CDLS: la crisi la devono pagare tutti

CDLS: la crisi la devono pagare tutti

SAN MARINO 21 SETTEMBRE 2010 – Le misure anti deficit non devono essere a senso unico. E’ il messaggio lanciato dal Consiglio Confederale della CDLS alla vigila dell’incontro governo-sindacati sulla manovra economica.

A preoccupare il vertice della Confederazione Democratica è la scelta dell’Esecutivo di ‘imboccare la scorciatoia dei decreti, con il rischio di spezzettare e sbilanciare la manovra economica solo a danno delle fasce più deboli’.

Il confederale CDLS torna a ribadire con forza che la ‘crisi la devono pagare tutti’ e per questo critica ‘il mancato inserimento nella manovra di interventi come la tassazione degli appartamenti sfitti o l’introduzione di una exit-tax allo scopo di frenare l’uscita di gruppi imprenditoriali e finanziari’.

Forti perplessità anche sulla decisione di tagliare del 2% la monofase:’Non è affatto automatico che questo taglio fiscale si traduca in un abbassamento dei prezzi dei prodotti di largo consumo’. Per questo ‘sono necessari precisi vincoli affinché quel 2% non rimanga tutto nelle tasche degli operatori economici ma arrivi anche alla famiglie’.

No a risparmi a senso unico. E’ quanto la Confederazione Democratica tornerà a dire domani al tavolo di confronto con il Governo anche sul fronte contrattuale. Soprattutto in relazione all’annunciato blocco del contratto della PA e il rinvio della stabilizzazione dei precari.

‘A fronte di un bilancio pubblico che si aggira sui 700 milioni di euro – sottolinea la CDLS – le buste paga non raggiungono i 130 milioni, ovvero meno del 20% della spesa corrente. C’è insomma un abbondante 80% di spesa che merita di essere esaminata con più attenzione’. Non solo: il numero dei dipendenti della Pubblica Amministrazione sono ‘invariati da 13 anni e molte voci della busta paga sono congelate da un decennio’.

‘E’ facilmente ipotizzabile – conclude il confederale CDLS – che un blocco quadriennale della contrattazione si traduca in un taglio netto delle buste paga di almeno il 10%. Percentuale che, per una larga fetta di dipendenti pubblici con stipendi da 1200 a 1900 euro, rappresenta un sacrificio non certo all’insegna dell’equità’.

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