Consiglio Grande e Generale. Giovedi’ 28 febbraio, pomeriggio

Consiglio Grande e Generale. Giovedi’ 28 febbraio, pomeriggio

CONSIGLIO GRANDE
E GENERALE 28 FEBBRAIO-6 MARZO

 Giovedì 28
febbraio – Pomeriggio

 

            I
lavori del Consiglio grande e generale, nella seduta pomeridiana, sono
ripartiti dal dibattito sullo stato delle relazioni con l’Italia e l’Unione europea.
Il comma si è chiuso con la presentazione, a nome della maggioranza, di un odg aperto
da parte del consigliere Pdcs, Marco Gatti. Il documento è stato approvato a
maggioranza. L’odg di Su e C10 affinché il governo riferisca sui rapporti con
l’Italia, sulla seconda fase di valutazione dell’Ocse e sui contenuti della
relazione della Commissione europea è stato invece ritirato.

Di seguito un riassunto dell’ultima parte del
dibattito.

  

Stefano Macina, Psd: “Nell’ambito del dibattito si sono sentite diverse posizioni, per
quanto ci riguarda, quella del Psd è nota e non è diversa dal passato, ma ci
sono una serie di questioni da valutare. Ho sentito troppi interventi dove si
discute se è il caso che una maggiore integrazione di San Marino in Europa sia
qualcosa ancora da studiare e valutare. Mi sembra che ancora non abbiamo capito
che non abbiamo alternative. Ricordo quindi tutti gli interventi che ci hanno
richiesto il Moneyval e il Fmi e, rispetto alle questioni che riguardano
l’acquis comunitario, abbiamo sottoscritto un accordo in politica monetaria in
cui ci impegniamo a fare diverse cose. Quindi non può essere messo in
discussione un percorso già avviato. Semmai, dobbiamo decidere quali sono gli
interventi da mettere in campo per preparare il Paese, i cittadini, la Pa e le
aziende rispetto agli altri impegni che dovremo assumere, Quello che il
Consiglio dell’Ue ha indicato sulle opzioni rispetto al rapporto dei piccoli
Stati  e Ue è una situazione che deve
essere verificata e approfondita in maniera precisa. Dobbiamo uscire dalla
genericità e dalle parole. Quando la mia parte politica diceva che c’era
l’esigenza di fare accordi sulle doppie imposizioni e sullo scambio di
informazioni, sembrava dicesse delle eresie. Poi queste cose le abbiamo dovute
subire. Crediamo quindi che occorra, al di là delle opzioni politiche,
predisporre un piano di azioni finalizzato a verificare fino in fondo anche la
capacità della nostra Pa e delle istituzioni a far fronte a questi impegni e
valutare quali normative siano ancora necessarie rispetto all’acquis
comunitario. Alle delegazioni che verranno bisogna dimostrare che una scelta
San Marino la sta già attuando nel concreto. Auspico che alla fine del
dibattito ci sia condivisione in un ordine del giorno che esprime un orientamento
di metodo per una migliore integrazione del nostro Paese. Integrazione per me
significa una cosa: non possiamo permetterci di pensare che sia sufficiente una
rivisitazione dell’accordo di cooperazione che abbiamo oggi. Integrazione
significa l’avvio di un negoziato che riguarda lo status politico vero e
proprio”.

Marco Gatti, Pdcs: “Si è
sviluppata una riflessione positiva nel dibattito, sono emerse considerazioni
importanti sulle peculiarità del nostro Stato.

Rispetto al rapporto con l’Italia, sottolineo il lungo
lavoro diplomatico e di sostanza fatto dal Parlamento e dalle istituzioni
sammarinesi per adeguarci agli standard internazionali, per arrivare a firmare
un accordo con l’Italia e quindi alla ratifica. Purtroppo, voglio registrare
come l’esito delle elezioni italiane ci debba preoccupare, perché una
formazione di governo in Italia non sarà cosa semplice e temo ci possa essere
un ritardo nelle procedure di ratifica del nostro accordo. Altro problema,
ancora più generale, è che il nostro Paese è vittima di una grande crisi
economica. Tutti la stiamo attraversando e oggi per affrontarla bisogna fare
delle scelte. L’Italia ha i suoi problemi come San Marino, anche se noi siamo
stati più fortunati, le nostre elezioni hanno dato modo di poter esprimere un
governo e un’opposizione che possono fare politica nell’Interesse del Paese,
insieme con la società civile, per affrontare la crisi economica. Diversamente,
la crisi italiana è ancora più forte, il fatto che oggi l’Italia non abbia un
governo e un parlamento forte ci deve preoccupare. Facciamo parte di un bacino
economico comune, se la crisi economica oltre confine peggiorerà,  sicuramente San Marino non potrà stare
meglio, black list o meno. Le cose che da soli possiamo fare per affrontare
questa crisi perciò abbiamo ancora meno tempo per realizzarle. I confronti che
abbiamo avviato con la società civile non devono perdersi in chiacchiere, ma é
necessario giungere a una sintesi e prendere una strada sul da farsi.

Poi il rapporto tra San Marino e comunità europea:
negli ultimi incontri con le delegazioni dell’Ue è venuta avanti l’ipotesi di
percorrere strade diverse, anche per esplorare opzioni che tengano conto delle
peculiarità che il nostro Stato ha fatto presente. Una maggiore integrazione è
un passaggio fondamentale per le scelte che abbiamo fatto. Significa che ci
dobbiamo interrogare su tutto, dalla Pa, alle modifiche da fare per acquisire
l’acquis comunitario, da quale scelte sulle risorse da mettere in campo. Infine
la cittadinanza deve essere partecipe di questo percorso di studio perché ci
sarà un referendum che deve essere svolto in piena consapevolezza.

A conclusione di questo dibattito, propongo una bozza
di ordine del giorno aperto, su cui la maggioranza cerca condivisione di tutte
le forze politiche.

Il Consiglio grande e generale, udito il
riferimento del segretario di Stato per gli Affari esteri sullo sviluppo del
rapporto della Repubblica di San Marino con l’Italia e l’Ue, [..]), in vista
del prossimo incontro del 12 marzo con una delegazione dei servizi comunitari, incarica
il Governo
di proseguire le opportune verifiche nelle fasi operative di
confronto e approfondimento, previste per l’anno in corso dalle commissioni del
consiglio europeo, al fine di valutare la capacità amministrativa necessaria di
acquisizione pertinente del’acquis dell’Unione europea, con l’individuazione
degli strumenti necessari per 
predisporre da parte dell’amministrazione un piano di azione che
contenga i seguenti interventi prioritari: la prosecuzione dello screening
analitico della normativa europea per predisporre l’adeguamento da attuare,
l’attivazione di programmi per la formazione concernenti figure professionali
nei settori interessati e l’attuazione di ogni più utile scelta di supporto
specialistico, rispetto alle esigenze che emergeranno, anche attraverso il
sostegno che potrà essere fornito dai competenti servizi comunitari,
l’attuazione di apposite iniziative a carattere informativo e conoscitivo
sull’Ue e la sua organizzazione e programmi,

impegna altresì il Governo a perseguire il cammino dell’integrazione, avendo cura
del recepimento della normativa comunitaria, riconoscendo le specificità
sammarinesi, e a riferire periodicamente, almeno ogni sei mesi, al Consiglio
Grande e Generale, sullo sviluppo dell’condotta e sui passi da
effettuare”.

Pasquale Valentini, segretario di Stato per le
Finanze, replica
:
“C’è stato un contributo significativo al dibattito da parte dei consiglieri.
Sull’Italia c’è poco da aggiungere alle preoccupazioni manifestate. Guardiamo
con attenzione all’esito elettorale che non dà garanzie di governabilità. Così
da un lato l’incertezza politica si associa quella economica, dall’altro
l’avvio dell’attività istituzionale è fondamentale per la ratifica degli
accordi. Ci sono già in atto delle collaborazioni, con Banca d’Italia,
l’Agenzia delle entrate e  la Guardia di
finanza per esempio, e altre possono essere messe in atto in attesa della
ratifica. Insomma non stiamo con le mani in mano.

Sul fronte Ue
l’integrazione non è un’opzione a cui possiamo sottrarci. La scelta della
trasparenza esige una capacità di confronto con gli standard degli altri Paesi
e la domanda da porci è se San Marino è pronta a mettere a confronto la sua
operatività con quella di altri Stati. E non tutti i settori sono allo stesso
livello. La Commissione europea sta verificando con i piccoli Stati se sono
pronti e si rapporta con noi in maniera molto rispettosa.

C’è bisogno di
un grande coinvolgimento sul tema. La Pa e tutti i settori privati economici vanno
coinvolti. E’ un salto di qualità per il Paese, che deve partire da quest’Aula,
magari con un odg il più possibile condiviso. Il confronto con la commissione
avrà un secondo atto l’11 e 12 marzo e poi ne seguiranno altri. Intanto c’è un
dialogo forte negli organismi europei e noi abbiamo dato un segnale
significativo”.

 

            I
lavori sono proseguiti con la definizione del compenso per il gruppo tecnico che
si occupa della revisione della spesa pubblica. Il segretario di Stato per le
Finanze, Claudio Felici, ha proposto inizialmente 3.000 euro per gli esterni
alla Pa e 1.500 per chi è già dipendente pubblico. Durante il dibattito che ne
è seguito è emersa la proposta di spezzare il contributo, di riconoscerlo solo
a relazione finale consegnata e di non prevederlo per i dipendenti della Pa.
Dopo una breve interruzione Felici propone 3 mila euro per gli esterni alla Pa,
1.000 per gli interni, da riconoscere il 30% al conferimento dell’incarico e il
70% alla fine dei lavori, previa verifica dell’operato. La proposta passa a
maggioranza.

Di seguito un riassunto del dibattito.

Claudio Felici, segretario di Stato per le Finanze: “Il gruppo
tecnico ha già iniziato a lavorare e il governo si è già rapportato con esso.
Con la visita di questi giorni della delegazione del Fmi c’è stata una riunione
di confronto e ci è stato offerto un programma di aiuto per la riduzione della
spesa che il governo ha accettato. Per i compensi propongo all’Aula tre mila
euro netti al mese per gli esterni alla Pa, la metà per chi ha già rapporti con
l’amministrazione”.

Paolo Crescentini, Ps: “Il compenso
ci lascia perplessi. Un dipendente della Pa ne percepisce la metà mantenendo la
sua retribuzione. E’ una sorta di disparità come accade in Consiglio per chi è
dipendente pubblico”.

Roberto Ciavatta, Rete: “Era già stato
individuato come compenso di massima tre mila euro. Propongo che venga
riconosciuto dopo la relazione conclusiva, ma non metto in discussione la
cifra. Sull’affiancamento del comitato da parte di un gruppo tecnico del Fmi
vogliamo qualche informazione in più. Gli indirizzi che dà l’organismo
internazionale, infatti, non sono sempre condivisibili. Inoltre i pare che ci
sia un accavallamento di competenze con i direttori di dipartimento, che sono
come congelati nella loro opera di razionalizzazione della spesa. E infatti
avevamo chiesto di non nominarli. Insomma mi sembra che l’attenzione alla
riduzione della spesa non ci sia”.

William Giardi, Upr: “Dovere
stabilire un compenso è già di per sé una contraddizione. In che cosa consiste
l’impegno e quale è l’orario di lavoro? Non dico che deve accadere come in
Italia dove il commissario Biondi ha rinunciato al compenso, ma così sembra un
gruppo di studiosi che decide la dieta al ristorante davanti a un piatto di
tagliatelle. Chi è già pagato dallo Stato non va retribuito e ciò dovrebbe
accadere anche per i consiglieri. Infine è poco strategico fare una trattativa
in aula tra 3.000 e 1.500 euro”.

Antonella Mularoni, Ap: “Massimo
rispetto per tutte le posizioni, anche perché la materia è difficile. La nostra
è una proposta. Dal gruppo tecnico ci aspettiamo molto e come politica dobbiamo
dare l’esempio. Per le consulenze nella scorsa legislatura davamo subito il 30%
e il rimanente 70% a fine lavori. Al gruppo tecnico devono arrivare segnalazioni
dai vari enti”.

Gian Matteo Zeppa, Rete: “Rimane
amarezza. Si tenta di valutare gli sprechi dando uno stipendio da 1.500 euro a
chi già percepisce un obolo per la sua attività nella Pa. Giusto anche
splittare la remunerazione. Dunque sì ai 3 mila per chi è esterno alla Pa, ma
sui 1.500 per gli interni non siamo d’accordo. Occorre infine legare la
retribuzione alla relazione finale”.

Franco Santi, C10: “Sono

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy