Italia Oggi
Uno stop ai trust fasulli – Pollice verso per il trust fiscale
Fabrizio Vedana
Circolare delle Entrate di prossima emanazione mette spalle al muro i soggetti fasulli
Istituto non valido se c’è mera interposizione nel possesso.
L’Agenzia delle entrate non riconosce l’istituto quando vengono attribuiti eccessivi poteri in capo al disponente o al beneficiario
Non possono essere considerati validamente operanti sotto il profilo fiscale i trust che sono istituiti e gestiti per realizzare una mera interposizione nel possesso dei beni. È quanto risulta da una circolare delle Entrate di prossima emanazione. L’elemento che fa pendere l’ago della bilancia al fine della classificazione fiscale del trust è il mantenimento di eccessivi poteri in capo al disponente ovvero al soggetto che ha dato vita al trust. Rientrerebbero fra i trust fasulli quelli in cui l’attività del trustee risulti eterodiretta dalle istruzioni vincolanti riconducibili a disponente o beneficiari.
Non possono essere considerati validamente operanti sotto il profilo fiscale i trust che sono istituiti e gestiti per realizzare una mera interposizione nel possesso dei beni. E’ quanto risulta da una circolare dell’Agenzia delle entrate di prossima emanazione. Rientrerebbero tra i trust “fasulli”, per esempio, secondo l’amministrazione finanziaria, quelli nei quali l’attività del trustee risulti eterodiretta dalle istruzioni vincolanti riconducibili al disponente o ai beneficiari; in altri termini non è trust quello nel quale manca una delle tre caratteristiche tipiche dell’istituto ovvero l’esistenza del potere — dovere del trustee di amministrare, gestire e disporre dei beni secondo il regolamento del trust o norme di legge.
L’elemento quindi che fa pendere l’ago della bilancia al fine della classificazione fiscale del trust è l’attribuzione o meglio il mantenimento di eccessivi poteri in capo al disponente ovvero al soggetto che ha dato vita al trust.
Il disponente (e soprattutto il professionista che lo affianca nella stesura dell’atto di trust) dovrà quindi evitare di riservarsi il potere o il controllo sui beni del trust in misura tale da precludere di fatto al trustee il pieno esercizio dei poteri dispositivi a lui spettanti in base al regolamento del trust o alla legge per regolare il funzionamento del trust.
Non sarà sufficiente, però, escludere solo formalmente tali poteri in capo al disponente (ovvero non prevederli nell’atto istitutivo del trust): verranno, infatti, considerati elementi utili per provare la natura del trust quale mero interposto anche la presenza di situazioni che di fatto fanno pensare che in realtà non vi è stato un effettivo spossessamento a favore del Trust.
La conseguenza di un’eventuale classificazione del trust quale mero interposto sarà quella di vedere attribuiti i redditi da questo prodotti direttamente al disponente e come tali assoggettati a tassazione secondo i principi previsti per ciascuna delle categorie reddituali di appartenenza.
Se poi il trust è estero ovvero costituito in un Paese diverso dall’Italia (ferme restando le presunzioni di residenza fiscale italiana in caso di trust localizzati in Stati non rientranti tra quelli con cui l’Italia ha un adeguato scambio di informazioni) il reddito da questo imputato a beneficiari residenti è imponibile in Italia in capo a questi ultimi quale reddito di capitale, a prescindere – precisa l’Agenzia delle Entrate – dalla circostanza che il trust sia o meno residente in Italia e che il reddito sia stato prodotto o meno nel territorio dello Stato.
Se, invece, il trust è residente in Italia mentre i beneficiari non sono residenti il relativo reddito ad essi imputato andrà considerato prodotto in Italia ai sensi del principio generale sancito dall’articolo 23, lettera b, del Tuir. Tale norma prevede, infatti, l’imponibilità beni confronti di soggetti non residenti dei redditi di capitale corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni in Italia di soggetti esteri.
I redditi imputati da trust residenti a beneficiari non residenti sono, pertanto dall’Agenzia delle Entrate, tassabili a prescindere dallo loro effettiva corresponsione.