Carisp Delta Sopaf. Intervento in CGG di Ivan Foschi. SU

Carisp Delta Sopaf. Intervento in CGG di Ivan Foschi. SU

Desidero preliminarmente ringraziare la Commissione: avendo fatto parte di una precedente Commissione conosco il lavoro e l’impegno che sono richiesti s chi ne fa parte. Per questo il mio ringraziamento è doppiamente sentito.

La Commissione ha ricostruito pazientemente numerosi episodi necessari per capire lo svolgimento e l’origine di quanto è successo, così come il contesto storico in cui si sono svolti gli eventi.

Come evidenziano i commissari stessi, per completare il quadro, occorrerà attendere le conclusioni della Magistratura, sia quella italiana che quella sammarinese. In particolare le risposte che giungeranno dal Lussemburgo tramite rogatoria circa la destinazione finale o comunque successiva della somma versata per la famigerata “consulenza” dalla Cassa a Sopaf… capiremo quindi se oltre alle responsabilità di natura politica ed amministrativa che già emergono, non ce ne siano altre di tipo penale e ben più grave!

Ci sono molte responsabilità da distribuire in questa vicenda. Si va dalla semplice superficialità alle connivenze, fino ad azioni messe in atto contro l’interesse dello Stato, delle Istituzioni e della Cassa. 

Non mi addentro nella parte che riguarda organismi e istituzioni italiane, in quanto non spetta a noi giudicare questo, ma non posso non notare alcune strane coincidenze: l’emissione dei provvedimenti cautelari all’indomani della sentenza della Cassazione favorevole alla Cassa sulla questione del portavalori; l’emissione di una sentenza che viene resa noto solo due mesi dopo, non appena la Cassa ha firmato l’accordo capestro con Sopaf; il ruolo, vero o millantato potenti personaggi e di oscuri faccendieri che si muovevano negli ambienti romani, i vari Dal Pino, Farina, Bisignani, poi coinvolto nell’inchiesta P4; il ruolo del presidente Sibani, così ansioso di firmare la transazione con Sopaf senza nemmeno porsi dei dubbi dopo la sentenza di Bologna che dava ragione a Cassa, e torto a Sopaf, in merito all’aumento di capitale. 

Una prima considerazione va svolta sulla natura dell’investimento compiuto dalla Cassa in Delta:

quella che all’inizio poteva apparire come un’operazione innovativa, condotta nell’ambito delle regole imposte da Bankitalia e volta a impiegare una parte delle risorse di Cassa, si è ben presto trasformata in un colosso vorace che drenava il 90% degli impieghi della Cassa, fino ad arrivare a 2,7 miliardi, con un’esposizione irresponsabile ed inaccettabile da parte della Cassa verso Delta. Senza dimenticare che allocare così ingenti capitali fuori dal territorio, significava esporli ad un’altra giurisdizione, ad un complesso di regole diverse da quelle pur blande sammarinesi e dove nessuna delle nostre Istituzioni aveva voce in capitolo e poteva intervenire per fare valere le proprie ragioni. E non si dica che erano tutti d’accordo e tutti sapevano tutto, perché questo qualunquismo serve solo a spalmare responsabilità a destra e a manca pur di assolvere i veri responsabili! Fantini non era certo un folle, e se si è avventurato in quella iniziativa, era perché aveva la copertura politica di quella parte politica che controllava la Fondazione, e attraverso di essa, l’intera Cassa. Basta andare a vedere chi ne ha fatto parte negli anni: si troverà una serie di nomi tutti riconducibili ad una precisa parte politica, la stessa che deteneva saldamente il potere in quegli anni. 

Mario Fantini e il vertice della Cassa di Risparmio sono emersi come dei veri e propri poteri forti, capaci di condizionare la vita politica e istituzionale della Repubblica: ricordiamo il peso avuto, assieme ad altri nel mancato accordo con l’Italia del 2006, quando San Marino fece saltare la firma all’ultimo minuto e si diceva che proprio Fantini sosteneva che “se si firma, salta la Cassa”…

Come afferma anche l’ex direttore di BCSM Luca Papi “si è sviluppato il settore, poi sono venute le regole” e oggi la relazione fa chiarezza anche sul ruolo dei controllori e dei controllati. È stata ricordata l’arroganza con cui il presidente Ghiotti si rivolse nei confronti della Vigilanza addirittura nell’assemblea dei soci di BCSM.

In merito posso dire di avere ricevuto, come CCR, una comunicazione in merito da Banca Centrale solo il 4 giugno 2008, cioè 3 giorni prima che il governo andasse in crisi. 

Dopo le elezioni però le cose cambiarono radicalmente: la nuova maggioranza pensò bene di mettere la vigilanza sotto tutela politica, tanto che nel giro di poco venne azzerato il vertice di BCSM dal Governo, con il pretesto che “non avevano vigilato abbastanza”. Oggi, invece, dopo la sentenza del Tribunale che già accertava le pressioni fatte da Gatti sulla Vigilanza, anche la commissione evidenzia come i controllati godessero di un trattamento di favore da parte di Gatti che si poneva frontalmente in rotta con i controllori per favorire gli interessi dei vigilati, in particolare degli “amici”. Quando poi i vertici hanno tirato dritto per la loro strada, senza piegarsi alla prepotenza della politica, sono stati seccamente defenestrati. 

E pensare che quella maggioranza aveva chiesto i voti in nome della moralizzazione censurando l’atteggiamento di Fiorenzo Stolfi quando si era recato in un’occasione dai Giudici a mettere il naso nella rogatoria Asset!

[Menicucci: “Se fossero stati mantenuti gli impegni e un anno fa Caringi non fosse stato rinnovato, non saremmo arrivati a questo punto.” (11-02-2010)]

Si era creata una campagna di stampa contro l’ispettore Caringi, “colpevole” di essersi presentato davanti ai PM di Forlì, cosa a cui non poteva sottrarsi essendo cittadino italiano residente in Italia, e negli stessi tempi un Segretario di Stato si recava “spontaneamente” da quella stessa Procura a consegnare documenti riservati che sono poi stati usati contro la Cassa. Lo stesso Segretario dichiarava vero il “teorema Di Vizio”, che affermava che il nostro sistema si reggeva sul nero e che consegnava allegramente rapporti riservati di Banca Centrale alla trasmissione “Report”, convinto di non essere ripreso, aggiungendo come niente fosse “Però poi non dica che glielo ho dato io!” 

E si è detto più volte nella scorsa legislatura che la colpa era prevalentemente dei vertici della Cassa di Risparmio e della sua spregiudicatezza mente il Governo di allora, Gatti in primis, avevano agito correttamente. Si legge nell’OdG approvato dalla maggioranza del Patto il 17/09/2010:

 “Il Consiglio Grande e Generale preso atto del riferimento del Segretario di Stato per gli Affari Esteri e dell’allora Segretario di Stato per le Finanze e il Bilancio Gabriele Gatti, sulle ragioni e sui contenuti dell’incontro tenutosi a Palazzo Begni con i vertici di Cassa di Risparmio… respinge come strumentale ed infondato il proposito di voler attribuire una valenza negativa all’azione dei Segretari di Stato Gatti e Mularoni nell’affrontare l’intera vicenda e la sua successiva evoluzione, e valuta come assolutamente inaccettabile l’atteggiamento di chi, ignorando le reali responsabilità, vuole delegittimare i tentativi tesi e salvaguardare gli interessi della Cassa di Risparmio e dell’intero sistema bancario e finanziario.” 

Qui c’è una pesante responsabilità di una maggioranza che ha assecondato acriticamente l’operato di Gabriele Gatti, anche quando esorbitava dalle sue prerogative, come se si trattasse di un giovane alle prime esperienze al quale concedere la fiducia che si dà ai nuovi… anche perché già era discutibile e sospetto il fatto che il principale partito di maggioranza, ovvero la DC, dopo avere a lungo sbandierato il suo “rinnovamento”, non ha trovato niente di meglio che infilare nel nuovo Governo Gabriele Gatti e Claudio Podeschi,

Le responsabilità dunque sono duplici: ci sono quelle gravissime, dirette, che sono addebitabili a Gatti per le azioni da lui commesse. Ma ce ne sono altre legate alla condivisione di quelle azioni, o per logica di schieramento o per ingenuità o superficialità o incapacità anche di mantenere uno spirito critico verso percorsi non del tutto lineari. E di questo se ne devono fare carico quelle forze politiche che hanno sbeffeggiato chi dall’altra parte sollevava dubbi e preoccupazioni che poi si sono rivelati ben fondati. Questioni così delicate, come l’intervento per salvare la Cassa in considerazione delle implicazioni internazionali e dei risvolti diplomatici connessi, non potevano essere lasciate all’iniziativa di uno o due Segretari di Stato, ma dovevano essere portate sul tavolo del Congresso di Stato, coinvolgendo l’intero Esecutivo e l’intera maggioranza, se non addirittura tutte le forze politiche. Al contrario, anche del buon senso, oltre che delle regole istituzionali, si è lasciata carta bianca al Segretario alle Finanze che ha di fatto proceduto come gli pareva. 

Questo dovrebbe dare a tutti noi un suggerimento, un impulso verso una nuova stagione politica, dove i galantuomini, sparsi nei vari schieramenti dovrebbero trovare maggiori margini di collaborazione anziché arroccarsi in difesa dell’operato del governo e di chiunque lo componga, a prescindere da tutto. I comprensibili vincoli di fedeltà ad una maggioranza, al programma di governo sul quale si ottiene la fiducia degli elettori, non possono prevalere sul rispetto delle regole, sulla trasparenza, sulla legalità, sulla tutela degli interessi della Repubblica che invece richiedono azioni comuni e trasversali per essere assunti a valori irrinunciabili ai quali tutti devono attenersi.

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