Antonio Fabbri – L’informazione di San Marino: Centro uffici, una speculazione partita da lontano col prg del ‘92

Antonio Fabbri – L’informazione di San Marino: Centro uffici, una speculazione partita da lontano col prg del ‘92

L’informazione di San Marino

Doppio danno per la collettività che, oltre allo svantaggio economico per lo Stato, ha visto oscurato il profilo del Monte

Centro uffici, una speculazione
partita da lontano col prg del ‘92

Antonio Fabbri

Centro Uffici, una speculazione
partita da lontano. Una speculazione
che ha di fatto violato
anche norme, peraltro mai
abrogate, che erano state fissate
a presidio e difesa del territorio,
del paesaggio e dell’immagine
unica del Monte.
Esisteva, ed esiste ancora dato
che non risulta sia stata mai
formalmente cancellata, una
normativa del 1971 a presidio
della tutela paesaggistica del
Titano che però non pare avere
goduto di troppa considerazione.

La legge a tutela
del paesaggio violata

Creazione di una fascia di
protezione ai lati della superstrada
e della Consolare sotto
il Monte
”. Così è intitolata la
normativa promulgata dalla
Reggenza Luigi Lonfernini-
Attilio Montanari il 30 giugno
1971.

In sostanza questa norma
prevedeva che lungo la superstrada
le costruzioni fossero
edificate secondo criteri tali
da rendere sempre visibile,
salendo, il profilo del Monte e
scendendo lasciassero sempre
intravedere la fascia costiera.

L’articolo 1 della norma citava
e cita:
E’ creata una fascia di
protezione nelle zone poste ai
lati della Superstrada e della
Consolare sotto il Monte allo
scopo di salvaguardarne gli
aspetti urbanistici, paesaggistici
e panoramici”. Entrava
più nel dettaglio l’articolo 2
che dettava le norme tecniche
prevedendo che “a) la superficie
coperta complessivamente
dalla costruzione non deve
superare il 30% dell’area del
lotto; b) l’altezza massima
dell’edificio non deve superare
i ml. 10,00 misurata dalla linea
di gronda al più basso piano di
calpestio interno; c) la distanza
minima della costruzione
deve essere di ml. 6,00 dalla
Superstrada e di ml. 4,00 dai
confini
”.

Poi proseguiva nel
dettaglio identificando specifici
indici per determinate aree.
Ora, basta oggi transitare per la
superstrada per capire quanto
sia stata rispettata – praticamente
mai – questa norma che
non risulta formalmente abrogata
anche se sostanzialmente
disattesa.

La speculazione
che partì da lontano

Il Piano regolatore generale che
iniziò a rimodellare il territorio,
e a generare come conseguenza
una sorta di sistema spartitorio
in ambito edilizio e territoriale,
fu quello del 1992. All’epoca al
vertice dell’Ufficio Urbanistica
c’era Luigi Moretti e partecipò
attivamente alla realizzazione
di quel Piano Regolatore
Generale.
Fu in quel periodo che venne
preparata la cartina di San
Marino con i tanti colori a
seconda degli indici di edificabilità:
zone rosse, zone blu,
zone verdi… Insomma, ogni
colore rappresentava la tipologia
del terreno accompagnato
da sigle di lettere e numeri.

Ebbene, le aree situate ai bordi
della superstrada, in particolare
in zona Tavolucci, erano tutte o
in prevalenza aree cosiddette a
convenzione con lo Stato. Che
cosa significava? Significava
che gli indici di edificabilità e le
possibilità di costruire, la tipologia
degli edifici, andavano concordati
con lo Stato. Alla luce
di quello che sta emergendo,
secondo le contestazioni mosse
dalla magistratura in quella che
è stata definita la madre di tutte
le tangenti, questa tipologia di
accordi raggiungeva dunque due
risultati. Il primo quello di poter
concordare degli indici di edificabilità
anche superiori rispetto
al consentito. Ciò è testimoniato
dal fatto che nelle aree a
convenzione con lo Stato sono
state edificate costruzioni, come
il Centro Uffici appunto, che già
a occhio appaiono chiaramente
al di fuori dalle tolleranze
previste dalla normativa del ‘71.

Il secondo aspetto, che si rivelò poi evidentemente un vantaggio,
quanto meno per l’interlocutore
politico ma alla fine anche per
la parte privata, fu il fatto che
per poter arrivare a stipulare le
convenzioni e concretizzare la
speculazione, occorrevano le
“entrature” con i rappresentanti
istituzionali. Cosa, questa, che
secondo le ricostruzioni degli
inquirenti che stanno indagando
sull’affare del Centro Uffici, si
verificò puntualmente e portò
ad acquisizioni a prezzi gonfiati
di terreni e aree. Prezzi gonfiati
che, per l’accusa, veicolavano
tangenti. Mazzette che, sempre
stando alle accuse mosse
finora, venivano poi accollate
sul groppone della collettività
grazie a permute di immobili
con sperequazioni in danno
dello Stato, come l’ormai nota
permuta dell’ex Grey&Grey,
pagato dallo stato 24 miliardi di
lire e permutato con immobili
del valore di 3,3 miliardi di lire.

Il duplice danno
Al di là di quella che sarà la
rilevanza in sede penale dei fatti
oggetto di indagine e che hanno
mosso le verifiche e le contestazioni
degli inquirenti, non c’è
dubbio che quella del Centro
Uffici sia stata una imponente
speculazione. Speculazione che
ha generato un duplice danno.
In primis quello economico, con
l’acquisizione della Grey&Grey
e il vitalizio Facchi che hanno
rappresentato un onere sproporzionato
per lo Stato. In secondo
luogo, danno non meno importante
di quello economico, il
fatto che il paesaggio sia stato
praticamente deturpato disattendendo
una legge che era
stata esplicitamente approvata
per salvaguardarlo.

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