Arresto di Gabriele Gatti e processo Conto Mazzini: Il Resto del Carlino

Arresto di Gabriele Gatti e processo Conto Mazzini: Il Resto del Carlino

Il Resto del Carlino (Nazionale 20 ottobre)

Mani Pulite sul Titano, via al processo «Giro di tangenti per 350 milioni»

Alla sbarra imputati eccellenti fra cui otto ex ministri

Monica Raschi

SAN MARINO
VENTUNO imputati, di cui otto ex ministri e sei persone giudiriche. Si è aperto ieri non solo il più grande processo mai celebrato a San Marino, ma quello che mette sotto accusa decenni di una gestione politica fatta di tangenti, riciclaggio e voto di scambio che ha inquinato tutta la vita del Paese: da quella economica e produttiva fino a quella bancaria e finanziaria. Con una sorta di ‘cupola’ che controllava tutto il sistema.
Questo l’impianto accusatorio sostenuto dai magistrati sammarinesi, coordinati dal dottor Alberto Buriani, nell’inchiesta denominata ‘Conto Mazzini’, una tangentopoli in salsa sammarinese ma che per quantità di denaro movimentato, fra tangenti e riciclaggio di varia natura, sembra fare impallidire anche Mani Pulite: gli inquirenti ipotizzano si possa trattare di oltre 350 milioni di euro.
Sotto accusa per aver costruito, alimentato e guadagnato a scopi personali attraverso la corruzione di gran parte del sistema-paese, le personalità di maggior spicco e longevità della scena politica del Titano: Claudio Podeschi (ex ministro alla Sanità), Fiorenzo Stolfi (ex ministro agli Esteri), Claudio Felici (ex ministro alle Finanze), Pier Marino Mularoni (ex ministro delle Finanze), Pier Marino Menicucci (ex ministro alla Giustizia), Giovanni Lonfernini (ex Capo di Stato ed ex ministro alla Cultura), Gian Marco Marcucci (ex ministro al Lavoro), Stefano Macina (ex ministro alle Finanze).
POCHI gli imputati eccellenti presenti ieri nella sala congressi del centro Kursaal di San Marino, trasformata in aula giudiziaria, considerato l’affollamento di imputati, avvocati e pubblico. Solo Claudio Podeschi e la compagna (nella vita e negli affari) Biljana Baruca, anche lei sotto accusa. Nel pomeriggio ha fatto la sua comparsa anche Giovanni Lonfernini.
All’arrivo dell’ex potente ministro alla Sanità ed esponente di spicco di quello che è ancora il partito di maggioranza, la Democrazia cristiana, una nebbia gelida che avvolgeva il monte Titano, grigia come la giornata che stava iniziando: anche lo Stato si è costituito parte civile contro quella che i magistrati hanno definito «un’associazione a delinquere».
«Lesi il prestigio, l’onorabilità e la credibilità delle più alte istituzioni del Titano e della pubblica amministrazione. Indotta nella popolazione, sammarinese e non, una generalizzata e forse irreparabile sfiducia nei confronti dello Stato». Queste, in sintesi, le motivazioni con cui i legali dell’avvocatura dello Stato hanno presentato al giudice Gilberto Felici, che presiede il processo, la richiesta di costituirsi parte civile da parte «dell’Eccellentissima Camera (lo Stato) intesa come collettività sammarinese.

I LEGALI chiedono di ottenere il «totale ristoro dei diritti subiti con riserva di quantificarli in via del processo». La richiesta di costituzione di parte civile è stata avanzata anche dal Partito democratico cristiano sammariense e da Banca centrale di San Marino.

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«Tutti sapevano, nessuno faceva nulla Ora serve pulizia per cambiare lo Stato»SAN MARINO
«TUTTI sapevano che cosa stava succedendo. Tutti erano a conoscenza di come si muovevano le cose quassù, ma nessuno faceva niente. Chi si azzardava a dire qualcosa veniva emarginato, diventava l’avversario da combattere. Io ne so qualcosa. Eppure andava bene così perché tutti avevano il proprio tornaconto: chi un posto di lavoro, chi una casa con un buon affitto». Marino Pelliccioni, 62 anni, è uno dei sammarinesi arrivati di buon’ora per trovare un posto nella zona riservata al pubblico e assistere alla prima udienza del processo alla tangentopoli sammarinese, denominato Conto Mazzini, dal primo conto bancario individuato dagli inquirenti e che ha dato il via alla gigantesca inchiesta che sta travolgendo il Titano.
«E’ vero che c’era benessere, ma adesso sappiamo che questo era possibile anche grazie alla mafia e ai suoi soldi. E qualcuno qui li faceva arrivare – afferma Bruno Ciavatta, 74 anni –. E se denunciavi queste cose nessuno ti ascoltava». Scuote il capo Bruno: «Abbiamo tutti, in qualche modo delle responsabilità, ma io voglio sperare che questo processo renda giustizia a questo Paese e ai suoi giovani. Altrimenti che cosa gli lasciamo?».
E alcuni giovani sono lì, seduti anche loro in attesa di capire e di percepire una speranza: «E’ giusto che sia emerso tutto questo, adesso è tempo che la giustizia faccia il suo corso e si ritrovi un po’ pace. Peccato solo che non si siano costituiti parte civile anche i cittadini», dice Martina, 21 anni.
«Ora bisogna arrivare fino in fondo – dichiara Luca Santolini, 30 anni, impiegato –. Da anni ci accusano di essere un Paese fatto solo di evasori. Non so sinceramente quanto cambierà anche dopo questo processo, ma almeno stiamo dimostrando al resto del mondo che cerchiamo di fare qualcosa per migliorare».
«Questo processo può essere uno dei pilastri che permette di cambiare questo Stato – afferma Marco Rossi, 35 anni – ma serve anche che cambi la mentalità generale».
m. ras.

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Sotto sequestro polizza da 1,1 milioni riconducibile a Gatti
SEQUESTRATO un milione e 100 mila euro di una polizza assicurativa riconducibile a Gabriele Gatti, ex Capo di stato e ministro agli Esteri sammarinese, ex potente leader della Dc del Titano, buon amico di Giulio Andreotti, in carcere da sabato per associazione per delinquere, riciclaggio, corruzione e voto di scambio, nel secondo filone dell’inchiesta sulla Tangentopoli del Titano.
Ieri pomeriggio, nel carcere sammarinese, si è tenuto l’interrogatorio di garanzia di Gatti (assistito dall’avvocato Filippo Cocco).
L’ex ministro ha ribadito ai magistrati il rispetto nei loro confronti e che risponderà alle accuse dopo aver letto l’ordinanza.

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Sequestrato un milione di euro a una polizza di Gabriele Gatti
SOTTO sequestro, su provvedimento della magistrata sammarinese, oltre un milione e 100 mila euro realtivi a una polizza assicurativa riconducibile a Gabriele Gatti, ex capo di stato e ministro agli Esteri, ex leader dellla Dc di San Marino e grande amico di Giulio Andreotti, in carcere da sabato per associazione per delinquere, riciclaggio, corruzione e voto di scambio, nel secondo filone dell’inchiesta sulla Tangentopoli del Titano.
Ieri pomeriggio si è svolto l’interrogatorio di garanzia di Gatti, alla presenza del suo legale, l’avvocatgo Filippo Cocco del foro di Rimini. Nel carcere dei Cappuccini si sono recati i commissari della legge, Alberto Buriani e Antonella Volpinari che si sono trattenuti molto poco, circa un quarto d’ora.
Infatti Gabriele Gatti ha voluto sottolineare che da parte sua non c’è mai stata nessuna intenzione o azione al fine di screditare le indagini o i magistrati e il suo operato ed ha ribadito il suo rispetto nei confronti della magistratura. Per quanto riguarda le accuse l’ex Capo di Stato si riserva di rispondere solo dopo aver letto attentamente gli atti.
In seguito all’arresto di Gatti, il secondo filone della tangentopoli sammarinese potrebbe vedere iscirtti nel registro degli indagati altri importanti nomi della politica e dell’economia del Titano.
Indagini e approfondimenti starebbero per essere attuate nei confronti di un altro ex ministro, Clelio Galassi, alle Finanze dall’inizio degli anni 90 fino al 2002 ed attualmente ambasciatore presso la Santa Sede. Anche relativamente al segretario degli industriali, Carlo Giorgi si starebbero effettuando indagini.
Relativamente a Galassi, interviene Sinistra Unita che chiede al Governo, alla luce delle rivelazioni dell’inchiesta in corso, di revocare l’incarico diplomatico, un atto in linea – fanno notare – con la politica di trasparenza e pulizia adottata da Papa Francesco all’interno dello Stato Vaticano.
Monica Raschi

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