Giovanni Mazzocchi, Milano Finanza, Perchè conviene anche all’Italia la rifondazione di San Marino

Giovanni Mazzocchi, Milano Finanza, Perchè conviene anche all’Italia la rifondazione di San Marino

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Perchè conviene anche all’Italia la rifondazione di San Marino

Giovanni Mazzocchi

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Si dice che ai primi dell’Ottocento, l’austera e dignitosamente povera comunità di San Marino, la più antica repubblica al mondo, rifiutasse, ringraziando, l’offerta di Napoleone di concederle il territorio di Riccione che le avrebbe sì concesso uno sbocco al mare, ma avrebbe anche costituito una minaccia alla futura integrità territoriale. Quell’ integrità territoriale e quella neutralità che vennero in aiuto a Garibaldi, inseguito dall’esercito austriaco, e alle migliaia di italiani che vi trovarono rifugio nella seconda guerra mondiale. Ma pare, ironia della sorte, che quanto non ha potuto fare Napoleone, lo ha fatto la lusinga della finanza facile.

San Marino è una piccola isola estera circondata da un lato dal mare di Rimini e Riccione e dagli altri dall’Appennino romagnolo e da quello marchigiano. Un’isola di 60 chilometri quadrati, 30 mila abitanti, 6 mila lavoratori italiani frontalieri, 12 banche, circa 50 finanziarie, un pugno di aziende, migliaia di microsocietà e un PiI di poco più di 1 miliardo di euro.

Appena qualche anno fa, nel 2007, la Repubblica si impegnò a disegnare un percorso di ulteriore sviluppo e di modernizzazione. All’uopo aveva ingaggiato The European House Ambrosetti che, per la circostanza, aveva riunito nel progetto insigni economisti di varie scuole, testimonial esteri di grido e premi Nobel. Lo slogan era «Dalla strategia di mimetizzazione a quella della differenziazione competitiva». Quest’ ultima evidentemente da perseguire in una logica di co-ompetition con l’Italia primo mercato di sbocco della produzione di merci e servizi della Repubblica di San Marino. Era il giugno del 2007 e la crisi globale era ancora un evento tutto da scoprire. La strategia cli mimetizzazione perseguita da San Marino aveva prodotto per i suoi cittadini un reddito pro-capite superiore a quello delle regioni più ricche d’Italia, i pilastri della strategia essenzialmente erano il segreto bancario e un’imposizione fiscale sulle imprese attorno al 17%. Fin qui niente di strano, il segreto bancario non è esclusiva di San Marino. Quanto al basso livello di imposizione, questo generalmente è correlato allo stato delle finanze pubbliche e molti paesi europei offrono ancora oggi trattamenti fiscali di assoluto vantaggio rispetto all’italia.

Il problema di San Marino è che, accanto a questi due pilastri, è mancato quello dell’eccellenza. Non si può costruire una piazza finanziaria internazionale senza competenze, contando solo sulla rendita di posizione. Non si può costruire una piazza finanziaria senza regole che ne esaltino reputazione e trasparenza. Non si possono attrarre investimenti diretti esteri di livello senza avere predisposto le condizioni per cui questi possano sfruttare appieno un vantaggio competitivo. Infine, non si possono attrarre o costruire eccellenze senza accordi chiari e reciproci con Italia che è il primo mercato di sbocco di chi si insedia a San Marino. Al contrario, i due pilastri su cui si è fondata la strategia di San Marino, in mancanza del terzo, hanno finito per giocare il ruolo che l’oro del Perù giocò per la Spagna, l’arricchimento facile finisce per fiaccare le menti e le braccia di un popolo. In tal modo, il vantaggio competitivo è stato dissipato consentendo a chi non aveva i titoli e la reputazione di godere dei vantaggi offerti dalla Repubblica a scapito della sua credibilità.

La piccola Repubblica quindi enunciava il proposito di cambiare, ma la resistenza al cambiamento da parte di interessi consolidati, interni ed esterni, ne procrastinava di momento in momento l’avvio.

I rapporti con l’Italia, nel frattempo, si facevano sempre più difficili. La crisi globale andava prendendo corpo e le casse pubbliche degli Stati richiedevano il rientro dei capitali fuoriusciti in cerca di anonimato e protezione fiscale, in tale contesto, la co-ompetition tra Italia e San Marino non è potuta andare avanti semplicemente perché mancano gli interlocutori disponibili a sedersi attorno ad un tavolo politico prim’ancora che tecnico. il risultato è che le due repubbliche non si parlano, quella di San Marino annuncia da anni la firma di nuovi accordi con l’Italia che non arrivano e senza i quali le sorti dell’economia sammarinese sono destinate a naufragare, mentre, così facendo, l’Italia mette a rischio sia i circa 6 mila posti di lavoro frontaliero italiano sia l’indotto che si stima dia da vivere ad alcune decine di migliaia di cittadini. Ma ancor di più l’Italia si preclude l’opportunità di aumentare questo indotto se solo mettesse a punto quella strategia di co-ompetition per attrarre investimenti esteri.

Vivendo a San Marino, dopo qualche tempo, ci si pone una domanda cui è difficile dare una risposta: San Marino è una piccola ltalia o l’Italia è una grande San Marino? Ad oggi, con appena tre mosse l’economia sammarinese è stata messa in scacco: il commissariamento da parte della Banca d’Italia di Delta, che sta creando gravi difficoltà alla controllante Cassa di Risparmio di San Marino; lo scudo fiscale, che ha fatto poco meno di 5 miliardi venendo a far mancare alle banche sammarinesi ingenti fonti di introito per loro e per le finanze della Repubblica; infine, le imprese di San Marino, in virtù del decreto incentivi che impone a qualsiasi possessore di partita Iva che operi con aziende di San Marino di darne comunicazione mensile o trimestrale all’amministrazione italiana a seconda del fatturato, costituirà un disincentivo ulteriore agli scambi con I’ Italia.

Si percepisce chiaramente la difficoltà in cui si trova la Repubblica, mentre il governo sembra non essere più sostenuto dalla coalizione di maggioranza e quindi potrebbe cadere a breve o subire un importante rimpasto. Alcune imprese hanno già deciso di lasciare San Marino, altre continuano a sperare che la famosa nuttata passi e che tornino i fasti antichi. Il clima insomma è, comprensibilmente, molto agitato e confuso.

Dunque, San Marino brucia. Ma sia i sammarinesi che gli italiani hanno poco da guadagnare e tutto da perdere se le cose dovessero peggiorare: la stretta interdipendenza tra i due sistemi è un fatto sul quale il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, non può non riflettere.

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