Che mondo lasceremo alle nuove generazioni?

Che mondo lasceremo alle nuove generazioni?

Mi ha acceso speranze il “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza Next Generation Italia”.

Un piano che coglie indicazione e risorse dell’Europa e non riguarda solo i giovani, ma anche gli squilibri di genere e territoriali. Non lo approfondisco. Spero lo farà qualcun altro, magari qualcuno dei giovani che vedo già molto impegnati nella vita politica sociale ed economica del Paese.

Lo prendo come occasione per ribadire la preoccupazione espressa in qualche mio scritto recente per il mondo che lasceremo alle nuove generazioni: un mondo disastrato ecologicamente; con guerre continue, lo sfruttamento e le dittature che provocano sofferenza, povertà e migrazioni bibliche; per le nuove epidemie i debiti enormi e il sistema previdenziale e di welfare a rischio. Una situazione che lasciamo sulle spalle delle nuove generazioni che hanno poche speranze di potersi programmare la vita a cui hanno diritto di aspirare.

Attraverso la pagina FB e l’uscita del mio ultimo libro vengo contattato, soprattutto in rete, da persone, anche giovani, che, contando sulla mia esperienza, tentano di capire dove sono le radici di questa situazione del Paese e non solo. Ho pubblicato le settimane scorse qualche stralcio di questi messaggi. In questi giorni un interessante scambio di riflessioni con una studentessa di antropologia di cui utilizzo liberamente delle parti perchè già pubbliche anche su FB. Cogliendo dal mio libro gli aspetti della lettura storica che mi stavano a cuore, scrive: 

“Una scrittura potente, ho assaporato una riga dopo l’altra quei racconti che portano con sé il calore famigliare e che tanto mancano nell’era della comunicazione veloce. A metà tra una biografia, una carrellata di un significativo periodo storico e un insegnamento di vita. In sottofondo l’emergere di quelli che sono stati i processi significativi che ci hanno portato a oggi, dove i frutti della disuguaglianza sono ancora ben maturi e radicati. Un interessantissimo e istruttivo confronto tra la realtà della piccola Repubblica, l’Italia e i riflessi incisivi dei blocchi che hanno condizionato le menti dell’epoca. La rara capacità dello scrittore di far sì che terminata la lettura del libro nasca spontanea una riflessione ben indirizzata e stimolante. Che dire più, questo libro mi è piaciuto tantissimo.”

Le ho risposto: “Grazie. Si sente il taglio di una persona che studia antropologia compresa l’angolazione sia sociale che storica. Era proprio quanto speravo di far passare: non tanto l’aspetto autobiografico quanto la lettura della storia che ho attraversato nella quale ci sono le radici di quanto stiamo vivendo ora. Ho parlato di trasformazioni epocali, ma sembra che la vostra generazione attraverserà trasformazioni ancora più profonde e il mondo sarà migliore o peggiore in base alla vittoria delle tensioni negative e positive di cui sono state piantate già le radici dalla nostra generazione, una generazione contemporaneamente diabolica e profetica. Avrete il vostro da fare.”

Ho pensato alle parole di Einaudi pronunciate nel dopoguerra (circa e a memoria) “Ogni generazione sarà capace di affrontare i problemi che si troverà di fronte”. Certo, vorrei vedere più consapevolezza e combattività, ma visto che molti guai glieli lasciamo noi, non guasterebbe che li aiutassimo con provvedimenti per la “Next Generation”.

Giovanni Giardi

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