Antonio Fabbri – L’Informazione di San Marino: Fiorenzo Stolfi resta in carcere, il giudice di appello rigetta la richiesta di scarcerazione

Antonio Fabbri – L’Informazione di San Marino: Fiorenzo Stolfi resta in carcere, il giudice di appello rigetta la richiesta di scarcerazione

 L’informazione di San Marino

 Infondati i motivi di
reclamo per il giudice Ferroni che conferma l’impianto accusatorio ritenuto
dettagliato. La difesa si prepara all’interrogatorio

Fiorenzo
Stolfi
resta in carcere, il giudice di appello rigetta la richiesta di
scarcerazione

Antonio Fabbri

La difesa, intanto, probabilmente non ricorrerà in terza istanza
e si prepara all’interrogatorio
/ Tra i motivi alla
base del rischio di inquinamento delle prove anche i legami degli indagati con
soggetti della classe dirigente attuale, pronti a intervenire, se richiesto, in
ragione di favori ottenuti o promessi, visto il potere esercitato per
decenni

Il giudice delle appellazioni Lanfranco
Ferroni ha rigettato il reclamo
degli avvocati di Fiorenzo
Stolfi, Simone Menghini del foro
di San Marino, Aldo Meyer e Luigi
Stortoni del foro di Bologna.
Era stato impugnato un paio di
settimane fa il provvedimento dei
giudici inquirenti, Alberto Buriani,
Simon Luca Morsiani e Antonella
Volpinari, che ha disposto,
lo scorso 8 settembre, la carcerazione
preventiva dell’ex Segretario
di Stato.
Stolfi, dunque, rimane in carcere.

Primo capitolo del reclamo:
l’inconsistenza dell’associazione
a delinquere e i reati-scopo

Il reclamo davanti al Giudice delle
appellazioni da parte dei legali
di Stolfi si è principalmente focalizzato
su tre direttrici. La prima
rileva che non ci sarebbero, nel
provvedimento che ha accompagnato
la custodia cautelare, gli
estremi per la contestazione del
reato di associazione a delinquere.
Contestazione che i legali ritengono
generica e inconsistente.
Per i difensori mancherebbe pure
l’indicazione dei reati-scopo della
contestata associazione. I legali
rilevano, cioè, che se le finalità
della associazione a delinquere
sono descritte, non viene però individuato
con precisione il titolo
di reato al quale la descrizione
dei fatti si riferisce. Anche qui,
quindi la previsione delle finalità
contestate del reato associativo
sarebbe eccessivamente generica
per i legali.

Altro che inconsistenza! Di tutt’altro avviso il Giudice delle
Appellazioni Lanfranco Ferroni
che, nel valutare il primo motivo
di reclamo esordisce affermando:
“non si riesce sinceramente a
comprende come si possa sostenere
che il provvedimento reclamato
pecchi di genericità e inconsistenza!”
Al contrario Ferroni, che riprende
i passaggi dell’ordinanza dei tre
inquirenti, sottolinea come questi
abbiano con puntualità e compiutezza
descritto la sussitenza e
la struttura della contestata associazione
a delinquere. Sottolinea
quindi come la descrizione della
associazione criminale sia già dettagliata,
seppure ci si trovi ancora
in una fase nella quale le indagini
non sono ancora terminate.
E Ferroni indica come, sia nella
descrizione dei fatti, sia nell’elencazione
delle transazioni e nella
riconducibilità di queste ai soggetti
accusati, sia, ancora, nella
ricostruzione delle compagini
societarie, dei soggetti finanziari
e bancari capofila, venga individuata
una struttura tutt’altro che
generica. Anche sull’indicazione dei reatiscopo
della contesta associazione
a delinquere, Ferroni ritiene che
siano stati segnalati con precisione.
Tant’è che lo stesso giudice
delle appellazioni nel confermare
l’impianto accusatorio, indica
egli stesso i titoli di reato cui sono
riconducibili le finalità dell’associazione
criminale descritte dagli
inquirenti. In particolare Ferroni
indica come ipotesi di reati-scopo
la corruzione, il riciclaggio,
l’attentato alla libertà dei poteri
pubblici, l’interesse privato in atti
d’ufficio, l’abuso di autorità, l’attentato
contro il libero esercizio
del diritto di voto. Quindi il giudice
Ferroni dichiara infondato i
primi motivi di reclamo.
Secondo capitolo di reclamo:
obbiezioni sull’ipotesi di
riciclaggio e i reati presupposti

Nella seconda parte di obbiezioni
i difensori Menghini, Stortoni
e Meyer focalizzano l’attenzione
sul contestato reato di riciclaggio
e sottolineano che Stolfi sarebbe
chiamato a rispondere di reati
commessi in concorso con una o
due persone, mentre risulterebbe
estraneo a vicende più complesse,
come ad esempio quella dei passaggi
di denaro della criminalità
cinese. Quindi per gli avvocati
non si configurerebbe la contestazione
di riciclaggio, dato che
mancherebbero i reati presupposti,
cioè quei reati che attestano che il
denaro movimentato era di provenienza
illecita. Nello specifico
del rilascio di licenza della banca
di Amati, gli avvocati affermano
che in questo caso il reato presupposto
di corruzione non si sarebbe
verificato, dato che la licenza
veniva rilasciata da un organo
collegiale, il Congresso di Stato.
Ma anche qualora si volesse imputare
a Stolfi il reato presupposto
di corruzione, l’occultamento dei
denari provento di quella condotta
sarebbe autoriciclaggio, reato non
contestabile, sostengono gli avvocati,
in quanto introdotto soltanto
nel 2013,m mentre la condotta
che viene descritta è precedente.
nessuna eccezione dei legali
accoglibile
Ferroni ritiene, per contro, che nessuna delle motivazioni espresse
dai legali possa escludere la
configurabilità del riciclaggio.
In primo luogo il giudice di appello
lascia intendere il coinvolgimento
di Stolfi anche in più rilevanti e
complesse operazioni finanziarie.
Ma il giudice ritiene che, anche se
così non fosse, gli episodi meno
rilevanti contestati hanno visto la
partecipazione diretta o per interposta
persona dello stesso Stolfi
che ha dato il proprio apporto,
secondo l’accusa, alla contestata
associazione criminale. Inoltre il
giudice delle appellazioni afferma
che il fatto che la licenza sia stata
concessa da un organismo collegiale
non implica che il Governo
non abbia agito spinto da un suo
membro influente che, oltre ad
avere la leadership del suo partito
– dice il giudice – ha avuto anche
quella delle compagini governative
alle quali ha partecipato. Il
giudice indica questo come fatto
notorio evidenziando che, pur essendo
il Congresso di Stato un organo
collegiale, ciò non esclude
la possibile corruzione di un suo
membro influente. Per quanto riguarda
l’autoriciclaggio, Ferroni
intanto sottolinea come nei capi
di imputazione si indicato anche
l’occultamento di somme da parte
dell’ex segretario alla cui realizzazione
illecita Stolfi non ha partecipato.
Ma volendo prendere in
considerazione l’autoriciclaggio,
Ferroni sottolinea che, senza violare il principio di irretroattività
della norma penale, viene segnalata
anche una movimentazione
del 18 marzo 2014 che riguarda
denaro proveniente dal libretto
Giulio. Somma ritenute di provenienza
illecita. Movimentazione,
quindi, posta in essere quando
la norma sull’autoriciclaggio era
già entrata in vigore. Anche questa
parte del reclamo, dunque, per
il giudice Ferroni è infondata.

Terzo capitolo di reclamo:
l’insussistenza dei presupposti
per le esigenze cautelari

Nell’impugnazione i legali di
Stolfi lamentano che le esigenze
cauterali del rischio di inquinamento
delle prove e di reiterazione
del reato, non ci siano.
Ritengono infatti che la custodia
cautelare sia stata fondata su
motivazioni inconsistenti, come
il comportamento processuale
dell’indagato che i magistrati ritengono
“connotato da reticenza
e falsità” e come la contestazione
di reati gravi al solo scopo di
giustificare la detenzione. Inoltre
i legali dicono che non ci sarebbe
il rischio di inquinamento delle
prove e i magistrati avrebbero
utilizzato la circostanza di incontri
tra Stolfi il suo avvocato,
Massimiliano Annetta, e l’altro
arrestato, Moris Faetanini oltre a
Remo Giancecchi, altro indagato,
come un comportamento idoneo
a inquinare le prove. Inoltre rilevano
che, se sono venute meno le esigenze cautelari per Moris
Faetanini, non si vede perché rimangano
per Stolfi.

La conferma
delle esigenze cautelari

Nell’ordinanza con la quale rigetta
il reclamo dei legali di Stolfi,
il giudice Lanfranco Ferroni cita
degli elementi che fino ad ora non
erano emersi e che chiamano in
causa una rete di relazioni importante
e fanno capire anche coinvolgimenti
molto attuali (vedi sotto).
Ferroni riporta come i giudici
inquirenti, nel disporre la carcerazione
cautelare, abbiano sottolineato
il vasto circuito di relazioni
e la capillare rete di contatti che a
loro giudizio rende praticamente
certa la reiterazione del reato. Poi,
riporta sempre Ferroni, viene sottolineato
il coinvolgimento, più o
meno consapevole, di familiari,
professionisti ed esponenti delle
istituzioni, anche con funzionari
ancora in servizio, che rendono
concreto il rischio di inquinamento
delle prove. In più c’è il collegamento
ancora attuale tra quelli
che sono considerati i concorrenti
nel reato, e ciò aggrava ancora di
più – per gli inquirenti e a questo
punto anche per il giudice delle
appellazioni – il pericolo di inquinamento
delle prove. Anche la
censura mossa relativamente alla
insussistenza dei presupposti per
le esigenze cautelari viene dunque
considerata infondata. Così
Ferroni conferma le esigenze cautelari
e rigetta anche la richiesta,
avanzata in subordine dai legali,
dei domiciliari o di una attenuazione
della misura detentiva.
i prossimi passi della difesa
Dopo il rigetto dell’istanza di
scarcerazione, i legali Simone
Menghini, Aldo Meyer e Luigi
Stortoni, non avrebbero intenzione
di ricorrere in terza istanza.
Molto probabile, quindi, che facciano
richiesta di interrogatorio.
Richiesta che, tra l’altro, è attesa
dopo che nella prima audizione,
nella quale ancora il collegio difensivo
di Stolfi non era del tutto
definito, erano stati gli stessi legali
e il loro assistito a chiedere di
poter prima studiare le carte.

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