“Se la retorica dei pro-choice (ovvero coloro che vogliono l’aborto) recita che ‘nessuna donna abortisce a cuor leggero’, la realtà ci insegna che per alcune donne l’aborto non rappresenta né un problema né un tabù, anzi spesso è nell’immediato la rapida risoluzione di un problema. Tuttavia, per molte donne non è così”.
Lo afferma il Comitato “Uno di Noi”, spiegando in una nota che “uno studio condotto in Nuova Zelanda nel 2006 ha rilevato che il 42% delle donne che avevano fatto ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza mostrava disturbi depressivi e il 30% mostrava disturbi mentali di vario genere“.
Inoltre, “uno studio pubblicato sul ‘Medical Science Monitor’ ha dimostrato che nel post aborto si corre un rischio maggiore del 65% di soffrire di depressione rispetto al post partum e che l’aborto pone un rischio depressivo fino a 8 anni dopo l’evento”.
Altro disturbo psichico tipico del post aborto è il disturbo post-traumatico da stress: “Uno studio del 2011 dimostra come lo stesso si presenti con punteggi elevati in donne che subiscono un aborto (anche spontaneo) e di come aumenti significativamente negli aborti indotti con pillole abortive. Questa evenienza è tipica dell’aborto farmacologico che, come abbiamo già in precedenza detto, mette la donna in una condizione di piena solitudine e di fronte a rischi di vario genere, compreso quello di morte (Harvard Medical School): 1 caso su 100.000 contro 0,1 su 100.000 nel caso dell’aborto chirurgico“.
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