Banca Centrale, caso stipendi: ‘Cinque volte quelli di Bankitalia’

Banca Centrale, caso stipendi: ‘Cinque volte quelli di Bankitalia’

Maggioranza e opposizione concordi
sulle buste paga d’oro di Banca centrale, ma non passa pero’
l’ordine del giorno volto a far tenere sotto la lente del
Consiglio le spese di via del Voltone. Gli stipendi dei vertici
di Bcsm al centro dei lavori della commissione Finanze, riunita
a Palazzo Pubblico. All’ordine del giorno infatti, la
mozione sottoscritta dai capigruppo di minoranza per conoscere
quanto costano, alle casse dello Stato, presidente e direttore
del corrispettivo sammarinese di Bankitalia.

Il segretario di
Stato per le Finanze, Pasquale Valentini, in apertura dei lavori,
spiega nei dettagli gli stipendi di Renato Clarizia, presidente,
e Mario Giannini, direttore.

Il primo guadagna trecentomila euro lordi annui e
all’orizzonte, assicura, non c’e’ una concessione di residenza;
il secondo costa invece allo Stato 164 mila euro lordi all’anno,
piu’ un premio annuale del 30% sul reddito, a cui vanno
aggiungersi un appartamento in cui risiedere e il rimborso spese.

Valentini rivendica quindi serieta’ e trasparenza: “Importi ed
emolumenti del direttore e del presidente sono stati dati-
sottolinea- sono valori importanti, ma in linea con quelli che da
sempre l’istituto ha elargito”. Ora, in ballo c’e’ la scadenza
dei contratti, spiega, e il problema degli stipendi di Banca
centrale, “va affrontato all’interno della revisione nella Pa
anche fase di rinnovo contrattuale”.

Ma i rappresentanti dell’opposizione
incalzano: “Banca centrale costa troppo rispetto quello che ci
possiamo permettere”, manda a dire Federico Pedini Amati, Psrs,
che punta il dito anche contro le care consulenze esterne.

“Possibile- si interroga- che tutti questi funzionari lautamente
pagati non siano in grado da soli, se per fare verifiche negli
istituti si rendono necessari collaboratore esterni?”.

Parole che trovano una sponda anche in maggioranza: Teodoro
Lonfernini, presidente del Pdcs, sottolinea che il sistema
bancario e finanziario “non e’ piu’ quello di tre anni fa percio’
anche Banca centrale non puo’ essere esente dal ridimensionamento
nella sua struttura generale”. Il consigliere Dc precisa di non
riferirsi solo agli emolumenti dei vertici: “Figure di secondo,
terzo e quarto livello prendono uno stipendio che e’ superiore a
quello di un dipendente pubblico di livello medio”. E se gia’
nella Pa del Titano, le buste paga sono due volte e mezzo piu’
alte rispetto ai “colleghi” d’oltre confine, “Quelli di Banca
centrale sono piu’ alte cinque volte il valore di quelle di
qualsiasi organismo italiano”. Detto questo, “fatico a non
condividere- conclude- che Bcsm e’ un costo non indifferente
all’interno bilancio pubblico, la maggioranza avra’ tempo di
approfondire e correggere le situazioni che vanno corrette”.

Dalla minoranza c’e’ chi rimarca anche gli errori del passato.

Claudio Felici, Psd, mette in parallelo Banca centrale con le
Forze dell’ordine: “Finche’ non sono chiare le nuove regole-
prosegue- non e’ possibile accettare che una parte del governo
utilizzi questa fase di passaggio per scardinare e delegittimare
certe istituzioni”.

E’ lo stesso Valentini a difendere
Bcsm: “E’ da respingere la messa in dubbio dell’indipendenza
dell’istituto, la nuova legge ha sancito la sua autonomia ad
intervenire, senza che sia piu’ necessaria l’autorizzazione degli
organi politici”. Gli da’ man forte Lonfernini che ripete il
riferimento del presidente di Bcsm nell’ultima audizione: “Ci e’
stato detto che dal ’94 a oggi, non e’ stata fatta nessuna
ispezione nei soggetti vigilati, non si puo’ accusare questo
governo di gestione elastica”.
Lo corregge Pier Marino Mularoni, Upr: “Non e’ che per 15 anni
non si facessero controlli, ma si faceva vigilanza di tipo
cartolare perche’ le risorse non erano quelle di oggi”. Mularoni
passa poi ad illustrare un ordine del giorno firmato dai
capigruppo di minoranza con cui si chiede di rendere pubblici gli
emolumenti dei vertici di Bcsm, cosi’ come le spese per le
consulenze esterne attivate dall’istituto. Infine, il testo
richiede la presenza “costante ed assidua” del Presidente sul
Titano. Ma la maggioranza non ci sta: il testo e’ infatti
respinto con otto voti contrari e sei favorevoli. I lavori della
Commissione si interrompono poco dopo l’inizio dell’audizione con
la commissione di controllo della Finanze Pubblica che
riprendera’ mercoledi’ 21 settembre alle 15.

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