccellentissima camera, ha chiesto se la banca avesse fatto altre verifiche, ad esempio sulle fatture, oltre a quelle della presenza del negozio all’ingrosso e delle attività commerciali che serviva. “Non venne fatta altra verifica”, ha risposto il teste, riferendo che non risultavano dal sistema informatico delle pendenze giudiziarie, se non alcune molto datate.

Dubbio della parte civile sollevato anche sul perché, nonostante fosse stata la stessa banca a rilevare che le movimentazioni di denaro si erano fatte imponenti tanto da consigliare di servirsi di mandati fiduciari, non fosse stata fatta alcuna segnalazione antiriciclaggio. Poi Crosara ha smentito di essere stato lui a presentare Gino a Tortorella, direttore di
Finproject,  come quest’ultimo aveva invece dichiarato in interrogatorio. Allo stesso tempo ha detto, a domanda dell’avvocato Maria Antonietta Pari, che “ciò che si percepiva in banca era che, comunque, le movimentazioni di Gino fossero frutto di attività lecita. Tra l’altro Gino era personaggio conosciuto nelle banche e finanziarie e tra i professionisti. Di recente, nel 2014, l’ho rivisto a Roma, essendo egli titolare di uno storico bar nel centro di Roma. Era libero”.

La contestata tangente per la sede di Bcsm Nell’udienza di ieri si è poi tornati sulla contestazione di riciclaggio legata alla famigerata tangente per l’acquisto della sede di Banca centrale, così come contestata dall’accusa. In particolare è stato ascoltato come testimone Simone Della Balda, funzionario di Bcsm. Dalla postazione pc di questi venne stampata una email, inviata a diverse persone della banca, nella quale il vice direttore di Bcsm, Daniele Bernardi, invitava a preparare un assegno da 3.650.000 euro. “Credo fosse relativo al pagamento per l’acquisto della sede”. In calce a questa e-mail una volta stampata, tuttavia, a penna era stato appuntato di attendere un giorno e che non bisognava fare un unico assegno, ma due, uno da 3.050.000 e uno da 600.000, come poi avvenne. Il testimone ha tuttavia disconosciuto che quella grafia fosse la sua. “Sa riconoscere di chi è? Perché qualcuno stampa dalla sua postazione una e-mail e poi ci scrive quelle disposizioni?”, ha chiesto il giudice Gilberto Felici. “Probabilmente stampai io, ma l’appunto non è il mio”, ha risposto il teste.

“Ma ci spiega perché per fare un assegno sia necessario muovere una serie di nomi? In indirizzo ce ne sono sette… mi sembra una modalità che neanche all’ufficio complicazione cose semplici possa essere utilizzata. Le dicono di fare un assegno da 3.650.000 euro, non mi pare una cosa da tutti i giorni. Poi le dicono di fare un assegno di 3.050.000 e uno da 600mila… e le assicuro che abbiamo trovato proprio due assegni con questi importi”, ha detto il giudice Felici al testimone. “Quegli assegni non li feci io, non le so dire chi li fece”, ha risposto   il teste.

Il giudice ha quindi chiesto chi potesse aver preparato gli cheques così divisi e sono stati indicati i colleghi che potevano avere quella mansione.

A fronte di questo l’avvocato della parte civile, Alessandro Monteleone per l’Eccellentissima Camera, ha chiesto di poter sentire le persone indicate, poiché “l’ipotesi accusatoria sostiene che quella somma sia stata così divisa in quanto destinata al pagamento di tangenti o comunque impegnata in modo illecito, ecco che allora diventa a nostro avviso importante capire per quale motivo, a fronte di decisione di disporre unico pagamento, poi ne vennero invece spiccati due e da chi fu data questa disposizione”.

Su questa istanza istruttoria il giudice si è riservato di decidere.

Movimentazioni della Clabi Ultimo testimone della giornata, indotto dalle difese di Podeschi e Baruca, Patrizio Ettore Cherubini, all’epoca membro della vigilanza di Banca Centrale. L’avvocato Stefano Pagliai ha chiesto al testimone di una serie di movimentazioni relative alla Clabi, la società di Claudio Podeschi e Biliana Baruca. Movimentazioni sulle quali, nel Credito sammarinese di Lucio Amati, sono state rinvenute delle annotazioni riguardanti in certi casi “Claudio” e in altri “Billi”. “Avete verificato, visto che il primo è un nome proprio e che Billi è anche un cognome sammarinese, se queste annotazioni fossero riferite ai miei assistiti?”, ha chiesto Pagliai. “Noi – ha risposto Cherubini – ci siamo limitati a segnalare la circostanza di potenziale interesse investigativo all’Agenzia di informazione finanziaria, che poi ha svolto le indagini assieme all’inquirente. Per quanto ci riguarda non abbiamo dunque approfondito questo aspetto”.

Al termine dell’udienza il giudice Gilberto Felici ha aggiornato il processo alla data del 14 marzo già fissata, comunicando che, entro quella data, risponderà anche alle istanze istruttorie formulate sull’audizione di testi e sull’acquisizione di ulteriori carte del procedimento svizzero, formulate lunedì dagli avvocati Annetta e Pagliai. 

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